Siats e il mutante giornalistico
Antropomorfizzazione, sensazionalismo ed errori: ecco cosa spesso diventa il giornalismo online. Il commento di un paleontologo-divulgatore al recente ritrovamento di Siats
I dinosauri appassionano ed affascinano. Forse, a volte, persino troppo. E non parlo del mio atteggiamento personale molto “snob” che vorrebbe ridurre la paleontologia ad un purismo metodologico finalizzato alla discussione sui fossili per i fossili senza intromissioni di ambiti non tecnici. Parlo dell’eccessiva disinvoltura con cui temi di natura strettamente tecnica (dati, ipotesi e teorie di un ramo specifico delle scienze) vengano trasferiti in contesti per i quali tali temi non sono stati concepiti, forzati e stravolti a forza (spesso in modo del tutto inconsapevole) per essere “popolarizzati”. La parola “popolarizzare” non è scelta a caso: se la leggete come fusione di “pop-polarizzato” capite cosa intendo: incanalare qualcosa lungo una direzione lineare, semplificando all’estremo al fine di ottenere un prodotto “pop”.
Come hanno notato anche alcuni lettori, la diffusione a mezzo stampa della pubblicazione dello studio sul nuovo Megaraptora Siats ha prodotto la (ormai solita) serie di trafiletti giornalistici. Ciò nasce da un’esigenza corretta, e che io stesso manifesto con le mie ricerche: il piacere (ed il dovere) di divulgare anche ai non-paleontologi i risultati delle nostre ricerche. Sia perché è un piacere vedere che c’è interesse per il proprio lavoro, ma anche per un motivo più “sociale”: la scienza è una conquista della collettività e tutti dovrebbero poterne godere.
Purtroppo, a questi nobili intenti si combinano due fattori ormai inscindibili: il primo è l’esigenza di “tradurre” il linguaggio della scienza nel linguaggio di tutti i giorni, il secondo è la ormai epidemica tendenza a fare giornalismo di bassa qualità, che si traduce in un giornalismo sensazionalista e puramente aneddotico, che deve lasciare a bocca aperta prima ancora che fare riflettere, al fine unico di avere una rapida diffusione che sbaragli la concorrenza.
Prendiamo il caso Siats.
I fatti:
1) Un team di paleontologi scopre e studia i resti frammentari di un nuovo theropode.
2) Il team pubblica il risultato del loro studio su una rivista scientifica.
3) La studio, oltre a descrivere le caratteristiche del fossile, fa delle plausibili ipotesi sulla sua biologia ed evoluzione. Tra queste, che Siats dimostri la persistenza di Megaraptora in Nordamerica almeno fino alla prima parte del Cretacico Superiore (100-90 milioni di anni fa), precedente quindi le note faune a Tyrannosauridae (80-65 milioni di anni fa), confermando modelli (forse semplicistici) di turn-over faunistici a livello dei theropodi di grandi dimensioni.
Questi fatti, evidentemente troppo tecnici, devono essere “tradotti” per il pubblico generico, sia per quello con qualche base paleontologica che quello (maggioritario) totalmente privo di nozioni tecniche:
4) Di solito, per agevolare il lavoro di “divulgazione”, i paleontologi preparano delle conferenze stampa o dei comunicati da passare ai giornalisti, nei quali si “semplifica” il risultato della ricerca. In questa fase, quindi, abbiamo una consapevole e mirata semplificazione del messaggio originario.
5) Spesso, gli addetti al comunicato stampa (dell’università o istituto che compie la ricerca) si prendono alcune libertà di “adattare” il comunicato qualora sia, a loro avviso, ancora troppo “tecnico”. In questa fase abbiamo una ulteriore semplificazione del messaggio, questa volta operata da persone non coinvolte con lo studio. Il margine di errore che deriva da questa fase è significativo.
6) Il comunicato arriva ai giornalisti. I giornalisti, se sono professionisti specializzati alla divulgazione scientifica, traducono il comunicato in una notizia: ciò, nella logica del giornalista, deve soddisfare anche il proprio editore, il quale ha come primo obiettivo quello di “vendere” e di “essere letto”: pertanto, è inevitabile una ulteriore “semplificazione” dei concetti e “enfatizzazione” di ciò che può attirare l’attenzione. In questa fase, abbiamo la trasformazione più importante della notizia: ciò che il giornalista non capisce o ritiene interessante viene semplicemente omesso.
7) Altri giornalisti, se non poco professionali o del tutto scadenti, si limitano a copiare la notizia prodotta nella fase “7”, cambiando qualche parola, enfatizzando ulteriormente alcuni dettagli se non addirittura fraintendendo l’intera notizia. Stesso processo che nella fase “6”, ma più brutale e grossolano.
