Spermatozoi fossili
La notizia è stata pubblicata pochi giorni fa su «Biology Letters», rivista della Royal Society, ed è subito rimbalzata sui principali organi di informazione scientifica e non solo, tra cui «Nature» e il «Washington Post»
La scoperta
La scoperta è stata accidentale, come spesso accade in paleontologia quando si guarda nel posto giusto. Al largo delle coste antartiche, nell’isola di Seymour, un gruppo di ricercatori argentini ha raccolto alcuni campioni di una roccia sedimentaria appartenente a una formazione eocenica di circa 50 milioni di anni fa. Analizzando il materiale al SEM (microscopio elettronico a scansione) e al microscopio a raggi X, Benjamin Bomfleur e la sua squadra – del Museo di Storia Naturale di Stoccolma – hanno identificato numerosi cocoon – ossia “bozzoli” mineralizzati di origine organica: la vera sorpresa, però, si trovava nascosta dentro una di queste capsule.
La trappola dei Cocoons
I clitellati sono anellidi ermafroditi che hanno sviluppato una particolare strategia che permette loro di riprodursi sulla terraferma. Dopo l’accoppiamento riversano ovuli e spermatozoi all’interno di piccole capsule protettive (i cocoon, appunto) che hanno la funzione di un microscopico scrigno, all’interno dei quali la fecondazione e lo sviluppo degli embrioni possono avvenire in un ambiente protetto e acquoso. La loro presenza fossile in sedimenti rocciosi anche più antichi di quelli qui analizzati è piuttosto comune, ma essi sono stati raramente oggetto di attenzione da parte degli scienziati. Osservando al microscopio un frammento di cocoon di circa 1,5 x 0,8 mm, i ricercatori si sono imbattuti in piccole strutture incluse nella parete interna. Queste strutture certamente non facevano parte della capsula: si trattava di misteriosi oggetti rimasti intrappolati nella parete. Come? Queste strutture rappresentano una trappola per microrganismi biologici poiché il bozzolo, quando viene prodotto, è inizialmente costituito da una sostanza mucosa e, solo una volta sigillato, vede la deposizione sulla sua parete interna di una serie di strati proteici che rendono la sua struttura via via più dura e resistente. Durante questa fase tutto ciò che il bozzolo contiene potrebbe finire incastonato nella sua parete interna, esattamente come avviene per la fossilizzazione in ambra, rendendo possibile la conservazione di strutture biologiche molli e delicate come batteri o… spermatozoi!
L’osservazione
Sotto l’occhio del microscopio la squadra di ricercatori nota l’importante presenza di elementi cilindrici dritti o variabilmente ripiegati che raggiungono circa 18 µm di lunghezza e 600 nm di larghezza. Presentano una caratteristica struttura elicoidale, “a punta di trapano” (Fig. d, f). Altri elementi sono a forma di bastone e arrivano solo a 12 µm di lunghezza e circa 500 nm di larghezza e hanno una struttura finemente granulare (Fig. g, f); queste supportano una coda simile ad una frusta spessa fino a 250 nm e lunga più di 30 µm (Fig. h). Vari elementi indicavano che le dimensioni e la struttura di questi elementi descritti separatamente potevano rappresentare le varie componenti di cellule spermatiche tipiche degli anellidi clitellati.
La parte italiana
Vista l’antichità del campione, un’analisi del DNA era da escludere: bisognava affidarsi a uno studio morfologico. A questo punto entra in scena la parte italiana di questa storia: Marco Ferraguti, esperto di spermatologia comparata dell’Università di Milano, identifica queste strutture nelle varie componenti di spermatozoi tipici di anellidi clittellati e, in particolare, riconosce i caratteri unici delle cellule spermatiche degli attuali Branchiobdellidi, piccolissimi anellidi simbionti di crostacei d’acqua dolce. In particolare la struttura a “punta di trapano” è molto simile a quella dell’acrosoma delle forme attuali e la stessa corrispondenza viene osservata nella forma del flagello (Fig. k-n)
Una finestra unica sulla storia evolutiva del micromondo
Ovviamente, avendo vita brevissima e una struttura a dir poco delicata, non esistono molti casi documentati di spermatozoi fossili, soprattutto nel regno animale. I casi precedentemente studiati erano soltanto due e più recenti di almeno 10 milioni di anni: questa scoperta merita dunque il primato, per aver descritto i più antichi spermatozoi animali mai ritrovati. L’origine e l’evoluzione di questi anellidi è, ad oggi, scarsamente compresa: essendo infatti animali a corpo molle i ritrovamenti fossili sono stati più unici che rari. Questi fossili antartici ci dicono che la distribuzione di questo gruppo doveva essere ben più ampia e la loro storia evolutiva più complessa di quanto finora ipotizzato. Infine, questa scoperta ha attirato l’attenzione della paleontologia su una finestra unica per lo studio della storia evolutiva dei microrganismi e dei piccoli animali a corpo molle, di cui sappiamo pochissimo. Quanti segreti potranno ancora esser conservati in questi microscopici scrigni?
Riferimenti:
Bomfleur B, Mo ̈rs T, Ferraguti M, Reguero MA, McLoughlin S. 2015 Fossilized spermatozoa preserved in a 50-Myr-old annelid cocoon from Antarctica. Biol. Lett. 11: 20150431. http://dx.doi.org/10.1098/rsbl.2015.0431
Immagine: immagini ricavate dal microscopio elettronico a scansione dove si osserva il frammento del bozzolo e le microstrutture osservate nella sua parete interna (a-j), immagini di spermatozoi attuali di branchiobdellidi per il confronto (k-n). Da Bomfleur et al. http://dx.doi.org/10.1098/rsbl.2015.0431