Vongole allo zolfo

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Come apprendiamo dalle pagine di Science, grazie ad una ricerca del genetista  Jonathan Eisen della University of California at Davis, e’ stato sequenziato il genoma del simbionte chemiosintetico Candidatus Ruthia magnifica, un batterio che sfrutta l’energia chimica del solfuro di idrogeno per sostenere il proprio metabolismo e quello del proprio ospite, la vongola gigante Calyptogena magnifica. Entrambi vivono intorno ai […]

Come apprendiamo dalle pagine di Science, grazie ad una ricerca del genetista  Jonathan Eisen della University of California at Davis, e’ stato sequenziato il genoma del simbionte chemiosintetico Candidatus Ruthia magnifica, un batterio che sfrutta l’energia chimica del solfuro di idrogeno per sostenere il proprio metabolismo e quello del proprio ospite, la vongola gigante Calyptogena magnifica. Entrambi vivono intorno ai camini idrotermali situati a ridosso delle dorsali oceaniche, avendo adottato una fruttuosa simbiosi intracellulare: Candidatus Ruthia magnifica utilizza un processo arcaico per ricavare energia, antecedente alla fotosintesi clorofilliana oggi operata dagli organismi superiori autotrofi.

E cosi’ come gli attuali organismi fotoautotrofi inglobarono i cloroplasti, oggi semplici organuli delle cellule fotosintetiche ma un tempo organismi unicellulari (cianobatteri) indipendenti, la vongola gigante ha “adottato” un batterio simbiotico per  ricavare i composti del carbonio, attraverso l’energia chimica derivante dall’ossidazione di composti solforati come il solfuro di idrogeno. Il batterio possiede inoltre le sequenze geniche necessarie per provvedere alla fissazione dell’azoto e alla produzione di tutti i venti amminoacidi, vitamine e cofattori necessari al mollusco, rivelando cosi’ una sorprendente versatilita’ metabolica: tutto questo in un genoma di poco piu’ di un milione di basi, che rappresenta comunque il piu’ grande genoma mai individuato per un simbionte intracellulare: si tratterebbe quindi di uno dei primi stadi dell’assimilazione del simbionte, che potrebbe in futuro portare alla sua definitiva trasformazione in vero e proprio organulo. D’altro canto, durante la sua storia evolutiva, l’ospite C. magnifica ha ridotto praticamente a zero il suo sistema digerente, basandosi in tutto e per tutto sul suo simbionte per ottenere i nutrienti necessari al suo sostentamento.

 

Paola Nardi