Sulle isole italiane i topi stanno diventando resistenti ai rodenticidi

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Indagata la resistenza genetica ai rodenticidi nei topi domestici in 11 piccole isole italiane. I risultati del lavoro sensibilizzano su un uso più consapevole di tali sostanze

In moltissimi ecosistemi le specie alloctone invasive possono minacciare la biodiversità, specie nel caso delle isole. I roditori sinantropici, cioè che vivono dove sono le persone, sono un gruppo particolarmente dannoso in questo senso: si stima che l’80% degli arcipelaghi a livello mondiale sia stato colonizzato da questi animali. Il topo domestico (Mus domesticus) è uno dei più diffusi, ed è classificato tra le 100 specie più invasive dall’IUCN (The International Union for Conservation of Nature).

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Foto: George ShuklinCC BY-SA 1.0, via Wikimedia Commons

Nel Mediterraneo si trovano oltre 5.000 piccole isole, di solito molto antropizzate e sfruttate come meta per il turismo e che spesso sono disabitate per una parte dell’anno: è in queste situazioni che le infestazioni di roditori si moltiplicano. Nel 2020 sono state intrapresi 139 tentativi di eradicazione su 107 isole. Di questi 139 tentativi 115 riguardavano il ratto dei tetti (Rattus rattus) e solo il 4,3% hanno riguardato il topo domestico. Il metodo più comune per la gestione dei roditori è quello di utilizzare delle esche rodenticide anticoagulanti che interferiscono con il metabolismo dell’animale inibendo il complesso della vitamina K 2,3-epossido reduttasi (VKORC), un cofattore essenziale per la coagulazione del sangue, portando di conseguenza alla morte l’animale intossicato.

I prodotti attualmente in commercio sono principalmente anticoagulanti di seconda generazione: letali a bassi dosaggi e dai costi contenuti. Il loro uso continuativo può comunque portare allo sviluppo di popolazioni resistenti, di cui si hanno evidenze a partire già dagli anni ’50. La resistenza è dovuta a mutazioni in uno o più dei tre esoni (ovvero tutta la regione codificante del gene) del gene che codifica VKORC1. La proteina risultante è meno sensibile all’azione degli anticoagulanti.

Nel genotipo spretus troviamo quelle mutazioni che conferiscono una resistenza agli anticoagulanti di prima generazione e sono attribuite all’ibridazione tra Mus spretus (topo del mediterraneo occidentale) e Mus domesticus. Le sostituzioni non sinonime sull’esone 3 (Leu128Ser e Tyr139Cys) sono invece maggiormente diffuse e conferiscono una generale resistenza agli agenti anticoagulanti di prima e, in parte, di seconda generazione.

Se da una parte l’insorgenza della resistenza in alcuni individui non determina il completo fallimento delle campagne di derattizzazione, dall’altra potrebbe spingere le società di pest management ad applicare un quantitativo eccessivo di rodenticidi nell’ambiente che può causare seri danni anche alla fauna non bersaglio in particolar modo inserendosi nelle reti trofiche per via della persistenza e bioaccumulabilità di queste sostanze. Anche se non tutte le mutazioni sul gene VKORC1 conferiscono resistenza, il loro monitoraggio è essenziale per applicare un piano di contenimento degli infestanti efficace e mirato. Restano inoltre da indagare gli effetti di molte mutazioni e un solo studio in passato è stato portato avanti sull’insorgenza delle resistenze, nonostante il controllo dei roditori venga attuato sempre con le medesime modalità.

Un recente studio pubblicato su Science of the Total Environment da un gruppo di ricercatori italiani ha indagato nel contesto insulare (11 isole in totale, appartenenti all’arcipelago Ponziano, delle Tremiti, delle Eolie e Pantelleria) la presenza di fenomeni di resistenza o di possibili fenomeni di resistenza legati al gene VKORC1 nei topi.

