A metà del secolo scorso Jacob, collaborando con Jacques Monod, realizzò numerosi esperimenti per capire il funzionamento del metabolismo nei batteri. In particolare Jacob e Monod osservarono che in una cellula batterica che disponeva di glucosio come fonte primaria di zuccheri, il livello di espressione dei geni implicati nella degradazione di altri zuccheri era molto basso, ma che si aveva una loro veloce attivazione quando il glucosio veniva sostituito nel terreno di coltura, ad esempio, con il lattosio. In modo analogo si osservava che l’espressione dei geni per la degradazione del lattosio diminuiva immediatamente se il glucosio veniva nuovamente aggiunto al terreno. Questi dati indicavano che i batteri potevano controllare l’espressione dei geni implicati in questi processi in modo molto veloce e tale da avere assicurata la presenza degli enzimi necessari per degradare gli zuccheri presenti.
Jacob e Monod osservarono che i geni che servivano per degradare il lattosio erano espressi in modo coordinato ed erano presenti all’interno di uno stesso segmento di DNA e venivano trascritti assieme a dare quelli che Jacob e Monod chiamarono
operoni e che costituirono un elemento chiave per la comprensione del modo in cui i geni possono essere regolati nei batteri.
Il contributo di Jacob, non si limitò alla sola genetica batterica, poiché proseguendo il lavoro di analisi del funzionamento dei viventi, Jacob osservò che “tutti gli esseri che vivono su questa terra, qualunque sia il loro ambiente, le loro dimensioni, il loro modo di vita, che si tratti di una lumaca, di un gambero, di una mosca o di una giraffa, tutti si rivelano composti di molecole pressoché identiche. […] Oggi emerge dunque un fantastico paradosso: organismi che presentano forme molto diverse sono costruiti dalle stesse batterie di geni. […] Se per la comparsa di ogni nuova specie fosse stata necessaria la formazione di nuovi sistemi di regolazione, non ci sarebbe stato abbastanza tempo per permettere l’evoluzione descritta dalla paleontologia. […] Tutti gli esseri viventi sembrano quindi costituiti dagli stessi moduli distribuiti in modi diversi. Il mondo vivente è una sorta di combinazione di elementi in numero finito e somiglia al prodotto di un gigantesco Meccano, che risulta dall’incessante bricolage dell’evoluzione”.
Da questa idea di Jacob, nacque anche un modo diverso di vedere la comparsa delle innovazioni nel corso dell’evoluzione, che cessano di essere il frutto di un progetto dedicato per divenire il risultato del “riutilizzo” di quanto disponibile. A tale riguardo Jacob, nel suo celebre volume Evoluzione e bricolage, scriveva “Se si vuole giocare con i paragoni, bisogna dire che la selezione naturale opera non come un ingegnere ma come un bricoleur, il quale non sa esattamente che cosa produrrà, ma che recupera tutto quello che trova in giro, le cose più strane e diverse, pezzi di spago o di legno, vecchi cartoni che potrebbero eventualmente fornirgli del materiale: insomma un bricoleur che utilizza tutto ciò che ha sotto mano per farne qualche oggetto utile”.
“Credo di aver raggiunto l’essenza stesse delle cose” disse Jacob alla moglie Lise un giorno di luglio del 1958 all’uscita di un cinema di Parigi e alla luce di quanto noi oggi sappiamo dell’evoluzione non possiamo che concordare. Il contributo di Jacob non si limita però ai soli saggi scientifici, poiché a questo prolifico autore si devono anche libri che hanno influenzato e ispirato il lavoro di una generazione di biologi, tra cui
La logica del vivente e
Il Topo, la mosca e l’uomo, oltre che la sua brillante autobiografia intitolata
La statua interiore. “Noi siamo un temibile miscuglio di acidi nucleici e di ricordi, di desideri e di proteine” scriveva Jacob, che continuava: “Il secolo che sta per concludersi si è molto occupato di acidi nucleici e proteine. Il prossimo si concentrerà su ricordi e desideri. Saprà risolvere tali questioni?”. Non mi risulta che Jacob abbia mai espresso la propria opinione sul progetto BRAIN (
Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies) che il presidente Obama sta lanciando negli USA tra numerose critiche, ma sono certo che in questo progetto Jacob avrebbe cercato le basi di ricordi e desideri senza temere le nuove conoscenze acquisite.
“Non si può fermare la ricerca della conoscenza” ha in più occasioni ribadito Jacob, perché “essa non può essere dissociata dalla specie umana. Che l’essere umano cerchi di comprendere la natura fa parte della natura umana. Come ho già detto, non si può prevedere in quale direzione andrà una ricerca iniziata, né quello che essa porterà. Non si può perseguire quella che potrebbe diventare una buona scienza e fermare quella che potrebbe essere considerata cattiva. Come non si può arrestare la ricerca, così non se ne può salvare solo una parte. In ogni caso non c’è nulla da temere dalla verità, sia che essa venga dalla genetica o da qualsiasi altra parte.”
Mauro MandrioliBiologo e genetista all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove studia le basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento alla citogenetica e alla simbiosi. Insegna genetica generale, molecolare e microbica nei corsi di laurea in biologia e biotecnologie. Ha pubblicato più di centosessanta articoli su riviste nazionali internazionali e tenuto numerose conferenze nelle scuole. Nel 2020 ha pubblicato per Zanichelli il libro Nove miliardi a tavola- Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0. Coordina il progetto More Books dedicato alla pubblicazione di articoli e libri relativi alla teoria dell’evoluzione tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia.
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