Quando la Terra era una Palla di neve
In una zona del Lago Elliot, la Matinenda Formation, nella regione canadese dei Grandi Laghi e’ stato condotto un importante studio sulla geochimica delle inclusioni silicatiche che custodiscono un residuo organico oleoso, rimasto intrappolato tra quarzo e feldspato durante la diagenesi e il metamorfismo che hanno interessato quei luoghi piu’ di due miliardi di anni fa. E’ un gruppo di […]
In una zona del Lago Elliot, la Matinenda Formation, nella regione canadese dei Grandi Laghi e' stato condotto un importante studio sulla geochimica delle inclusioni silicatiche che custodiscono un residuo organico oleoso, rimasto intrappolato tra quarzo e feldspato durante la diagenesi e il metamorfismo che hanno interessato quei luoghi piu' di due miliardi di anni fa. E' un gruppo di ricercatori americani ed australiani, guidati dall'astrobiologo Roger Buick e dalla giovane geologa Adriana Dutkiewicz, ad aver sviluppato tecniche ultra-sensibili per estrarre e analizzare le tracce organiche presenti nelle inclusioni. Le specie chimiche riscontrate sono davvero importanti, costituendo delle vere e proprie "capsule del tempo": l'impermeabilita' delle inclusioni ha infatti mantenuto inalterati i vari composti cosi' come si sono prodotti.
La piu' importante evidenza raccolta e' la presenza di biomarcatori (detti anche fossili molecolari), cioe' di molecole organiche prodotte da micoroorganismi, che denunciano l'esistenza di cianobatteri ed eucarioti in rocce che precedono il Great Oxidation Event (GOE), cioe' il grande innalzamento della concentrazione di ossigeno nell'atmosfera terrestre. La fotosintesi ossigenica, che produce cioe' ossigeno per ossidazione dell'acqua, si sarebbe evoluta prima di quanto creduto, e cioe' intorno ai 2450 Mya; molto prima che l'atmosfera terrestre cominciasse ad arricchirsi per raggiungere valori simili al livello odierno.
L'ossigeno prodotto in questa fase sarebbe servito a ossidare i metalli contenuti nella crosta continentale e oceanica, come gia' ipotizzato dai geologi. Se gli eucarioti sono cosi' antichi, essi sono sopravvissuti a eventi climatici successivi piuttosto severi, come le glaciazioni che interessarono la Terra nel Paleoproterozoico: si parla infatti di Terra a "Palla di neve".
Una vita gia' complessa ha dunque superato prove davvero difficili, anche se i modelli che ipotizzano una Terra uniformemente coperta da uno strato di ghiaccio spesso piu' di 800 metri devono essere necessariamente rivisti.
Non e' la prima volta che Buick annuncia di aver fatto importanti scoperte circa l'esistenza di biomarcatori in rocce antichissime: lo fece gia' nel 1999, ma la comunita' scientifica obietto' l'eventualita' di accidentali contaminazioni: ora lo scienziato, forte dell'ausilio di eccellenti tecniche analitiche e coadiuvato in questa ricerca dalla giovane ma esperta geologa australiana Adriana Dutkiewicz, e' certo del suo risultato. Potete leggere l'articolo sul numero di giugno della rivista <ITARGET=_BLANK>Geology.
La piu' importante evidenza raccolta e' la presenza di biomarcatori (detti anche fossili molecolari), cioe' di molecole organiche prodotte da micoroorganismi, che denunciano l'esistenza di cianobatteri ed eucarioti in rocce che precedono il Great Oxidation Event (GOE), cioe' il grande innalzamento della concentrazione di ossigeno nell'atmosfera terrestre. La fotosintesi ossigenica, che produce cioe' ossigeno per ossidazione dell'acqua, si sarebbe evoluta prima di quanto creduto, e cioe' intorno ai 2450 Mya; molto prima che l'atmosfera terrestre cominciasse ad arricchirsi per raggiungere valori simili al livello odierno.
L'ossigeno prodotto in questa fase sarebbe servito a ossidare i metalli contenuti nella crosta continentale e oceanica, come gia' ipotizzato dai geologi. Se gli eucarioti sono cosi' antichi, essi sono sopravvissuti a eventi climatici successivi piuttosto severi, come le glaciazioni che interessarono la Terra nel Paleoproterozoico: si parla infatti di Terra a "Palla di neve".
Una vita gia' complessa ha dunque superato prove davvero difficili, anche se i modelli che ipotizzano una Terra uniformemente coperta da uno strato di ghiaccio spesso piu' di 800 metri devono essere necessariamente rivisti.
Non e' la prima volta che Buick annuncia di aver fatto importanti scoperte circa l'esistenza di biomarcatori in rocce antichissime: lo fece gia' nel 1999, ma la comunita' scientifica obietto' l'eventualita' di accidentali contaminazioni: ora lo scienziato, forte dell'ausilio di eccellenti tecniche analitiche e coadiuvato in questa ricerca dalla giovane ma esperta geologa australiana Adriana Dutkiewicz, e' certo del suo risultato. Potete leggere l'articolo sul numero di giugno della rivista <ITARGET=_BLANK>Geology.