Le mutazioni identificate

Le isole prese in considerazione sono state Ventotene, Pantelleria, San Domino, San Nicola, Lipari, Vulcano, Panarea, Salina, Stromboli, Alicudi e Filicudi. In ciascuna isola è avvenuta in maniera più o meno intensa una attività di controllo dei roditori con anticoagulanti, o da parte degli abitanti o in maniera più strutturale. Un caso particolarmente interessante è quello di Ventotene: sull’isola è stata condotta una lotta al ratto dei tetti (Rattus rattus) particolarmente intensa tra il 2018 e il 2022 con l’uso di anticoagulanti.

Tra il 2005 e il 2023 sono stati catturati 82 individui di Mus domesticus e dai loro tessuti è stato estratto in DNA. Con la tecnica della PCR (reazione a catena della polimerasi) sono stati amplificati 3 frammenti del gene VKORC1, corrispondenti agli esoni soggetto di mutazioni. In totale i tre esoni amplificati codificano per 161 amminoacidi. Le sequenze ottenute sono state confrontato con un genotipo selvatico, successivamente si è proceduto ad analizzare la sequenza amminoacidica per rilevare le mutazioni missenso, dove il cambiamento di un singolo nucleotide porta alla sintesi di un diverso amminoacido. La presenza di mutazioni è stata rilevata in 7 isole su 11 (alcuni campioni provenienti dall’isola di Ventotene ne presentavano già prima dell’intensa campagna di derattizzazione). Non sono state rilevate mutazioni spretus e in generale solo pochi campioni (6 su 82) portano mutazioni sugli esoni 1 o 2. Per quanto riguarda l’esone 1 l’unica mutazione rilevata è sinonima (Ala18Ala) per cui non influisce in alcun modo sulla resistenza. Mentre nell’esone 2 è stata rilevata una mutazione missenso (Arg61Gln) in 3 campioni, tutti provenienti dall’arcipelago delle isole Eolie (Salina e Lipari).

La maggior parte delle mutazioni missenso ha riguardato l’esone 3. Sono state rilevate infatti 9 mutazioni di cui due sinonime (Gln151Gln e Lys157Lys; tutte sull’isola di Pantelleria, 7 campioni). Delle 7 mutazioni restanti Val114Phe è stata rilevata in un solo campione (Alicudi) come anche Gln151His (Pantelleria) e Lys157Asn (Pantelleria) e non si hanno dati certi sull’incidenza o meno dell’insorgenza di resistenze agli anticoagulanti. La mutazione più diffusa è stata la Tyr139Cys: già nota per conferire resistenza al bromadiolone, un rodenticida di seconda generazione, è stata rilevata su 4 isole (Pantelleria, Ventotene, S. Domino e Lipari). L’altra mutazione che conferisce resistenza al bromadiolone (Glu155Lys) segue come frequenza un totale di 10 campioni (7 di Pantelleria, 2 di Ventotene, 1 di S. Domino e 1 di S. Nicola). Sul codone 149 sono state rilevate due diverse mutazioni non sinonime Ser149Ile (5 campioni di Pantelleria) e Ser149Asn (1 campione di Ventotene). In 6 campioni provenienti da Pantelleria, Ventotene e S. Domino sono state poi rilevate più mutazioni coesistenti che si sospetta conferiscano resistenza ai più comuni anticoagulanti sul mercato.

Isola

Numero di campioni

Mutazioni missenso

Possibile resistenza conferita

Pantelleria

4

Ser149Ile

Brodifacoum

Glu155Lys

Bromadiolone

Pantelleria

1

Tyr139Cys

Bromadiolone

Ser149Ile

Brodifacoum

Glu155Lys

Bromadiolone

Pantelleria

1

Ser149Ile

Brodifacoum

Gln151His

sconosciuta

Glu155Lys

Bromadiolone

Lys157Asn

unknow

Ventotene

1

Tyr139Cys

Bromadiolone

Ser149Asn

low resistance

S. Domino

1

Tyr139Cys

Bromadiolone

Glu155Lys

Bromadiolone

Schematizzazione delle principali mutazioni coesistenti, numero di campioni e isola di provenienza.

