Unidentified Fossil Organisms

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Da secoli l’uomo cerca risposte ad interrogativi profondi: Chi siamo? Da dove veniamo? Da dove vengono le mante giganti? Siamo soli nell’Universo? Dove andremo? Ecc.. Ovviamente ognuno di voi, fin dalla tenera età, avrà indagato su tali questioni. Compito certamente non facile, eppure qualche idea uno se la può fare. Uno di questi oscuri misteri però rimaneva ad attendere di […]

Da secoli l’uomo cerca risposte ad interrogativi profondi: Chi siamo? Da dove veniamo? Da dove vengono le mante giganti? Siamo soli nell’Universo? Dove andremo? Ecc.. Ovviamente ognuno di voi, fin dalla tenera età, avrà indagato su tali questioni. Compito certamente non facile, eppure qualche idea uno se la può fare. Uno di questi oscuri misteri però rimaneva ad attendere di essere svelato. Un mistero che un nuovo studio, pubblicato su Science, prova a rischiarare.

Chi siamo e da dove veniamo? In Italia, al compimento del quindicesimo anno di età, esiste già un apposito documento atto a rispondere a tali domande, quindi perché spendere altro tempo in chiacchere?! Se siamo soli nell’Universo? Non siate ridicoli: persino i bambini sanno che Mr Spielberg ha ormai da decenni documentato nello spazio l’esistenza di numerosi esseri tozzi e claudicanti che muovono febbrilmente ditina luminose alla disperata ricerca di un telefono.

Del futuro è  inutile parlare. Rimane quindi solo: “Da dove vengono le mante giganti?”. Ok, lo so, sono stato ingiusto: anche gli squali elefante e le balene fanonate reclamano certezze, ma ho sempre avuto un debole per quegli aquiloni sottomarini! Dicevamo… Da tempo si registrava uno strano dato: gli odierni animali giganti che si cibano di plancton – come quelli precedentemente citati – includono i più grandi vertebrati viventi, eppure esseri di questo tipo mancavano da record fossili che coprono centinaia di milioni di anni. Loro malgrado quindi, gli scienziati si erano abituati a pensare che i mari, durante l’era dei dinosauri, fossero liberi da grandi animali filtranti.

Ora però una nuova ricerca sembra poter cancellare definitivamente questa ricostruzione. Lo studio è stato condotto da un team internazionale formato, tra gli altri, da scienziati provenienti dall’Università di Oxford (UK) e dall’Università del Kansas (USA). Basandosi su una serie di fossili provenienti da Asia, Europa e Stati Uniti, gli studiosi hanno potuto descrivere una discendenza di pesci ossei giganti che ha coperto il ruolo ecologico di aspira-plancton nei mari preistorici dei periodi Giurassico e Cretaceo.

Ma perché questi pescioni, che hanno sguazzato liberi e felici per più di 100 milioni di anni, non si erano mai fatti vivi? E parliamo di bestioline lunghe una decina di metri, non capocchie di spillo! Perché sono stati spazzati via dallo stesso evento che ha decretato l’estinzione dei dinosauri, potreste rispondermi. E, devo ammettere, avreste ragione. Perché però non si era mai trovato neanche un fossile? Uno degli autori del report, il dottor Matt Friedman del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Oxford, spiega che una delle ragioni per cui questi animali sono stati ignorati o non identificati dagli studiosi sta nella loro anatomia: durante la loro storia evolutiva, infatti, questi pesci hanno ridotto la quantità di ossa nei loro scheletri, probabilmente per risparmiare peso. Alla loro morte, quindi, molte delle loro parti dure si sono facilmente disperse. Le uniche parti che abitualmente venivano ritrovate nel record fossile erano le loro – ben sviluppate – pinne anteriori. I pesciotti quindi, a furia di fare dieta, hanno finito con l’acquisire la ben poco utile capacità di mimetizzarsi… da morti. Insomma, l’incubo di ogni paleontologo.

Con questi pochi indizi da seguire, gli scienziati avevano in un primo momento dedotto che il possessore di tali pinne somigliasse ad un moderno pesce spada. Finchè  un bel giorno, una tranquilla famigliola del Kansas fece una scoperta. Chi, in tutta onestà, non ha mai trovato un deposito fossile di pesci lunghi alcuni metri in giardino? Più o meno tutti. Devono averlo pensato anche Mr e Mrs Bonner, visto che lorsignori si sono affrettati a chiamare qualcuno che ne sapesse più di loro. Fu così che alcuni colleghi del Dr Friedman cominciarono a ripulire un fossile che, assieme alle pinne, aveva miracolosamente preservato anche le ossa del cranio. Solo che, invece di trovare una testa con un lungo muso a spada e mandibole ricoperte da zanne da predatore, i paleontologi trovarono lunghe mandibole senza denti a supporto di una bocca aperta e lunghe ossa a forma di canna a formare gli enormi archi branchiali necessari a filtrare enormi quantità di plankton. La creaturina venne chiamata Bonnerichthys, in onore della famiglia scopritrice.

Solo a questo punto il team si è accorto che resti di simili pesci planctivori erano conosciuti in molte rocce, anche più antiche, ma si pensava fossero un esperimento evoluzionistico fallimentare e di breve durata. Guidati dal dottor Frieman i nostri impavidi eroi hanno quindi cominciato ad esaminare le collezioni dei vari musei e a trovare altri esempi di U.F.O. nelle contee inglesi di Dorset e del Kent e addirittura in Giappone. Si è dunque evidenziato che questi esseri prosperarono per milioni di anni e colonizzarono gran parte del globo (terr)acqueo. Si stima che alcuni di questi pescetti fossero lunghi più di 9 metri, una dimensione simile a quella dei moderni giganti mangia-plankton come lo squalo elefante.

Ecco fatto: ora sappiamo da dove vengono la mante giganti, le balene fanonate e gli squali balena! Ta-dah! In effetti… No. Gli antenati dei moderni grandi animali filtranti non sono infatti Bonnerichthys e dei suoi parenti, ma sono apparsi solo dopo l’estinzione di questi planctivori contemporanei dei dinosauri, evolvendosi fino ad occupare la nicchia ecologica lasciata libera. La grande domanda rimane quindi ancora in attesa di una grande risposta. In compenso ora, sul lungo percorso della Storia, le nostre care mante si sentono meno sole.

Luca Perri


Riferimenti:
Matt Friedman, Kenshu Shimada, Larry D. Martin, Michael J. Everhart, Jeff Liston, Anthony Maltese, Michael Triebold. 100-Million-Year Dynasty of Giant Planktivorous Bony Fishes in the Mesozoic Seas. Science, DOI: 10.1126/science.1184743, 2010.