Identificata una nuova specie “malefica” di dinosauro a becco d’anatra dal Texas

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Il nuovo dinosauro a becco d’anatra è stato battezzato Malefica deckerti e dimostra la diversità di questo gruppo

Seppur gli Stati Uniti siano fra le nazioni più esplorate dal punto di vista paleontologico, dopo secoli di scavi in realtà è ancora possibile trovare nuove specie di dinosauro. L’ultimo esempio proviene dal Texas. Il sito in cui hanno trovato il fossile si trova presso la formazione Aguja nel Parco nazionale di Big Bend del Texas sudoccidentale, ma a rimanere impresso nella mente è il suo nome latino, che riporta alla località in cui è stato possibile ritrovare l’animale: il Bruja Canyon, ovvero in spagnolo il Canyon della Strega. Malefica deckerti è l’ultimo fossile scoperto di un adrosauride di una lunga sequenza di reperti. I paleontologi che hanno lavorato alla sua nuova identificazione hanno pubblicato i risultati solo da poco, presso la rivista Cretaceous research e per quanto può sembrare strano non provengono da qualche istituto americano ma dall’Università autonoma di Barcellona. Gli autori, Albert Prieto-Marquez e Jonathan R. Wagner, sono due fra i più rinomati esperti di dinosauri a livello internazionale, che hanno reso Barcellona una delle capitali della ricerca paleontologica sul cretaceo e il quaternario.

Un vecchio fossile di dinosauro riesaminato

Il fossile su cui si basa l’identificazione della nuova specie (olotipo) è stato raccolto nel 1977 da Frank Deckert, naturalista che in seguito diventò il sovrintendente del Big Bend National Park e a cui è dedicato il fossile. Per molto tempo questo e altri reperti da quella formazione non furono classificati, si sapeva solo a circa 81,5 o a 76,9 milioni di anni fa. Solo nel corso del 2001 il ritrovamento è stato analizzato approfonditamente per la prima volta, nella tesi di Jonathan R. Wagner, uno degli autori del nuovo articolo, venendo assegnato al genere Kritosaurus, come K. navajovius. Un adrosauro del cretaceo superiore, dotato dal tipico becco ad anatra che viveva nel sud est degli Stati Uniti. Una ventina di anni  dopo la prima assegnazione, nel 2022, si è però scoperto che il reperto trovato da Deckert conteneva una serie di utili tratti diagnostici che non erano stati analizzati durante il primo lavoro di riconoscimento. Tratti che hanno consentito a Prieto-Marquez e a Wagner di riconsiderare la specie e di descrivere un nuovo taxon, nonostante il fossile fosse frammentario. Di seguito all’uso della parola Malefica nel nuovo genere che si rifà al mondo delle streghe, Prieto-Marquez e Wagner hanno comunque voluto celebrare l’antico sovrintendente del Big Bend National Park, impiegando la parola deckerti nel nome specifico, in modo di onorare colui che aveva riportato il fossile di dinosauro alla luce. La specie Malefica deckerti dunque si inserisce all’interno del lungo elenco di dinosauri che abitavano gli Stati Uniti durante il cretaceo. Di quante ossa però è composto questo erbivoro e cosa si sa delle sue caratteristiche morfologiche?

Anche un solo osso di dinosauro rivela molte informazioni

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Immagine: dalla pubblicazione

L’olotipo del dinosauro è costituito unicamente da un mascellare destro abbastanza poco derivato che, proprio per la sua morfologia, i paleontologi pongono alla base dell’evoluzione di tutti gli adrosauridi. Prima che questa famiglia si dividesse infatti nelle sottofamiglie Lambeosaurinae (caratterizzate da grandi creste derivate dalla premascella e dal nasale) e Saurolophinae (caratterizzate da corte premascellari e grandi nasali che di solito formavano ornamenti nasali poco appariscenti), tutti gli adrosauridi disponevano di un mascellare simile a quello di Malefica deckerti, che sembra aver conservato i caratteri ancestrali per quanto visse milioni di anni dopo la comparsa del primo dinosauro a “becco d’anatra”. L’analisi filogenetica che ha posto il genere Malefica al di fuori del clade Saurolophidae (= Euhadrosauria), contenente le principali sottofamiglie Lambeosaurinae e Saurolophinae. Evento che, insieme al recupero di diversi taxa adrosauromorfi alla base di Hadrosauridae, permette di osservare una maggiore diversità di adrosauridi non saurolofidi durante il cretaceo superiore, soprattutto durante i piani conosciuti come Santoniano e Maastrichtiano. Si presume che l’animale sia simile a molte delle specie di adrosauri che durante quel periodo vivevano in Nord America. Dal confronto con altri mascellari di esemplari più completi, sappiamo che M. deckerti poteva raggiungere i 6-8 metri, che probabilmente possedeva una “gobba” e che era in grado di masticare, a differenza di moltissimi altri erbivori che non possedevano denti atti a compiere questa funzione. Relativamente invece all’ecosistema in cui viveva, altri paleontologi asseriscono che la zona in cui viveva questa specie fosse un ambiente complesso, costituito da diverse nicchie ecologiche in cui si erano stabiliti diverse forme di animali. Gli animali infatti rinvenuti in quest’area includono molti erbivori, come l’adrosauride basale contemporaneo Aquilarhinus, il lambeosaurino Angulomastacator o il ceratopside Agujaceratops. Per quanto inoltre M. deckerti poteva ritenersi al sicuro dall’essere predato da alcuni carnivori dell’epoca, come il litronace (Lythronax argestes), che viveva negli Stati Uniti occidentali, erano presenti dei predatori che avrebbero arrecato incubi a chiunque. In Texas infatti erano presenti in quel periodo un dromaeosauride sociale simile a Saurornitholestes, antiche forme di Tirannosauri e forse il predatore più terrificanti di tutti, il gigante alligatore Deinosuchus. Aver scoperto però un’altra specie di adrosauro permette di completare l’ecosistema dell’epoca e di delineare meglio quale sia stata l’evoluzione dei dinosauri dal becco d’anatra, che dalla loro prima scoperta, avvenuta nell’Ottocento, hanno assunto un grande fascino agli occhi del pubblico e degli stessi paleontologi.

Riferimenti:

Prieto-Márquez, Albert and Jonathan R. Wagner. “A new ‘duck-billed’ dinosaur (Ornithischia: Hadrosauridae) from the upper Campanian of Texas points to a greater diversity of early hadrosaurid offshoots.” Cretaceous Research, vol. 143, 1 Mar. 2023, p. 105416, doi:10.1016/j.cretres.2022.105416. Immagine: NickLongrich, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons