1871- 2021: I 150 anni de “L’origine dell’uomo”
Ne “L’origine dell’uomo”, Darwin estese all’evoluzione umana la cornice teorica che appena dodici anni prima, nel 1859, aveva applicato allo studio dei viventi
‘Nel corso di molti anni, ho raccolto appunti sull’origine o evoluzione [descent] dell’uomo, senza alcuna intenzione di pubblicare nulla […] dal momento che ritenevo che in tal modo i pregiudizi verso le mie posizioni si sarebbero accresciuti (Darwin 1871: 5)’.
Così Charles Darwin scriveva in The Descent of Man and Selection in Relation to Sex (L’origine dell’uomo; 1871).
Durante il decennio che precede la pubblicazione del Descent, in Inghilterra il dibattito sull’evoluzione umana è limitato ad alcuni, sporadici, interventi (cfr Parravicini 2009: 144-154). Il 1860 è l’anno del celebre confronto fra il vescovo di Oxford Samuel Wilberforce e l’amico e collega di Darwin, Thomas Henry Huxley. Quello di Oxford è un dibattito che aveva visto il nascente darwinismo scontrarsi apertamente con il creazionismo, su temi quali la relazione dell’uomo con le scimmie antropomorfe; tuttavia, poche furono le pubblicazioni al riguardo. Circoscritte alla prima metà del decennio, vale la pena ricordare il breve saggio di Huxley, Evidence as to man’s place in nature (1863) e On the antiquity of Man di Charles Lyell, dello stesso anno. Se da un lato Huxley aveva applicato esplicitamente i princìpi dell’evoluzione darwiniana all’uomo, descrivendone l’evoluzione e studiandone l’affinità con i recenti fossili di Homo neanderthalensis, Lyell aveva cautamente lasciato spazio all’intervento divino nella discussione dell’evoluzione umana, come avrebbe fatto più tardi il naturalista Alfred Russel Wallace (1869).
È in tale contesto che il 24 febbraio 1871 venne pubblicato il Descent (L’origine dell’uomo e la selezione sessuale) di Darwin. Dopo anni di silenzio, il naturalista inglese si convinse ad esporre pubblicamente la sua teoria sulla storia dell’uomo, esplicitamente connessa a quella degli altri animali. Il testo, originariamente edito in due volumi, discute una grande varietà di argomenti: dall’evoluzione biologica, culturale e morale dell’uomo, a sostegno della quale porta molteplici evidenze, alla più ampia digressione sul ruolo della selezione sessuale fra gli altri animali e all’interno delle stesse società umane. Nel Descent, come in altre opere di Darwin, emergono molte delle caratteristiche che si riscontrano in altre opere: una paziente esposizione delle numerosissime osservazioni empiriche, formulazioni teoriche originali ed una vigile attenzione allo sviluppo della scienza a lui contemporanea.
Vediamo brevemente di cosa parla l’opera.
Il trattato si apre con una discussione sulle strutture anatomiche dell’uomo. In riferimento alla relazione filogenetica dell’uomo con gli altri animali, avendo subito notato la somiglianza fra l’uomo e le scimmie antropomorfe (cap I: 14), Darwin scrive: ‘… a me sembra, nella maniera più chiara, che l’uomo provenga da qualche forma inferiore’ e nota che la presenza di organi vestigiali nella nostra specie, inspiegabile attraverso l’ipotesi di creazioni indipendenti, risulti comprensibile alla luce di una discendenza comune di Homo sapiens e altri mammiferi da un antico progenitore, evidenziando inoltre come le facoltà mentali dell’uomo differiscano da quelle di altri animali in grado e non nel genere, sottolineando così la continuità fra la nostra specie e le altre forme viventi [cap. VI: 185-186]. Proprio all’analisi della mente e della morale Darwin dedicherà il II, III e V capitolo dell’opera. In queste sezioni, rifiutando l’ipotesi dell’innatismo della credenza in Dio, fino ad allora dominante, e al contempo allineandosi su posizioni teiste (almeno pubblicamente), Darwin afferma che ‘ogni animale, dotato di istinti sociali ben sviluppati, inevitabilmente acquisirebbe un senso morale o coscienza… (cap III: 71)’. Darwin ipotizza poi, nel capitolo successivo, come l’evoluzione delle facoltà morali sarebbe potuta risultare interamente da processi naturali. La prima parte dell’opera, dunque, è una vera e propria digressione sulla biologia, l’anatomia e l’embriologia comparata, la psicologia e l’antropologia; tale digressione si inserisce in una cornice più ampia, sviluppata nella seconda parte, in cui la specie umana viene studiata parallelamente agli altri taxa animali (agli Insetti, Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi è dedicata più di metà dell’opera).
