Una nuova vita per il DNA estinto
Ad aver compiuto il grande passo è stato un gruppo di ricercatori, guidato da Andrew J. Pask della University of Texas, i quali, partendo dalle tecniche già messe a punto per l’isolamento ed il trattamento del DNA antico, si sono spinti oltre, dando origine a degli embrioni di topo esprimenti un enhancer isolato da un organismo estinto da un centinaio […]
Ad aver compiuto il grande passo è stato un gruppo di ricercatori, guidato da Andrew J. Pask della University of Texas, i quali, partendo dalle tecniche già messe a punto per l’isolamento ed il trattamento del DNA antico, si sono spinti oltre, dando origine a degli embrioni di topo esprimenti un enhancer isolato da un organismo estinto da un centinaio di anni: la Tigre della Tasmania o Tilacino (Thylacinus cynocephalus). A causa della caccia agli inizi del ‘900, questo marsupiale è uno degli esempi più classicamente citati di evoluzione convergente, per via della sua morfologia quasi indistinguibile da quella dei canidi, ad eccezione del caratteristico marsupio.
Gli studi sul DNA di organismi estinti si erano finora limitati all’isolamento ed al sequenziamento di geni soprattutto mitocondriali, nell’ambito di studi filogenetici; più recentemente l’attenzione è stata spostata sul DNA genomico e sono stati effettuati studi su geni codificanti per proteine, clonati e trasfettati in linee cellulari. Questo ha permesso di testare la funzione di alcune proteine in vitro, ma ha lasciato una questione ancora non risolta: è ormai noto, infatti, che la grande variabilità esistente fra gli organismi viventi non è spiegabile soltanto con le mutazioni che coinvolgono le regioni codificanti del DNA, ma è dovuta anche a quegli elementi regolatori non codificanti le cui variazioni determinano cambiamenti nell’espressione spaziale, temporale e quantitativa dei geni.
Lo studio presentato dagli autori si concentra sull’enhancer del gene Col2a1, ben caratterizzato, conservato nei mammiferi ed espresso selettivamente nei condrociti (le cellule funzionali del tessuto cartilagineo). Il frammento d’interesse è stato isolato dal DNA prelevato da un Tilacino adulto imbalsamato e da tre feti conservati in alcool presso il Museo Victoria di Melbourne, amplificato tramite PCR (Polymerase Chain Reaction) e sottoposto ad analisi di sequenza e filogenetiche, sia per confermarne l’origine e la mancanza di contaminazione sia per evidenziare le differenze di sequenza rispetto a specie viventi, scelte tra i marsupiali e i mammiferi. Il frammento è stato clonato ed inserito in un costrutto contenente il gene lacZ sotto il controllo del promotore per il gene umano della beta-globina; il costrutto è stato quindi microiniettato in zigoti di topo.
Le analisi condotte sugli embrioni, mostrano che l’espressione dell’enhancer di Tilacino segue lo stesso pattern del suo ortologo murino; questo conferma che l’enhancer ha un ruolo conservato nello sviluppo della cartilagine e che il DNA isolato dal Tilacino è in grado di indurre l’espressione del gene marcatore nei condrociti dell’embrione di topo, nonostante i circa 148 milioni di anni di evoluzione divergente fra le due specie.
Questo nuovo studio apre la strada ad una vasta gamma di sperimentazioni, che permetteranno di studiare quali differenze, presenti negli elementi regolatori del genoma, possano aver portato a variazioni significative nel corso dell’evoluzione. Certo i risultati ottenuti con questo tipo di approccio sono comunque da interpretare con cautela, in quanto l’espressione di un gene non dipende solamente dalla sequenza degli elementi regolatori presenti ma anche dalla loro compatibilità con i vari fattori di trascrizione.
Silvia Demergazzi
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons