Neanderthal assorbiti (nel genoma umano)
Tracciata la storia genetica dei ripetuti incroci tra uomini moderni e Neanderthal: ibridazione che ha condizionato l’evoluzione delle due specie e l’attuale genoma umano
Una serie di studi genetici condotti sui resti di uomini di Neanderthal rinvenuti in varie parti dell’Eurasia hanno dimostrato che questa specie umana non è mai stata molto numerosa. La prova di questa scarsità è l’estrema povertà di variabilità genetiche fra individui vissuti in aree geografiche distanti, segno di ripetuti incroci tra individui imparentati tra loro. Secondo vari studi, questa situazione avrebbe comportato la conservazione di geni sfavorevoli che avrebbero portato la popolazione Neanderthal a una capacità di generare figli in grado di riprodursi a loro volta, almeno del 40% inferiore rispetto a quella degli esseri umani anatomicamente moderni che vivevano in Africa nello stesso periodo. Infatti quando una popolazione è scarsa anche gli individui portatori di geni sfavorevoli possono arrivare a riprodursi per mancanza di concorrenza.
Una grande famiglia
Tra 100.000 e 80.000 un primo sparuto gruppo di umani moderni sarebbe uscito dall’Africa incontrando gruppi di Neanderthal che vivevano nell’attuale medio oriente. In quella circostanza i Neanderthal prevalsero cancellando presto le tracce dei primi Homo sapiens fuori dall’Africa. Ma dal punto di vista biologico l’episodio è stato tutt’altro che insignificante, dal momento che solo l’iniezione di variabilità genetica di origine africana avrebbe permesso in quell’occasione ai Neanderthal di sopravvivere all’estinzione. 40.000 anni invece fa furono i primi umani anatomicamente moderni a occupare l’Eurasia causando, nel giro di pochi millenni la completa scomparsa dei Neanderthal. I dettagli di quell’incontro-scontro non sono del tutto chiari, salvo la dimostrazione tramite analisi molecolari che materiale genetico neanderthaliano è presente in una percentuale del 3-5% negli umani moderni non-africani. Kelley Harris e Rasmus Nielsen, delle università di Stanford e California (USA) hanno condotto una complessa simulazione matematica per ricostruire il più probabile scenario dell’incontro delle due specie a partire dai dati genetici e paleontologici attualmente disponibili, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Genetics. Secondo i dati ottenuti i primi uomini moderni arrivati in Eurasia sarebbero stati molto più numerosi dei Neanderthal residenti, in una proporzione di almeno 9 a 1. Ma i rapporti non sarebbero stati ostili: infatti, i due gruppi si sarebbero infatti mescolati in un’unica popolazione dove gli accoppiamenti avvenivano in modo più o meno casuale e senza distinzioni. Il risultato sarebbe stato un primo nucleo di Eurasiatici con un 90% di DNA africano e un 10% di DNA Neanderthal.
Deserti e costi
Al di fuori dell’Africa l’attuale popolazione umana non possiede però più del 3% di DNA di origine Neanderthaliana. Dove è finito dunque il 7% rimanente? Si è notato che il DNA derivato dai Neanderthal non è distribuito in modo uniforme nel genoma umano moderno. Esistono infatti aree che ne sono totalmente prive dette deserti. La maggior parte degli studiosi ha quindi concluso che la quota mancante di DNA sia stata eliminata per selezione naturale, probabilmente per preservare geni vantaggiosi contenuti nei deserti dalle corrispondenti varianti neanderthaliane (svantaggiose in quanto frutto di millenni di evoluzione in popolazioni poco numerose). Secondo i dati presentati dagli autori della ricerca, la maggior parte di tale ‘scrematura genetica’ sarebbe inoltre avvenuta nelle prime generazioni successive all’incontro dei due gruppi umani, che sarebbero state scarsamente fertili. Il DNA non moderno rimasto sarebbe stato conservato perché forniva caratteristiche utili ad adattarsi al clima, agli alimenti e ai patogeni del nuovo ambiente europeo, in cui i Neanderthal vivevano da molto prima degli umani anatomicamente moderni. Ma anche questo ‘regalo’ ha avuto il suo costo in termini genetici. I non africani, nell’attuale popolazione umana, avrebbero infatti, secondo gli autori, una fitness inferiore a quella degli africani di circa l’1%. Questa minore capacità riproduttiva deriverebbe proprio dal materiale genetico Neanderthal.
Conservazione
Al di la dei problemi causati agli umani di oggi (Pikaia ne ha parlato, ad esempio, qui e qui), i risultati della ricerca costituiscono un avvertimento per eventuali tentativi di conservazione delle specie a rischio di cui si pensa di arricchire il patrimonio genetico della specie minacciata tramite incroci con una specie affine. Questi interventi di conservazione, se mai saranno messi in atto, dovranno sempre assicurarsi che il flusso di geni vada solo dalla popolazione numerosa a quella con pochi individui, e mai viceversa, per evitare di mettere a rischio due specie invece che una soltanto.
Riferimenti:
Harris K, Nielsen R. The Genetic Cost of Neanderthal Introgression. Genetics. 2016; 203(2):881-91