Uomini e api, un legame preistorico
Analisi svolte su numerosi reperti archeologici hanno mostrato come la stretta associazione che lega l’uomo con l’ape risalga ad almeno 9.000 anni fa
Attualmente le pressioni negative sulle popolazioni di tutto il mondo di api (Apis mellifera) , derivanti soprattutto dai pesticidi moderni, hanno rimarcato l’importanza che questo animale ha nella nostra società, sia da un punto di vista economico che ambientale. Tuttavia, l’associazione che oggi lega l’uomo con questo insetto sembra esistere da quasi 9.000 anni. Alcuni esempi che testimoniano come questo insetto sia stato venerato nei secoli sia per la sua bellezza, ma anche per la sua complessità sociale, si possono ritrovare in molte iconografie egizie e addirittura in numerose pitture rupestri dell’Olocene, in cui si raffiguravano i primi uomini preistorici impegnati nella raccolta del miele, uno dei pochi dolcificanti naturali presenti a quell’epoca. Oltre al miele, si ritiene che gli antichi sfruttassero le api anche per la cera, una particolare sostanza utilizzata come prodotto impermeabile, cosmetico e medicinale.
In un recente studio, pubblicato su Nature, ricercatori della University of Bristol hanno analizzato più di 6.000 vasi di ceramica ritrovati in diversi siti archeologici del Vecchio Mondo. In questi reperti sono stati trovati residui di cera d’ape, in cui si trovano alcuni composti lipidici che permettono di determinare una struttura conservata, che può essere utilizzata come un’impronta digitale chimica per rilevare la sua presenza.
La più antica testimonianza risale al VII millennio a.C. e proviene dall’Anatolia, regione turca in cui sono presenti i reperti di vasellame più antichi dell’Europa e dell’Eurasia. Altri resti archeologici in cui si è riscontrata l’impronta digitale della cera d’ape sono stati trovati nella penisola balcanica, in Europa Centrale e addirittura in Nord Africa, segno inequivocabile che lo sfruttamento delle api era estremamente diffuso nell’antichità. Tuttavia non tutti i siti archeologici analizzati presentavano reperti con tracce di cera d’ape; soprattutto nelle zone del Nord Europa e più precisamente nelle regioni oltre il 57° parallelo nord (Scozia e Scandinavia). Dato che la conservazione dei reperti trovati in queste regioni è molto buona, gli studiosi ritengono che la mancanza di residui di cera d’api stabilisse un limite ecologico delle api. Sembrerebbe infatti che questi insetti non fossero in grado di adattarsi alle condizioni climatiche presenti a queste latitudini.
In conclusione, questi risultati forniscono una prima mappatura biomolecolare che ha lo scopo di determinare la distribuzione paleoecologica dell’ape sia dal punto di vista temprale che spaziale, tracciando lo sfruttamento di questa specie da parte dell’uomo.
Riferimento:
Mélanie Roffet-Salque et al. Widespread exploitation of the honeybee by early Neolithic farmers. Nature, 2015; 527 (7577): 226 DOI: 10.1038/nature15757
Immagine: Wikimedia Commons