Quando la religione rappresenta un vantaggio per la biodiversità
Nuove analisi condotte in Polonia rivelano che la composizione avifaunistica osservata presso 101 chiese di differenti epoche risulta più ricca e diversificata rispetto a quella riscontrata in altrettante fattorie della stessa regione
Molti studi sono stati realizzati sulle relazioni tra luoghi di culto e biodiversità animale in Africa e Asia, ma molto poco si sa ad oggi circa questo tipo di rapporto in Europa. A questa lacuna hanno cercato di sopperire Piotr Skórka e collaboratori, con un lavoro pubblicato su Biological Conservation e incentrato in particolare sul ruolo delle chiese cristiane nella conservazione dell’avifauna in Polonia.
Per effettuare il loro studio gli autori hanno ristretto l’area di indagine alla Polonia meridionale, prevalentemente agricola e piuttosto uniforme dal punto di vista paesaggistico. Qui hanno selezionato un campione costituito da 101 chiese di paese, di diversa età e contraddistinte pertanto da materiali e tecniche di costruzione variabili. Per ciascuno degli edifici è stata quindi scelta un’area di controllo, posta nel raggio di 200 metri e rappresentata da una fattoria, ritenuta il termine di confronto più idoneo in quanto ospitante un elevato tasso di biodiversità. Per entrambe le tipologie di edificio è stata considerata tutta l’area compresa all’interno delle recinzioni esistenti, costituita quindi anche dagli spazi verdi adiacenti alle costruzioni in esame.
Quello che è stato possibile desumere dai dati raccolti in tutti i siti oggetto di ricerca è un’informazione importante dal punto di vista conservazionistico: le aree-studio relative alle chiese mostrano livelli maggiori di ricchezza di specie, abbondanza di individui e diversità filogenetica rispetto alle aree delle corrispondenti fattorie.
Sono infatti 68, nel complesso, le specie rilevate in relazione alle chiese mentre si ferma a 50 la ricchezza di specie nelle fattorie, con una struttura di dominanza differente tra le prime e le seconde. Anche le specie presenti nelle chiese che non si riscontrano nei casolari superano quelle trovate nelle fattorie ma assenti nelle chiese (13 a 8), e inoltre il turnover di specie relativo ai luoghi sacri appare maggiore. In più, un’associazione di 7 specie risulta tipica delle chiese (indipendentemente dalle variazioni strutturali) ma mai delle fattorie.
Una serie di fattori sembra influire positivamente sulla disparità osservata, come la maggiore elevazione degli edifici sacri, la presenza di un numero superiore di nicchie e fenditure nella pietra, l’abbondanza di arbusti, alberi e cespugli nei cortili delle chiese spesso maggiore rispetto a quella dei casolari di campagna. Tra tutti questi fattori, alcuni – come l’altezza – sembrano favorire la diversificazione tassonomica, mentre altri vanno a vantaggio di un più generico incremento dell’abbondanza, legato all’aumento della disponibilità di ricoveri e di risorse alimentari. La vegetazione stessa può contribuire ad entrambi questi aspetti, permettendo una maggiore stratificazione delle nicchie ecologiche e offrendo una gamma più o meno vasta di risorse.
Anche all’interno del campione costituito dalle sole chiese è stato possibile osservare precisi trend, legati a determinate variabili che sono risultate favorevoli in misura diversa alla colonizzazione da parte degli uccelli, come la presenza/assenza di torri campanarie, di sottotetti in pietra piuttosto che in legno o di porzioni più o meno recenti e ricostruite nel tempo. Pertanto, i risultati ottenuti dalla ricerca hanno permesso non solo di chiarire quello che era il fulcro dello studio (e cioè la quantificazione del tasso di biodiversità all’interno di aree relativamente protette e conservate come lo sono tutti i luoghi di culto), ma anche di evidenziare con accuratezza scientifica gli elementi più idonei al mantenimento della biodiversità aviaria all’interno delle strutture antropiche in genere.
La precisione dei dati raccolti da Skórka e collaboratori attesta una risoluzione impeccabile per la zona trattata, per quanto strettamente legata al caso studio in questione e per questo motivo non generalizzabile. È possibile che altri elementi – come una maggiore presenza di predatori di natura felina e canina nelle zone poderali – possano aver influito negativamente sull’abbondanza di uccelli in queste ultime, viziando di conseguenza almeno in parte i risultati ottenuti, come ipotizzano gli autori stessi. Ciò che rimane un fatto accertato, tuttavia, è l’evidenza di un turnover di specie ben definito, di una ricchezza tassonomica precisa e di un’ampia diversificazione ecologica in questi ambienti più che nelle aree circostanti: queste considerazioni nel loro complesso ci portano ad associare a questi luoghi una valenza più sfaccettata e complessa, che affianca al pregio spirituale, storico e artistico di queste strutture un valore naturalistico tutto nuovo e ancora da scoprire.
Riferimenti:
Piotr Skórka, Michał Żmihorski, Emilia Grzędzicka, Rafał Martyka, William J. Sutherland. The role of churches in maintaining bird diversity: a case study from southern Poland. Biological Conservation, 2018.