Seguendo le aringhe del Tanganica.

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E’ da diverso tempo che gli scienziati hanno a che fare con il cosiddetto “problema Tanganica” e cercano di spiegare l’origine evolutiva delle sue specie endemiche, la cui morfologia spesso è molto simile a quella di organismi appartenenti ad ambienti marini. Questa somiglianza aveva portato verso l’idea che il Tanganica in origine fosse in diretto contatto con l’oceano, ma questa […]

E’ da diverso tempo che gli scienziati hanno a che fare con il cosiddetto “problema Tanganica” e cercano di spiegare l’origine evolutiva delle sue specie endemiche, la cui morfologia spesso è molto simile a quella di organismi appartenenti ad ambienti marini. Questa somiglianza aveva portato verso l’idea che il Tanganica in origine fosse in diretto contatto con l’oceano, ma questa ipotesi è stata successivamente smentita da studi geologici, che hanno evidenziato l’origine tettonica del lago. Sebbene esso contenga una grande varietà di specie endemiche altamente diversificate, per la maggior parte di esse non esistono “parenti evolutivi” viventi o fossili nel resto dell’Africa, che possano aiutare nella ricostruzione della loro storia evolutiva.

Un fortunato caso a parte è rappresentato dai cupleidi, presenti nell’Africa occidentale con un gran numero di specie d’acqua dolce, due delle quali endemiche del lago Tanganica. Questo ha permesso ad Anthony Wilson ed ai suoi colleghi di ricostruire l’albero filogenetico dei clupeidi africani usando come orologio molecolare tre geni mitocontriali, sequenziati da 49 specie di aringhe d’acqua dolce, provenienti da varie regioni del continente. I risultati pubblicati su PloS ONE suggeriscono che la colonizzazione delle acque dolci d’Africa da parte delle aringhe marine sia avvenuta durante l’Eocene, grazie ad una grande incursione marina nella regione occidentale del continente, che avrebbe permesso a questi pesci di diffondersi fino al lago Tanganica, dando origine alle due specie endemiche. La ricostruzione filogenetica su base molecolare ha inoltre portato alla luce diverse incongruenze presenti nella tassonomia in uso, costruita su basi morfologiche.

Le aringhe rappresentano dunque il primo gruppo i cui antenati possono essere seguiti fino all’ambiente marino, un’eccezionale opportunità per ricostruire l’origine della straordinaria biodiversità presente nel grande lago africano. I dati ottenuti tramite l’analisi dei geni mitocondriali sono stati confermati anche da evidenze di tipo geologico, che supportano l’ipotesi dell’incursione marina. Chiaramente i dati riguardano soltanto le aringhe, il che vuol dire che per la maggior parte dei taxa, dalla morfologia tipicamente marina, del lago Tanganica, rimane difficile determinare se la loro biodiversità dipenda da adattamenti in situ, o se rifletta una variabilità già presente nei primi colonizzatori del lago.

Silvia Demergazzi

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons