Nuova ipotesi sulla dieta degli antichi ominidi bipedi
Fin dal momento del suo primo ritrovamento, avvenuto nel 1959 per mano di Mary Leakey, si ritenne che l’ominide arcaico Paranthropus boisei fosse una specie perfettamente adattata all’elevato sforzo masticatorio necessario al consumo di un cibo duro. Presenta infatti alcune caratteristiche morfologiche tipiche di specie che fanno uso quasi esclusivo di cibi molto coriacei, come noci e semi con gusci […]
Fin dal momento del suo primo ritrovamento, avvenuto nel 1959 per mano di Mary Leakey, si ritenne che l’ominide arcaico Paranthropus boisei fosse una specie perfettamente adattata all’elevato sforzo masticatorio necessario al consumo di un cibo duro. Presenta infatti alcune caratteristiche morfologiche tipiche di specie che fanno uso quasi esclusivo di cibi molto coriacei, come noci e semi con gusci spessi: una possente mandibola, corredata da potenti muscoli masticatori, e denti molto grossi e robusti, dotati di uno spesso strato di smalto. Una recente analisi al microscopio ad alta risoluzione di alcuni molari di svariati esemplari fossili, risalenti ad un periodo compreso tra 2,4 e 1,3 milioni di anni fa, potrebbe, però, scardinare questa visione del P. boisei.
La ricerca, condotta da un gruppo di ricercatori guidati da Peter S. Ungar della University of Arkansas, ha cercato di determinare l’usura della superficie dei denti, in base al genere, al numero e alla profondità delle scalfiture presenti. I dati ottenuti sono stati poi comparati con quelli relativi a numerose altre specie di primati ancora esistenti e altri ominidi bipedi sudafricani ormai estinti (Paranthropus robustus e Australopithecus africanus), di cui si conosce la dieta prevalente.
I risultati, pubblicati su PLoS ONE, indicano, al contrario delle aspettative, che P. boisei probabilmente non faceva uso esclusivo di cibi particolarmente duri. Infatti, l’usura dei molari di questa specie non è paragonabile a quella di alcune attuali, come il cercocebo dal mantello (Lophocebus albigena) e il cebo col ciuffo (Cebus apella), note per la loro dieta tipicamente a base di semi dal guscio spesso, e nemmeno a quella di P. robustus, suggerendo una grande differenza nelle abitudini alimentari tra queste due specie strettamente affini.
Mentre la morfologia funzionale craniodentale suggerisce una grande abilità da parte di P. boisei di generare grandi forze associate al consumo di alimenti duri, la presenza/assenza di graffi e scalfiture sulla superificie dentale indica invece il contrario, o almeno che noci e semi coriacei non erano la sola fonte di cibo utilizzata.
Ma come si spiega allora questa discrepanza osservata? Secondo gli autori, l’alimentazione dei P. boisei era simile a quella degli attuali gorilla (Gorilla gorilla), basata prevalentemente su frutta e bacche morbide e succose, arricchita di rado con cibi duri, che in questo modo non potevano lasciare un segno evidente sulla dentatura. Queste risorse “facili da usare”, come i frutti, sono preferibili e non impongono una pressione selettiva forte, al contrario di semi e noci. Quindi una specie potrebbe specializzare le proprie strutture corporee per l’utilizzo di altre risorse, meno appetibili e, in questo caso, più difficilmente masticabili, ma ugualmente utili per la sopravvivenza. La specializzazione sarebbe dunque avvenuta nei confronti di risorse che, in presenza di altre più facilmente fruibili, sarebbero state evitate.
L’articolo “Dental Microwear and Diet of the Plio-Pleistocene Hominin Paranthropus boisei” è liberamente disponibile online.
Andrea Romano
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.