“Snida e acchiappa”: una nuova ipotesi sull’origine delle penne negli uccelli
Le penne alle estremità degli arti superiori e nella regione caudale dei dinosauri non aviani non servivano a volare, ma forse aiutavano a cacciare gli insetti…
Le penne delle ali e della coda permettono agli uccelli di volare, ma gli scienziati concordano che in origine non doveva essere questa la loro funzione. Quello sul quale non concordano è quale o quali fossero queste funzioni… Perché le penne, diverse dalle piume, si evolvono già in alcuni dinosauri non-aviani proprio sulle estremità degli arti anteriori e nella regione caudale, prima di servire per il volo? Quale vantaggio davano?
Uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports propone una nuova ipotesi.
Diversi uccelli moderni praticano un tipo di caccia particolare definita come “flush and pursue” che tradurrei parafrasando come “snida e acchiappa”. Gli uccelli in questione, solitamente di piccola taglia come ad esempio quelli del genere Myoborus, ingannano gli insetti inducendoli a saltare fuori dai loro nascondigli con un deciso battito d’ali o colpo di “coda”: è sufficiente questo vistoso e improvviso display visivo per ingannare il sistema di difesa anche dell’insetto più cauto che, per mettersi in salvo, spicca un salto o si alza in volo, rivelando la propria presenza ed esponendosi alle fauci dell’uccello.
Questo succede perché queste prede si sono adattate agli stili di predazione più comuni, solitamente attacchi improvvisi e ravvicinati al quale rispondere allontanandosi rapidamente dal terreno, per l’appunto con un balzo o spiccando il volo. Lo “snida e acchiappa” essendo “raro” all’interno di quello specifico ecosistema attiva la risposta di “default” della preda, che però in questo caso è totalmente controproducente.
Gli scienziati si sono chiesti: “e se fosse stato un vantaggio anche per alcuni piccoli dinosauri come quelli appartenenti ai Pennaraptora?”
Il team di ricerca ha testato su delle involontarie cavallette di un parco l’efficacia predatoria del ribattezzato Robopteryx attuando appunto la tecnica dello “snida e acchiappa” ma testando varie estensioni delle penne della coda e delle ali. Robopteryx se la cava egregiamente. Ma modificando l’estensione delle penne gli scienziati hanno ottenuto risultati differenti. Le ali dotate di penne alla loro estremità hanno indotto più prede a saltare fuori dai loro nascondigli rispetto alle ali con le penne poste alla base o rispetto ad ali prive di penne. Tra le ali con le penne all’estremità, quelle con le penne bandeggiate nere e bianche hanno funzionato meglio di quelle tutte nere (bandeggi o macchie che infatti si osservano spesso nei piumaggi degli uccelli che attuano questo tipo di caccia). Cosi come una grande copertura di penne caudali ha funzionato meglio della versione più piccola e di quella nel quale era assente. Insomma “snida e acchiappa” funziona meglio quando si hanno delle lunghe penne bandeggiate che formano un’ampia sagoma quando l’animale le dispiega.
Gli scienziati hanno anche allestito un esperimento nel quale alle cavallette venivano mostrati dei video della sagoma di Robopteryx, con o senza proto piumaggio, aprire e chiudere le ali. Le cavallette, immobilizzate su un nastro adesivo e dotate di elettrodi, hanno mostrato un’attivazione maggiore dei neuroni specifici per la risposta di salto e fuga quando osservavano il video con Robopteryx dotato di penne rispetto a quello con Robopteryx senza penne. Sorvolando sul trattamento riservato a queste cavallette al quale gli scienziati, per evitare possibili interferenze, hanno anche amputato le antenne e chiuso artificialmente uno dei due occhi, questi risultati confermano quanto osservato durante la “caccia” di Robopteryx.
Trovata quindi la spiegazione del perché le penne si siano sviluppate proprio in quei distretti corporei? No. Ma è sicuramente una possibilità.
Come scrivono anche gli autori dello studio, non per forza un’ipotesi esclude l’altra e spesso in natura uno stesso tratto si trova sotto selezione naturale per motivi diversi. Animali come Caudipteryx avrebbero potuto contemporaneamente sfoggiare le proprie penne bandeggiate durante la stagione degli amori, utilizzarle per cambi di direzione più rapidi, come una vera e propria superficie aerodinamica, ma anche utilizzarle per indurre le proprie piccole prede a saltare fuori dai propri nascondigli, come dimostrato da Robopteryx.
Secondo gli scienziati, un aumento progressivo della lunghezza delle penne ed un ampliamento delle superfici aerodinamiche, dovuto anche al vantaggio dato dal loro utilizzo nella tecnica dello “snida e acchiappa”, avrebbe posto le basi per la successiva conquista del volo.
Riferimenti:
Park, Jinseok, et al. “Escape behaviors in prey and the evolution of pennaceous plumage in dinosaurs.” Scientific Reports, vol. 14, no. 549, 25 Jan. 2024, pp. 1-20, doi:10.1038/s41598-023-50225-x. Immagine: Figure 1. (A) Reconstructed Caudipteryx © Christophe Hendrickx. Used under the terms of the Creative Commons license (CC BY-SA 3.0). Licensing details: [https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/deed.en]. (B) Robopteryx, imitating the morphology of Caudipteryx, positioned in front of a grasshopper in the field (marked by a red arrow). (C) Grasshopper tested in the experiments. CC-BY, via Eurekalert
Snida e acchiappa
Diversi uccelli moderni praticano un tipo di caccia particolare definita come “flush and pursue” che tradurrei parafrasando come “snida e acchiappa”. Gli uccelli in questione, solitamente di piccola taglia come ad esempio quelli del genere Myoborus, ingannano gli insetti inducendoli a saltare fuori dai loro nascondigli con un deciso battito d’ali o colpo di “coda”: è sufficiente questo vistoso e improvviso display visivo per ingannare il sistema di difesa anche dell’insetto più cauto che, per mettersi in salvo, spicca un salto o si alza in volo, rivelando la propria presenza ed esponendosi alle fauci dell’uccello.