È proprio in questa seconda parte che il padre della teoria dell’evoluzione per selezione naturale sviluppa la teoria della selezione sessuale, che avrebbe spiegato l’origine e l’evoluzione dei cosiddetti caratteri sessuali secondari, concetto attribuibile allo stesso Darwin. Si tratta di quei caratteri che differiscono tra maschi e femmine della stessa specie (caratteri sessualmente dimorfici), che sono direttamente implicati nella capacità degli individui di un sesso, generalmente i maschi, di ottenere un maggior successo riproduttivo attraverso la monopolizzazione o l’attrazione degli individui dell’altro sesso. Tra questi troviamo i cosiddetti ornamenti, quei caratteri appariscenti e vistosi, come la coda del pavone, che sembrerebbero controselezionati dalla selezione naturale, in quanto sono estremamente costosi (ad esempio, esponendo gli individui che li possiedono ai predatori), ma che al contempo garantiscono maggiori chance riproduttive ai possessori.
Applicando la discussione alle società umane, Darwin nota come in diverse popolazioni i canoni di bellezza, moralità e qualità intellettuali varino considerevolmente, e come un’interazione costante fra evoluzione culturale e selezione sessuale abbia dato origine alla diversità di usi e costumi osservabili oggi in più parti del mondo (Endersby 2009). Quella riguardante l’azione della selezione sessuale, fu un’altra importante intuizione di Darwin, tutt’oggi valida (Pikaia ne ha parlato qui).
A prima vista si potrebbe definire il Descent un trattato di biologia evoluzionistica, ed è senza dubbio tale. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che l’impresa intellettuale di Darwin ebbe conseguenze più profonde e, come L’origine del 1859, il Descent trasformò irreversibilmente la percezione del posto dell’uomo nella natura. Dalla biologia alla filosofia, passando per la religione e la politica, le idee del naturalista inglese contribuirono a minare un radicato antropocentrismo imperante da secoli. Sradicando le convinzioni più care alle nostra specie, interpretare la storia dell’uomo in chiave evoluzionistica è un’importante scoperta, sia dal punto di vista scientifico che da quello filosofico. Infatti, comprendere che la nostra specie è comparsa recentemente sulla Terra ed è il risultato di processi in gran parte contingenti, chiama ognuno di noi ad un ruolo di grande responsabilità e rispetto verso i nostri conspecifici, gli altri organismi, e gli ecosistemi.
Riferimenti:
Darwin, C. (1871[2009], The descent of man and selection in relation to sex, 2 voll., CUP, pp. 898
Endersby, J. (2009), Darwin on generation, pangenesis and sexual selection, in Hodge, J e Radick, G., The Cambridge Companion to Darwin (2nd ed.), CUP, pp. 73-95
Huxley, T.H. (1863[2009], Evidence as to man’s place in nature, CUP, pp. 159
Parravicini, A. (2009), La mente di Darwin: filosofia ed evoluzione, Negretto Editore, pp. 317
Wallace, A.R. (1869), Sir Charles Lyell on geological climates and the origin of species, Quarterly Review, 126 (252), p. 359-394
Immagine: Dominio pubblico, via Wikimedia Commons
Consegue la laurea triennale in Antropologia evoluzionistica presso l’Università di Liverpool (2020) e magistrale in Filosofia della biologia e delle scienze cognitive presso l’Università di Bristol (2021). Interessato alla storia delle idee, con particolare riferimento a Darwin, si avvicina alla storia della filosofia, su tutte quella medievale e moderna