Quando l’ossigeno importa

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La prima ricerca viene dal Mit: si parte dal presupposto che non possono esistere fossili che risalgono a oltre 540-560 milioni di anni fa (il momento della cosiddetta Esplosione cambriana, un momento fondamentale nella storia della vita sulla Terra, quando la biodiversità aumentò rapidamente. Anche se non abbastanza rapidamente da far pensare a un atto di creazione, aggiungo). L’unico modo […]


La prima ricerca viene dal Mit: si parte dal presupposto che non possono esistere fossili che risalgono a oltre 540-560 milioni di anni fa (il momento della cosiddetta Esplosione cambriana, un momento fondamentale nella storia della vita sulla Terra, quando la biodiversità aumentò rapidamente. Anche se non abbastanza rapidamente da far pensare a un atto di creazione, aggiungo).

L’unico modo è quello di ricostruire il genoma antico cercando di capire quali fossero i geni che sono “nati” milione di anni dopo milione di anni; la ricerca ha così delineato la storia di migliaia di geni da circa 100 genomi moderni e hanno ricostruito l’albero dei genomi (che vedete nel disegno sopra) contando i geni in comune, e quindi risalendo alla loro comparsa. Il lavoro “suggerisce” che il genoma collettivo (appunto i geni in comune alla maggior parte dei viventi) ebbe un improvviso aumento di complessità tra 3.3 e 2.8 miliardi di anni fa – più verso l’ultima data che la prima – quando nacquero il 27% dei geni attuali. La maggior parte di questi geni sono collegati al metabolismo dell’ossigeno e non è stato difficile pensare che proprio la presenza di questo gas velenoso (almeno fino ad allora) abbia portato allo sviluppo di enzimi in grado dapprima di proteggere le delicate cellule dall’azione ossidante del gas, e poi a sfruttarlo come accettore di elettroni nella respirazione.

I due autori però, Alm e David, pensano di aver scoperto la nascita non tanto di tutto il metabolismo dell’ossigeno, ma solo di quello che si chiama “trasporto degli elettroni”, cioè il processo biochimico che fa passar egli elettroni attraverso la membrana cellulare. Un processo che avrebbe consentito la nascita di altri meccanismi fondamentali come la fotosintesi e la respirazione, che letteralmente rivoluzionarono la storia della vita. “Possiamo speculare che avere accesso a un budget energetico decisamente superiore consentì alla biosfera di ospitare una vita microbica decisamente più grande e complessa”. Cioè aumentare la biodiversità.

Non è finita: David and Alm also went on to investigate how microbial genomes evolved after the Archean Expansion by looking at the metals and molecules associated with the genes and how those changed in abundance over time. They found an increasing percentage of genes using oxygen, and enzymes associated with copper and molybdenum, which is consistent with the geological record of evolution.

L’altra notizia ha ancora a che fare con geni e ossigeno, ma riguarda questo essere qui accanto, una delle specie più strane di tutta la biosfera. Si tratta di Trichoplax adhaerens; l’unico rappresentante del phylum Placozoa ha una struttura stranissima. Non ha organi o altre complicazioni interne, ma è fatto di tre strati cellulari diversi (e cinque tipi di cellule) e secondo alcuni il suo phylum non è poi così primitivo (che non sempre significa semplice, ma dalla storia evolutiva molto antica) come sembra. Anzi, potrebbe anche essere un eumetazoo. Insomma secondo i ricercatori questo Trichoplax, nonostante la sua semplicità, sfrutta un meccanismo presente anche negli animali più complessi. Anche nei vertebrati, ovviamente, e nell’uomo.

È il meccanismo che serve a percepire la presenza dell’ossigeno o la sua diminuzione, e che nell’uomo quindi fa scattare la risposta alla mancanza di ossigeno, cioè all’ipossia, per evitare che alcuni organi – il cuore in particolare – vadano in sofferenza. Il Trichoplax ha lo stesso modo per “sentire” o meno la presenza di ossigeno, la hypoxia-inducible transcription factor pathway (traducibile con la via del fattore di trascrizione indotto dall’ipossia). Se è presente molto simile nelle linee più moderne e anche in quelle più antiche, significa che il meccanismo è sorto molti milioni di anni fa, quando le due linee si sono separate. E proprio molti milioni di anni fa, per la precisione 550, c’è stato un aumento spaventoso di ossigeno nell’atmosfera, dal 3% al 21%. Lo stesso momento (decina di milioni di anni più o meno) in cui la vita è andata incontro all’esplosione cambriana (vedi sopra per il link).

Sembra quindi che l’aumento dell’ossigeno in atmosfera abbia spinto la vita ad adottare contromisure che hanno condotto all’aumento di complessità e quindi di biodiversità. La velocità metabolica della vita è aumentata e le marce alte e la velocità elevata hanno permesso di differenziare sempre di più le forme di vita.

Tratto da Leucophaea, il blog di Marco Ferrari


Riferimenti:

Christoph Loenarz, Mathew L Coleman, Anna Boleininger, Bernd Schierwater, Peter W H Holland, Peter J Ratcliffe, Christopher J Schofield. The hypoxia-inducible transcription factor pathway regulates oxygen sensing in the simplest animal, Trichoplax adhaerens. EMBO reports, 2010; DOI: 10.1038/embor.2010.170

Lawrence A. David and Eric J. Alm, Rapid evolutionary innovation during an Archean Genetic Expansion, Nature (2010) doi:10.1038/nature09649