L’origine del cranio (e del guscio) delle tartarughe
I progenitori delle tartarughe erano rettili diapsidi, come tutti gli attuali rettili (escluse le tartarughe)
Poco più di due anni fa, pubblicammo questa notizia (a sua volta tratta da Oggiscienza), in cui si descriveva un ritrovamento fossile fondamentale per la ricostruzione della storia evolutiva delle tartarughe.
Tuttavia, l’idea che Eunotosaurus africanus fosse realmente un antenato delle tartarughe era stata messa fortemente in dubbio. Infatti, l’assenza di guscio aveva fatto pensare ad alcuni paleontologi che le sue caratteristiche anatomiche fossero il frutto di convergenza evolutiva. Insomma, esisteva ancora molta incertezza sul fatto che questa specie fosse o meno un reale antenato delle tartarughe.
In questo contesto, si inserisce un importante nuovo studio, pubblicato sull’ultimo numero di Nature, in cui viene mostrato che non solo il torace presenta caratteristiche in comune con le tartarughe, ma anche il cranio, analizzato con avanzate procedure di tomografia computerizzata. Un’approfondita analisi filogenetica colloca infatti Eunotosaurus africanus come una specie cruciale di transizione nell’evoluzione di questi rettili.
Inoltre, con estrema sorpresa dei ricercatori, per le sue caratteristiche del cranio questa specie non sarebbe un rettile anapside, la sottoclasse che ad oggi conta solo le tartarughe, bensì un diapside, quella in cui si collocano coccodrilli, lucertole, serpenti e tatuara, ma anche gli estinti dinosauri, plesiosauri, pterosauri e ittiosauri. La specie presenta infatti le due aperture sul cranio tipiche dei diapsidi. La distinzione tra anapsidi e sinapsidi fatta in questo modo portava con sé l’implicazione che le tartarughe fossero un braccio residuo di un antico gruppo di rettili non così strettamente imparentato con gli altri gruppi attuali. La scoperta attuale mostra invece che i più antichi antenati delle tartarughe erano rettili diapsidi a tutti gli effetti, e solo successivamente hanno evoluto un cranio anapside.
Da ora in poi questa specie non sarà solo ricordata come una delle progenitrici delle tartarughe, ma anche come quella forse che riscriverà i criteri sistematici e il modo di leggere l’albero della vita dei rettili in generale.
Riferimenti:
G. S. Bever, Tyler R. Lyson, Daniel J. Field, Bhart-Anjan S. Bhullar. Evolutionary origin of the turtle skull. Nature, 2015; DOI: 10.1038/nature14900
Credit: Gaberiel Bever
Tartarughe e testuggini (Ordine Testudines) sono tra i rettili di origine più antica ancora esistenti e oggi se ne contano oltre 200 specie suddivise in 74 generi. A parte rarissime eccezioni, tutte le specie sono accomunate dal possesso di un guscio, uno scudo protettivo composto da due parti, una nella regione dorsale del corpo, il carapace, e un’altra appiattita in quella ventrale, chiamata piastrone. Queste strutture sono poi tenute insieme da un ponte osseo e ricoperte da placche cornee chiamate scuti.
L’origine di una così complessa struttura anatomica, frutto di decine di milioni di anni di evoluzione, è da sempre stato un rebus per i biologi evoluzionisti di tutto il mondo perché coinvolge una serie di importanti ossa del corpo, quali costole, vertebre toraciche, clavicole e interclavicole, che si sono lentamente modificate nel corso del tempo. Fino al decennio scorso, i resti fossili più antichi degli antenati delle odierne tartarughe risalivano a circa 210 milioni di anni fa e appartenevano a Proganochelys quenstedti, una specie che presentava una spessa corazza, sia dorsale che ventrale, a protezione degli organi interni. Un fossile dunque importante ma poco informativo sulle traiettorie evolutive intraprese dal guscio di questi rettili.
Solo nel 2008, con la scoperta di Odontochelys semitestacea, di alcuni milioni di anni più antica, si è andato oltre nella nostra conoscenza sull’origine di questa novità evolutiva: tale specie, infatti, presenta un piastrone completo e solo un abbozzo del carapace dorsale. I ricercatori erano però consapevoli che questa non potesse essere la “prima tartaruga” e che il record fossile fosse ancora piuttosto incompleto.Dalle pagine della rivista Current Biology, viene ora descritto un altro fossile, che rappresenta un ulteriore passo indietro nella storia evolutiva di questo gruppo di vertebrati: si tratta di Eunotosaurus africanus, una specie vissuta 260 milioni di anni fa nell’odierno Sudafrica.
Questo organismo non possiede né carapace né piastrone, ma presenta alcune caratteristiche che sarebbero diventate fondamentali nel corso dell’evoluzione delle tartarughe, tra cui l’allargamento delle costole, l’assenza dei muscoli intercostali e la riorganizzazione dell’apparato respiratorio nella regione ventrale.Tali caratteristiche, concludono i ricercatori, sono in linea con quanto atteso sulla base di un modello di evoluzione graduale di questa struttura e riconciliano le informazioni ricavate dal record fossile con quelle ottenute da analisi molecolari, da cui emergeva un inizio della trasformazione della struttura corporea proprio nel Permiano Medio.
Tuttavia, l’idea che Eunotosaurus africanus fosse realmente un antenato delle tartarughe era stata messa fortemente in dubbio. Infatti, l’assenza di guscio aveva fatto pensare ad alcuni paleontologi che le sue caratteristiche anatomiche fossero il frutto di convergenza evolutiva. Insomma, esisteva ancora molta incertezza sul fatto che questa specie fosse o meno un reale antenato delle tartarughe.
In questo contesto, si inserisce un importante nuovo studio, pubblicato sull’ultimo numero di Nature, in cui viene mostrato che non solo il torace presenta caratteristiche in comune con le tartarughe, ma anche il cranio, analizzato con avanzate procedure di tomografia computerizzata. Un’approfondita analisi filogenetica colloca infatti Eunotosaurus africanus come una specie cruciale di transizione nell’evoluzione di questi rettili.
Inoltre, con estrema sorpresa dei ricercatori, per le sue caratteristiche del cranio questa specie non sarebbe un rettile anapside, la sottoclasse che ad oggi conta solo le tartarughe, bensì un diapside, quella in cui si collocano coccodrilli, lucertole, serpenti e tatuara, ma anche gli estinti dinosauri, plesiosauri, pterosauri e ittiosauri. La specie presenta infatti le due aperture sul cranio tipiche dei diapsidi. La distinzione tra anapsidi e sinapsidi fatta in questo modo portava con sé l’implicazione che le tartarughe fossero un braccio residuo di un antico gruppo di rettili non così strettamente imparentato con gli altri gruppi attuali. La scoperta attuale mostra invece che i più antichi antenati delle tartarughe erano rettili diapsidi a tutti gli effetti, e solo successivamente hanno evoluto un cranio anapside.
Da ora in poi questa specie non sarà solo ricordata come una delle progenitrici delle tartarughe, ma anche come quella forse che riscriverà i criteri sistematici e il modo di leggere l’albero della vita dei rettili in generale.
Riferimenti:
G. S. Bever, Tyler R. Lyson, Daniel J. Field, Bhart-Anjan S. Bhullar. Evolutionary origin of the turtle skull. Nature, 2015; DOI: 10.1038/nature14900
Credit: Gaberiel Bever
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.