Tutta colpa del mare…

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Quando si pensa ad eventi come la scomparsa dei dinosauri 65 milioni di anni fa, la prima cosa che viene in mente sono asteroidi o super-vulcani che oscurano il cielo. La ricerca di Shanan Peters, dell’Università del Wisconsin-Madison, suggerisce invece che le responsabilità di tutti gli eventi catastrofici per la biosfera siano da attribuire all’innalzamento e abbassamento del livello degli […]

Quando si pensa ad eventi come la scomparsa dei dinosauri 65 milioni di anni fa, la prima cosa che viene in mente sono asteroidi o super-vulcani che oscurano il cielo. La ricerca di Shanan Peters, dell’Università del Wisconsin-Madison, suggerisce invece che le responsabilità di tutti gli eventi catastrofici per la biosfera siano da attribuire all’innalzamento e abbassamento del livello degli oceani. “Espandendosi e contraendosi, gli ambienti oceanici influenzano la vita sulla Terra”, dice Peters, secondo il quale il cambiamento nel livello dei mari regola i tassi di estinzione e la composizione degli ecosistemi oceanici.
 
Dalla comparsa della vita sulla Terra, 3,5 miliardi di anni fa, si stima che ci siano stati 23 eventi di estinzione di massa, compresi quelli che coinvolsero microrganismi unicellulari. In particolare, negli ultimi 540 milioni di anni, cioè dalla comparsa dei primi organismi con parti mineralizzate, sono documentate cinque estinzioni di massa, relative soprattutto a piante e animali marini. Si tratta di eventi che spazzarono via dal 75 al 95% della biodiversità terrestre. I paleontologi si sono sempre interrogati sulle cause di queste estinzioni, giungendo solo in alcuni casi ad una risposta quasi certa (come ad esempio per i dinosauri). “Il caso dei dinosauri è eccezionale, perché l’impatto di un asteroide non è quasi mai collegato ad un’estinzione di massa”, dice Peters. “Sono stati fatti molti studi sul vulcanismo, ma sono poche le eruzioni che corrispondono ad eventi di estinzione”.

Lo studio di Peters, pubblicato su Nature, invece stabilisce una relazione incontrovertibile tra il ritmo dei cambiamenti nel livello del mare e il verificarsi di estinzioni di massa. “Nel corso degli anni i ricercatori avevano escluso che ci fosse un collegamento tra estinzioni e livello del mare”, dice Arnold Miller, paleobiologo dell’università di Cincinnati. “Lo studio di Peters potrebbe portare molti paleontologi a cambiare idea al proposito”.

Nel corso di milioni di anni, il livello degli oceani è aumentato e diminuito come conseguenza di eventi tettonici e di cambiamenti climatici. Ci sono stati periodi nella storia del pianeta durante i quali vaste aree continentali erano coperte dal mare, come avvenne ad esempio al Nord America durante il Cretaceo. Con il ritirarsi delle acque, questi bacini si seccarono, portando all’estinzione i loro abitanti; anche gli ambienti di piattaforma, nei quali la biodiversità è massima sotto forma di molluschi e crostacei, si modificarono profondamente.

Peters ha lavorato su due tipologie di ambienti marini di piattaforma: quelli nei quali i sedimenti derivano dall’erosione delle terre emerse e quelli composti da carbonato di calcio, prodotto in loco da organismi dotati di guscio. Le differenze fisiche tra questi due tipi di ambiente hanno conseguenze biologiche molto importanti, in termini di stabilità del sedimento, temperatura, disponibilità di nutrienti e luce solare.

Lo studio di Peters, comunque, non esclude l’influenza sulle estinzioni di eventi geologici come eruzioni vulcaniche e asteroidi killer o di eventi biologici come epidemie e competizione tra specie. Quello che effettivamente fornisce è uno strumento potente che possa collegare tra di loro tutti gli eventi di estinzione nella storia della Terra, che gli scienziati tendono sempre a considerare separatamente.

Gabriele Ferrari

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons