A caccia di feromoni (potenziali) nei primati e nell’uomo
Per identificare potenziali feromoni in alcuni primati, a partire dai loro geni sono state sintetizzate laboratorio le proteine che, in altre specie, si legano ai feromoni e li trasportano. Da qui è stata dedotta la natura chimica degli ipotetici feromoni.
La comunicazione feromonale negli esseri umani sarebbe impedita dalla mancanza di strutture anatomiche dedicate e/o dal malfunzionamento di relazionati meccanismi molecolari. Sono infatti assenti l’organo vomeronasale, deputato in molti animali alla percezione dei feromoni, i relativi recettori, ed anche proteine trasportatrici di tali molecole, note come SAL o MUP, già identificate in mammiferi quali maiale e topo, dove la comunicazione sessuale attraverso segnali chimici è stata ampiamente dimostrata.
Al fine di chiarire quale sarebbe potuto essere un ipotetico feromone in alcuni primati e nell’uomo, Giovanni Renzone, Simona Arena ed Andrea Scaloni dell’Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo del Cnr di Portici hanno collaborato con Valeriia Zaremska, Isabella Fischer, Paolo Pelosi e Wolfgang Knoll dell’Austrian Institute of Technology di Tulln. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution.
“Nell’uomo, l’unico gene codificante per una proteina del gruppo SAL contiene una mutazione che impedisce la traduzione del corrispondente RNA, insorta a livello evolutivo e riscontrata già nel genoma dell’uomo di Neanderthal, nel quale quindi già mancava tale proteina. La mutazione di SAL non è invece avvenuta nel gorilla e nello scimpanzé”, spiega Scaloni. “L’obiettivo del nostro studio è stato appunto quello di ricostruire il processo di percezione molecolare mediato dalla proteina SAL nei primati e nell’uomo, laddove non fosse stato interrotto dall’evoluzione”.
A tale scopo, i ricercatori hanno prodotto in batteri la proteina di una specie rappresentativa dei lemuri (Microcebus murinus) nota per la presenza di feromoni, di una specie rappresentativa delle scimmie (Cercocebus atys) dove è osservata la comunicazione feromonale e dell’Homo sapiens.
“In quest’ultimo caso, mediante approcci biotecnologici è stata rimossa la mutazione genetica che impedisce l’espressione della molecola in natura”, prosegue Scaloni. “Le proteine hanno evidenziato forti analogie strutturali ed hanno mostrato simili attività leganti verso molecole con potenziali attività feromonale”.
Sebbene con lievi differenze, gli esperimenti hanno indentificato chetoni e lattoni macrociclici come i migliori ligandi delle proteine delle tre specie, e candidato ciclopentadecanone, pentadecanolide, 5-cicloesadecenone e alcuni composti loro correlati come i migliori feromoni “potenziali”.
“I ligandi identificati sono risultati molto simili all’esadecenolide, un feromone già identificato nelle secrezioni ghiandolari di Mandrillus sphinx, una specie strettamente imparentata con il Cercocebus atys, la scimmia da noi studiata. I risultati ottenuti”, conclude Scaloni, “dimostrano che SAL e la sua funzione di trasportatore di feromoni non è cambiata molto durante l’evoluzione dai lemuri all’uomo, sebbene il suo ruolo fisiologico negli esseri umani sia stato del tutto compromesso dalla mutazione genetica”.
Come ultimo elemento di curiosità, i migliori ligandi suggeriti quali potenziali feromoni si caratterizzano per un forte odore di muschio, una nota olfattiva molto apprezzata in profumeria.
Gli autori della ricerca in passato hanno già identificato proteine leganti i feromoni prodotti dal verro, 5a-androst-16-en-3-one e androstenedione, che sono alla base della comunicazione sessuale nel maiale ed il cui uso è in sperimentazione in molti allevamenti per modulare la fertilità nella scrofa.
Riferimenti: Zaremska, V., Fischer, I. M., Renzone, G., Arena, S., Scaloni, A., Knoll, W., & Pelosi, P. (2021). Reverse Chemical Ecology Suggests Putative Primate Pheromones. Molecular Biology and Evolution, msab338. doi: 10.1093/molbev/msab338
Immagine: Ipotetici feromoni identificati nei primati ed albero filogenetico di questi organismi, CNR
Fonte: Comunicato stampa CNR