Adattamento in corso

In totale il 42,68% delle sequenze (35 campioni su 82) hanno mostrato almeno una mutazione missenso e la mutazione Tyr139Cys è quella che mostra la frequenza allelica maggiore (12,2%). In particolare, analizzando i dati nel caso di Ventotene, si nota che la frequenza allelica è passata dal 2,6% del 2018 (prima della campagna di derattizzazione – dati ricavati dalla pubblicazione di Iannucci et al., 2019) al 17,9% nel 2022/2023 (post derattizzazione) con una variazione statisticamente significativa.

L’altra mutazione più diffusa è risultata essere la Glu155Lys, attestata al 6,7%. Tutte le altre mutazioni hanno una frequenza allelica inferiore al 5%. Questi dati sono stati confrontati con pubblicazioni analoghe relative ad altre isole del Mediterraneo. Il numero di campioni mutati nelle isole italiane è risultato essere significativamente molto minore di quelli riscontrati in Francia, Spagna e Portogallo, e solo leggermente inferiore a quanto riscontrato nell’arcipelago delle Azzorre. La situazione è più simile nel confronto con il Libano e l’arcipelago di Madeira.

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Frequenza e distribuzione dei topi che riportano delle mutazioni per il gene VKORC1. Fonte: pubblicazione.

Alcune delle mutazioni rilevate erano già note (Tyr139Cys, Ser149Ile, Ser149Asn, Glu155Lys) mentre, grazie a questo, studio due mutazioni sono state riscontrate per la prima volta in topi domestici (Ser149Ile e Glu155Lys) e ben 7 non erano mai state osservate in alcuna specie di roditore (Ala18Ala, Arg61Gln, Val114Phe, Gln151His, Gln151Gln, Lys157Asn, Lys157Lys).

Le mutazioni note: Tyr139Cys e Ser149Asn

Tra le mutazioni note e più spesso rinvenuta nello studio la Tyr139Cys è particolarmente significativa dal momento che conferisce la resistenza (anche nel caso condizione di eterozigosi) a tutti gli anticoagulanti di prima generazione e a parte di quelli di seconda. Il forte aumento della frequenza di questa mutazione sull’isola di Ventotene rilevato prima e dopo il trattamento di 4 anni con anticoagulanti suggerisce che proprio questa pratica possa aver selezionato positivamente una popolazione di topi resistente.

La mutazione Ser149Asn invece pare contribuire marginalmente o in maniera ininfluente sulla resistenza agli anticoagulanti.

Le mutazioni mai rinvenute nei topi: Glu155Lys e Ser149Ile

Una delle nuove mutazioni rinvenute nei topi è la Glu155Lys, prima osservata in diverse specie di ratti. Questa mutazione accresce nella proteina VKORC l’affinità per la vitamina K (l’antidoto agli anticoagulanti) e decresce l’affinità per il bromadiolone (anticoagulante di seconda generazione ampiamente utilizzato nel controllo dei roditori) conferendo resistenza a quest’ultima molecola.

Anche la mutazione Ser149Ile era nota in diverse specie di ratto e determina una decrescita dell’affinità al clorofacinone (anticoagulante di prima generazione) e al brodifacoum (l’anticoagulante di seconda generazione considerato il più potente sul mercato) suggerendo che giochi un ruolo importante nell’insorgenza di resistenza.