Questo succede perché queste prede si sono adattate agli stili di predazione più comuni, solitamente attacchi improvvisi e ravvicinati al quale rispondere allontanandosi rapidamente dal terreno, per l’appunto con un balzo o spiccando il volo. Lo “snida e acchiappa” essendo “raro” all’interno di quello specifico ecosistema attiva la risposta di “default” della preda, che però in questo caso è totalmente controproducente.
Gli scienziati si sono chiesti: “e se fosse stato un vantaggio anche per alcuni piccoli dinosauri come quelli appartenenti ai Pennaraptora?”Un dinosauro robotico per testare l’ipotesi
Ispirandosi alla forma e alla copertura di penne di Caudipteryx, un dinosauro vissuto agli inizi del Cretaceo e dotato di penne sulle ali e sulla coda (le penne caudali possedevano anche un’alternanza di chiaro-scuri), i ricercatori hanno costruito un dinosauro robot capace di eseguire alcuni movimenti come aprire e chiudere le ali o muovere la coda. Dopodiché lo hanno portato a caccia.Il team di ricerca ha testato su delle involontarie cavallette di un parco l’efficacia predatoria del ribattezzato Robopteryx attuando appunto la tecnica dello “snida e acchiappa” ma testando varie estensioni delle penne della coda e delle ali. Robopteryx se la cava egregiamente. Ma modificando l’estensione delle penne gli scienziati hanno ottenuto risultati differenti. Le ali dotate di penne alla loro estremità hanno indotto più prede a saltare fuori dai loro nascondigli rispetto alle ali con le penne poste alla base o rispetto ad ali prive di penne. Tra le ali con le penne all’estremità, quelle con le penne bandeggiate nere e bianche hanno funzionato meglio di quelle tutte nere (bandeggi o macchie che infatti si osservano spesso nei piumaggi degli uccelli che attuano questo tipo di caccia). Cosi come una grande copertura di penne caudali ha funzionato meglio della versione più piccola e di quella nel quale era assente. Insomma “snida e acchiappa” funziona meglio quando si hanno delle lunghe penne bandeggiate che formano un’ampia sagoma quando l’animale le dispiega.
Il mistero non è risolto
Gli scienziati hanno anche allestito un esperimento nel quale alle cavallette venivano mostrati dei video della sagoma di Robopteryx, con o senza proto piumaggio, aprire e chiudere le ali. Le cavallette, immobilizzate su un nastro adesivo e dotate di elettrodi, hanno mostrato un’attivazione maggiore dei neuroni specifici per la risposta di salto e fuga quando osservavano il video con Robopteryx dotato di penne rispetto a quello con Robopteryx senza penne. Sorvolando sul trattamento riservato a queste cavallette al quale gli scienziati, per evitare possibili interferenze, hanno anche amputato le antenne e chiuso artificialmente uno dei due occhi, questi risultati confermano quanto osservato durante la “caccia” di Robopteryx.
Trovata quindi la spiegazione del perché le penne si siano sviluppate proprio in quei distretti corporei? No. Ma è sicuramente una possibilità.
Come scrivono anche gli autori dello studio, non per forza un’ipotesi esclude l’altra e spesso in natura uno stesso tratto si trova sotto selezione naturale per motivi diversi. Animali come Caudipteryx avrebbero potuto contemporaneamente sfoggiare le proprie penne bandeggiate durante la stagione degli amori, utilizzarle per cambi di direzione più rapidi, come una vera e propria superficie aerodinamica, ma anche utilizzarle per indurre le proprie piccole prede a saltare fuori dai propri nascondigli, come dimostrato da Robopteryx.
Secondo gli scienziati, un aumento progressivo della lunghezza delle penne ed un ampliamento delle superfici aerodinamiche, dovuto anche al vantaggio dato dal loro utilizzo nella tecnica dello “snida e acchiappa”, avrebbe posto le basi per la successiva conquista del volo.
Riferimenti:Park, Jinseok, et al. “Escape behaviors in prey and the evolution of pennaceous plumage in dinosaurs.” Scientific Reports, vol. 14, no. 549, 25 Jan. 2024, pp. 1-20, doi:10.1038/s41598-023-50225-x. Immagine: Figure 1. (A) Reconstructed Caudipteryx © Christophe Hendrickx. Used under the terms of the Creative Commons license (CC BY-SA 3.0). Licensing details: [https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/deed.en]. (B) Robopteryx, imitating the morphology of Caudipteryx, positioned in front of a grasshopper in the field (marked by a red arrow). (C) Grasshopper tested in the experiments. CC-BY, via Eurekalert
Mi sono laureato in Biologia Evoluzionistica all’Università degli Studi di Padova. Ho scritto per OggiScienza e sono attivo nel campo della divulgazione scientifica. Ho creato e dirigo il progetto di divulgazione scientifica multipiattaforma “Just a Story”