Neanderthal: un’eredità importante

Subito dopo la scoperta che i geni ereditati dai Neanderthal influenzano le reazioni allergiche nell’uomo moderno, un’altra ricerca mette questa eredità in relazione alla predisposizione ad alcune malattie. Ma l’impressione che questi nostri cugini ci abbiano lasciato solo problemi deriva probabilmente dal fatto che gli studi sulla relazione geni-malattia sono più numerosi di quelli su caratteristiche innocue o positive

Poveri Neanderthal. Nemmeno il tempo di far seccare l’inchiostro delle ricerche che provavano che questi ominidi hanno contribuito al genoma dei moderni esseri umani di origine europea (Pikaia ne ha parlato qui e qui), che già ne usciva una nuova serie che li accusava di tutta una serie di malattie e problemi che affliggono i moderni caucasici. In una prima ricerca, di cui abbiamo discusso poco tempo fa (Pikaia ne ha parlato qui), si mettevano in relazione tratti di DNA neanderthaliani con la predisposizione alle allergie. Ora Corinne N. Simonti, della Vanderbilt University, insieme ai colleghi di altre università statunitensi, con un lavoro pubblicato su Science ha trovato una serie di relazioni statistiche significative fra i geni di probabile origine Neanderthal che ancora ci portiamo dentro e una serie di comuni patologie.

L’esame delle fonti di dati esaminate per poter svolgere la ricerca ci svela però presto che l’impressione dei nostri cugini Neanderthal come fonte esclusiva di iatture su noi esseri umani moderni ha ragioni precise: non potendo effettuare in proprio complicate e costose analisi genetiche gli autori si sono dovuti accontentare dei risultati di lavori svolti in precedenza da altri. Per ovvi motivi, la maggior parte delle ricerche che hanno cercato di collegare il genoma al fenotipo negli esseri umani hanno avuto per oggetto disturbi e patologie. Gli autori della ricerca hanno utilizzato la statistica e le capacità di calcolo avanzate che anche un comune computer permette ormai a molti: il confronto con gli antichi genomi ha permesso di individuare le sequenze di DNA (aplotipi) di più probabile derivazione Neanderthal nei moderni malati; mentre la presenza o l’assenza di singoli caratteri fisici, la dove si presentavano spesso insieme, è stata raggruppata per ottenere dei fenotipi caratteristici.

Come primo risultato i ricercatori hanno dimostrato una forte probabilità di incontrare nello stesso individuo una grande quantità di tratti genetici neanderthaliani e la predisposizione a depressione e cheratosi solare. Per quanto estremamente differenti tra loro, queste due patologie sono strettamente legate all’esposizione alla luce solare. Gli autori della ricerca hanno quindi ipotizzato che i geni Neanderthal abbiano in qualche modo favorito gli individui portatori nell’adattarsi al ciclo luce-buio proprio delle latitudini temperate. Del resto i Neanderthal si erano evoluti in Eurasia e probabilmente erano meglio adattati all’illuminazione locale rispetto ai H. sapiens africani. Se questa ipotesi è corretta le malattie che derivano dai geni neanderthaliani sono lo scotto pagato dagli uomini moderni al vantaggio acquisito con gli incroci con specie autoctone dei climi temperati; ma sono necessarie ulteriori ricerche per una conferma.

Stringendo il campo di ricerca a tratti più limitati di DNA rispetto all’intero genoma, se possibile arrivando a livello di singoli geni regolatori per fenotipi conosciuti, Simonti e colleghi hanno scoperto forti probabilità di correlazione fra geni con polimorfismi di probabile origine neanderthaliana e varie caratteristiche fisiche. Queste caratteristiche comprendono una ipercoagulabilità del sangue, negli umani moderni legata a maggiore probabilità di problemi vascolari, ma utile nei nelle popolazioni arcaiche della nostra specie nelle quali poteva potenziare la risposta immunitaria. Il metabolismo dei carboidrati, tratto che oggi può favorire malnutrizione, ma ha forse aiutato i primi H. sapiens ad adattarsi alla nuova dieta europea; l’incontinenza di origine nervosa e la propensione a sviluppare dipendenza dal tabacco, quest’ultima legata a un trasportatore neuronale per il neurotrasmettitore GABA. Per gli ultimi due caratteri non si vede quali possano essere stati i vantaggi evolutivi, ma non è nemmeno possibile escluderli. Fino a quando dei nostri geni ci interesseranno solo le implicazioni mediche il punto di vista resterà limitato.

Riferimenti:
Simonti CN, Vernot B, Bastarache L, Bottinger E, Carrell DS, Chisholm RL, Crosslin DR, Hebbring SJ, Jarvik GP, Kullo IJ, Li R, Pathak J, Ritchie MD, Roden DM, Verma SS, Tromp G, Prato JD, Bush WS, Akey JM, Denny JC, Capra JA. The phenotypic legacy of admixture between modern humans and Neandertals.  Science. 2016 Feb 12;351(6274):737-41. doi: 10.1126/science.aad2149. 

Immagine: By Tim Evanson [CC BY-SA 2.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons