Predatori lunari
Grazie al loro piumaggio bianco, i barbagianni riflettono la luce della luna sfruttandola indirettamente per immobilizzare le prede
Il colore degli animali viene percepito dai conspecifici, dalle prede e dai predatori e spesso veicola un segnale di comunicazione o funge da espediente mimetico, come accade per esempio nel caso del criptismo di molte specie.
La percezione dei colori e le condizioni di visibilità dipendono sempre dalla quantità di luce diffusa che, di notte, proviene dal riflesso del sole sul nostro satellite. La luna, infatti, illumina gli ambienti naturali per via indiretta e la sua luce viene sfruttata dagli animali notturni per meglio orientarsi nello spazio. Tuttavia, l’illuminazione proveniente dalla luna non è sempre costante ma varia a seconda della fase del ciclo lunare, aumentando gradualmente quando la luna “cresce” (da nuova a piena) e diminuendo, viceversa, quando la luna “cala”. Tale ciclo, che si completa in circa 29 giorni, espone dunque la fauna notturna a notevoli variazioni nella luminosità ambientale, influenzandone il comportamento e la colorazione.
Nei barbagianni (Tyto alba, letteralmente “gufo bianco”) c’è un’ampia variabilità cromatica che, soprattutto nei maschi, porta a un range di colorazione del piumaggio ventrale che vira dal bianco al rossiccio; le femmine invece sono generalmente più scure e hanno il ventre maggiormente punteggiato (anche se esistono femmine dal piumaggio molto chiaro e privo di puntini). La distribuzione della specie si estende a tutta l’Europa, Africa, Medio Oriente e Penisola Arabica e, nelle diverse regioni, le marcate differenze nel colore del piumaggio sono state utilizzate come criterio per identificare diverse sottospecie. In particolare, in Europa continentale, morfofipi bianchi e rossi sono stati considerati come due sottospecie. Tale distinzione tuttavia è poco plausibile, anche perché l’intera popolazione è molto omogenea dal punto di vista genetico e non vi è una suddivisione geografica netta ma piuttosto una sovrapposizione di areali.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la luce della luna giocasse un ruolo cruciale nella percezione del colore del piumaggio, esercitando una pressione selettiva che favorisse l’una o l’altra colorazione, senza però mai dimostrarlo in modo concreto. Intuitivamente, tutti i barbagianni, a prescindere dal loro colore, dovrebbero incontrare maggiori difficoltà cacciando al chiaro di luna, dal momento che la luce permette alle prede di accorgersi per tempo dell’arrivo dei predatori e di mettersi in salvo. A maggior ragione, i barbagianni bianchi, che durante le notti di luna riflettono la luce e dunque sono ancora più visibili, dovrebbero essere svantaggiati rispetto ai conspecifici rossi. Invece le cose vanno esattamente al contrario.
Uno studio pubblicato su Nature Ecology and Evolution e condotto da un team di ricercatori dell’Università di Losanna ha finalmente svelato la funzione adattativa del piumaggio bianco del barbagianni che, per l’appunto, è insolitamente più chiaro rispetto a quello dei conspecifici rossi e di altri predatori notturni. Grazie ai dati di una popolazione svizzera monitorata per più di vent’anni tramite GPS, è stato possibile studiare come la luce della luna possa influenzare il foraggiamento e il successo riproduttivo in questi rapaci. In aggiunta, esperimenti sul comportamento di una delle principali prede dei barbagianni, l’arvicola campestre (Microtus arvalis), hanno permesso di indagare gli effetti della colorazione bianca o rossa in differenti condizioni di luce lunare.
Dai risultati è emerso che la performance predatoria dei barbagianni bianchi non viene in alcun modo alterata dalla presenza della luna, mentre quelli rossi sono penalizzati durante le notti illuminate, con scarsi risultati nella caccia. La differenza nel successo di predazione è dovuta al fatto che le arvicole, incappando nei barbagianni bianchi, mettono in atto una risposta antipredatoria intensa, che viene enfatizzata dalla grande quantità di luce riflessa dal piumaggio bianco. In generale, quando la preda visualizza il predatore, tende a rimanere immobile (“freezed”) per un certo tempo, un tipico comportamento antipredatorio per passare inosservati; la stessa reazione viene suscitata dalla percezione di fonti luminose, per una sorta di istintiva avversione alla luce insita in alcuni roditori. È infatti dimostrato che topi e ratti (generi Mus e Rattus) reagiscono alla luce e questa sensibilità è stata sfruttata dai neuroscienziati per studiare il comportamento di freezing e i meccanismi di generazione della paura. Si ipotizza che altri roditori affini alle arvicole, potenziali prede dei barbagianni, come per esempio le specie del genere Apodemus, reagiscano al piumaggio bianco immobilizzandosi, ma non ci sono ancora studi in merito. Le arvicole quindi, in reazione a un forte stimolo luminoso, restano immobili per un periodo prolungato, favorendo l’atto predatorio da parte del rapace.
Ciò che resta da chiarire è il motivo della persistenza, all’interno della popolazione dei barbagianni, di entrambi i morfotipi, il rosso e il bianco, dal momento che quest’ultimo è avvantaggiato nella predazione e quindi dovrebbe essere selezionato positivamente a discapito del primo. Inoltre, possedere un piumaggio bianco che permetta un miglior successo di predazione ha effetti positivi molteplici: le prede vengono infatti impiegate dai maschi, oltre che per il proprio sostentamento, per conquistare le femmine durante il corteggiamento e successivamente per alimentare i nuovi nati. Pertanto, i barbagianni bianchi, più abili nella caccia, avranno una fitness riproduttiva maggiore.
Tuttavia, i benefici del piumaggio bianco sembrano limitati alla sola predazione, attività svolta con maggior sforzo dai maschi, in particolare nel corso della stagione riproduttiva. È possibile dunque che questi ultimi siano stati selezionati per avere un colore più chiaro proprio perché questa colorazione migliora le prestazioni della caccia. D’altro canto, il piumaggio rosso si camuffa meglio in condizioni di cielo nuvoloso e negli habitat ombreggiati e boschivi e la presenza della melanina protegge le penne dall’abrasione, dall’umidità e dal freddo; in questo senso, i barbagianni rossi sono favoriti rispetto ai bianchi. Il polimorfismo genetico viene dunque mantenuto grazie ai differenti agenti selettivi che plasmano i tratti cromatici ed è incerto se la selezione operata dalla luce della luna a favore della colorazione bianca sarà sufficiente per indurre un cambiamento evolutivo che porterà a una vera e propria speciazione.
Quella che è emersa per la prima volta da questo studio è la capacità dei barbagianni bianchi di sfruttare a proprio vantaggio un fattore esterno come la luce ambientale per ottenere una risposta comportamentale delle prede. Approfittando della loro fotofobìa, i predatori li abbagliano e ne inducono l’immobilità, in una dinamica preda-predatore che fa riflettere sull’impatto potenziale delle luci artificiali sulla fauna selvatica.
Riferimenti:
L.M. San-Jose, R. Séchaud, K. Schalcher, C. Judes, A. Questiaux, A. Oliveira-Xavier, C. Gémard, B. Almasi, P. Béziers, A. Kelber, A. Amar, A. Roulin, Nature Ecology & Evolution, 3/9(2019-09), 1331-1340
Immagine: https://pxhere.com/en/photo/491748