Una conchiglia è per sempre

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Fino a qualche decennio fa si riteneva piuttosto diffusamente che l’utilizzo di monili e in generale la creazione di forme d’arte fosse una capacità comparsa relativamente tardi nella nostra specie, circa 40.000 anni fa all’epoca in cui questa si era già diffusa in Europa, e che quindi l’Homo sapiens, seppur anatomicamente moderno da svariate decine di millenni, potesse aver sviluppato […]

Fino a qualche decennio fa si riteneva piuttosto diffusamente che l’utilizzo di monili e in generale la creazione di forme d’arte fosse una capacità comparsa relativamente tardi nella nostra specie, circa 40.000 anni fa all’epoca in cui questa si era già diffusa in Europa, e che quindi l’Homo sapiens, seppur anatomicamente moderno da svariate decine di millenni, potesse aver sviluppato il comportamento simbolico solo in un epoca molto successiva alla sua comparsa sul pianeta. Negli ultimi anni questa teoria è stata insidiata a più riprese da svariati ritrovamenti che hanno continuamente retrodatato questa capacità, portata addirittura a 82.000 anni fa nel 2007 quando la grotta dei piccioni di Taforalt, nel Marocco orientale, ha restituito una serie di conchiglie forate presumibilmente utilizzate per inanellare collane ornamentali: lo stesso sito, come riportato nel recente articolo pubblicato dal Journal of Quaternary Science Review, ci ha svelato ora una nuova parte di questa avvincente storia.

Il gruppo di ricercatori guidati da Nick Barton dell’uniersità di Oxford e Abdeljalil Bouzouggar dell’Institute National des Sciences de l’Archeologie et du Patrimoine del Marocco ha difatti ritrovato delle conchiglie forate ancora più antiche, databili addirittura a 110.000 anni fa. Nell’articolo si fa menzione inoltre di almeno altri quattro siti nella stessa area, il che, unitamente all’importante cimitero presente negli strati più recenti (databile a circa 12.500 anni fa) rivela come la zona debba essere stata utilizzata da diversi gruppi di uomini in epoche diverse.

Il quadro che esce rafforzato da questa ulteriore scoperta, quindi, vede il pensiero simbolico e la facoltà di creare oggetti artistici o rituali come già presenti in un’epoca molto arcaica nell’uomo anatomicamente moderno. Se si considerano poi tutti i ritrovamenti di questo tipo degli ultimi anni, datati a 72.000 anni fa per il sito di Blombos in Sudafrica e di datazione incerta (inizialmente stimata a 100.000 anni fa ma poi messa in dubbio) a Es-Skuhl in Israele, l’ipotesi che si fa strada è che la manifattura dell’ornamento a collana si sia sviluppata indipendentemente in svariati punti del continente africano.

Seguendo questa linea interpretativa, gli esemplari della nostra specie sarebbero stati in grado già in epoche molto antiche non solo di padroneggiare il pensiero simbolico ma anche di elaborare e tramandare complesse culture riguardanti non solo tecniche legate strettamente alla sopravvivenza, ma anche forme d’arte e presumibilmente di ritualità. In buona sostanza, quello che questi nuovi ritrovamenti sembrano confermarci è che la nostra specie potrebbe essere così com’è, per quanto riguarda la complessità psicologica o perlomeno alcuni aspetti di essa, da molto più tempo di quanto si credesse prima.

Marco Michelutto

Riferimenti:
R.N.E. Barton, A. Bouzouggar, S.N. Collcutt, J.-L. Schwenninger, L. Clark-Balzan. OSL dating of the Aterian levels at Dar es-Soltan I (Rabat, Morocco) and implications for the dispersal of modern Homo sapiens. Journal of Quaternary Science Reviews. doi:10.1016/j.quascirev.2009.03.010