Le mutazioni mai rinvenute nei roditori: Lys157Asn, Gln151His, Arg61Gln e Val114Phe

Lo studio ha rinvenuto in tutto 4 nuove mutazioni non sinonime mai riscontrate prima nei roditori ed è prematuro definire il ruolo che potrebbero giocare nell’insorgenza di resistenze. Lys157Asn e Gln151His sono simili ad alcune mutazioni rinvenute in alcuni ratti: Lys157Asn sembra non essere coinvolta in fenomeni di resistenza a differenza di Gln151His che potrebbe giocare un ruolo attivo nell’insorgenza di resistenze simile a Glu155Lys. Restano ancora da indagare e approfondire i ruoli che potrebbero giocare in tal senso le mutazioni Arg61Gln e Val114Phe.

Mutazioni coesistenti

È piuttosto frequente rilevare più mutazioni contemporaneamente su alcuni campioni. Come schematizzato nella tabella 6, nello studio ne sono stati rilevati 6 casi. La novità consiste nella presenza contemporanea di queste mutazioni che non era mai stata descritta precedentemente. Mentre è noto che i genotipi simili a spretus determinano una resistenza ad alcuni anticoagulanti, sono poco conosciuti gli effetti della presenza delle mutazioni rilevate in questo studio e resta difficile determinare se queste effettivamente queste conferiscano o meno resistenza e in quale misura. Da ultimo nel futuro occorre procedere a valutare un numero di campioni più grande per effettuare una inferenza statistica solida.

La situazione fotografata da questo studio è simile a quanto riscontrato da altri ricercatori in altri arcipelaghi del Mediterraneo mentre si confermano differenti alcuni scenari sulla terraferma come, ad esempio, in Francia e Portogallo dove la diversità nella composizione delle mutazioni nelle popolazioni della terra ferma è maggiore di quella delle isole. Una possibile spiegazione è la presenza di grandi città ed aree urbanizzate sottoposte a tanto sistematici quanto poco approfonditi interventi di derattizzazione con anticoagulanti. Il numero di topi che manifestano una mutazione che determina resistenza può aumentare rapidamente – anche in poche generazioni, fissando le mutazioni – quando queste popolazioni sono sottoposte ad una pressione selettiva guidata dagli anticoagulanti. Questo può essere quanto accaduto a Ventotene: una prolungata lotta con anticoagulanti senza una conoscenza approfondita delle resistenze ha selezionato una popolazione di topi resistenti. Per avere ancora maggior certezza di questo c’è necessità di uno studio ulteriore che prenda in esame un dataset di dati più ampio. Un altro aspetto che deve essere ulteriormente chiarito è se l’insorgenza di nuove mutazioni in VKPRC1 sia emersa indipendentemente in varie aree geografiche o se la presenza di queste mutazioni è dovuta a successive colonizzazioni da parte della medesima popolazione. Studi comparativi tra le isole Azzorre e il Portogallo continentale suggerirebbero che queste mutazioni si siano propagate alle isole a partire da individui provenienti dal continente ma i dati della situazione italiana (soprattutto quelli delle popolazioni peninsulari) sono ancora troppo pochi per dare un quadro preciso.

Quello che appare invece molto chiaro è che un piano serio di pest management non può più fare a meno di prendere in considerazione le resistenze agli anticoagulanti. Queste mutazioni potrebbero già essersi fissate in alcune popolazioni e la strategia di controllo dei roditori in quelle aree potrebbe essere a serio rischio. L’idea che emerge è che potrebbero già essere presenti a macchia di leopardo sul nostro territorio nazionale popolazioni resistenti ai più comuni anticoagulanti, per cui gli specialisti del settore del pest management dovrebbero prevedere già da ora nella loro operatività standard una valutazione delle possibili resistenze nei roditori.

Riferimenti:

Gallozzi, F., Attili, L., Colangelo, P., Giuliani, D., Capizzi, D., Sposimo, P., …Castiglia, R. (2024). A survey of VKORC1 missense mutations in eleven Italian islands reveals widespread rodenticide resistance in house mice. Sci. Total Environ., 953, 176090. doi: 10.1016/j.scitotenv.2024.176090

Immagine in apertura: graphical abstract, dalla pubblicazione