8) I responsabili della pubblicazione (editorialisti) ci mettono del loro per rendere la notizia accattivante: qui, il tasso di sensazionalismo raggiunge vette eccelse, sforando direttamente nel fantasy.
9) Il pubblico legge le notizie.
Così, la notizia “3” tratta dalla pubblicazione “2” dei fatti “1” diventa, nella fase “9” un articolo come il seguente (preso a caso da Google digitando “Siats“, ma potete sbizzarrirvi):
Nuovo dinosauro più feroce del T.rex: il fossile scoperto in Utah
Il Tirannosauro Rex non è il predatore più feroce vissuto sulla Terra: gli scienziati hanno scoperto il predatore capace di batterlo, il dinosauro Siats meekerorum.
Si legge questo titolo e si esclama: “UAO! Che figata!”.
Notare subito che:
– la “ferocia” non fossilizza. Non abbiamo alcun modo di stabilire chi fosse “più feroce” nemmeno tra animali viventi, figurarsi per fossili. Eppure, leggendo i titoli delle notizie, pare che i paleontologi studino soprattutto il fenomeno della ferocia.
– l’intera paleobiologia ed evoluzione dei theropodi mesozoici è ridotta a “combattimento”, secondo il paradigma Jurassic-Fight-Club. Siats acquista valore in quanto nuovo Campione del Mondo del Peso Massimo di Lotta tra Theropodi (la WorldWeightTheropod League). Come naturalista e paleontologo dei vertebrati specializzato nei theropodi, questo fatto mi mette una profonda tristezza.
-“T.rex” (meglio ancora se “Tirannosauro Rex”) deve essere sempre menzionato… perché il pubblico vuole il suo eroe anche quando perde (Legge di JurassicPark3).
E la deformazione non si riduce al titolo. Leggiamo poi che:
“Tutti sanno che il Tyrannosaurus rex è stato il dinosauro più grande e più cattivo mai conosciuto.”
Il giornalista quindi si cimenta nel tentativo di rendere la scoperta una “notizia” che deve necessariamente stravolgere quello che “tutti sapevano”. Pare proprio che una “notizia” debba solo essere sensazionale, e quindi, ecco introdotto Siats:
“Questo nuovo dinosauro era lungo oltre 30 metri e pesava fino a quattro tonnellate.“
TRENTA METRI?
Il giornalista evidentemente non ha cognizione del significato di ciò che riporta, e non si è premunito nemmeno di verificare che abbia scritto qualcosa di corretto. Difatti, la piena ignoranza in materia si palesa quando scrive una vera e propria contraddizione logica (prima ancora che paleontologica), che sottolineo qui sotto in grassetto:
I reperti fossili dimostrano che i tirannosauri (ossia i T. rex e la sua parentela immediata) erano i predatori dominanti nel Nord America 145 milioni anni fa estinti tra gli 85 e i 65 milioni anni fa. Restava da capire cosa ci fosse stato nel mezzo.
La frase, nel dire che un gruppo era dominante “145 milioni di anni fa” ed estinto tra “85 e 65 milioni di anni fa” non ha alcun senso, indipendentemente dal fatto che sia corretto riferirla ai tyrannosauridi o meno. Difatti, la frase successiva “Restava da capire cosa ci fosse stato nel mezzo” andrebbe rivolta proprio all’autore della frase prima ancora che ai paleontologi. In ogni caso, i tyrannosauridi sono “dominanti” (tralascio per ora di criticare l’abuso di quel termine in paleontologia) tra 85 e 65 milioni di anni fa, e si estinguono solo alla fine di quell’intervallo. L’autore della frase qui sopra, pertanto, non ha minimamente idea di ciò che sta scrivendo.
Il tutto, ovviamente, condito da vagonate di antropomorfizzazioni inutili, ma inevitabili quando si parla di theropodi: Siats diventa quindi un “bullo”, ed il “terrore” serpeggia tra i tyrannosauri alla vista del nuovo “dominatore”. Perché il lettore è un bambino ed ha bisogno della favola di Cappuccetto Rosso, ha bisogni di personaggi coi quali identificarsi, ha bisogno di “provare” dei sentimenti prima ancora che comprendere dei concetti. E allora, al diavolo il Tempo Profondo, al diavolo il fatto che Siats sia un taxon del Cenomaniano, Tyrannosaurus sia un taxon Maastrichtiano, ed una specie intera non può “terrorizzare” un’altra specie, specialmente se tra loro ci sono 30 milioni di anni di distanza.
Ma qui, ovviamente, sto pretendendo troppo. Dopo tutto, Siats è stato pubblicato ieri, quindi, nel mondo del giornalismo online, è già una “notizia vecchia” e dimenticata.
Andrea Cau
da Theropoda
Crediti immagine: Artwork by Jorge Gonzales