Addio agli gnu

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Certo, per ora è solo un modello, con tutti i pericoli che questo approccio implica. Magari non si sono tenuti in considerazione tutti i fattori e le variabili che possono modificare la situazione. Ma la situazione non sembra particolarmente allegra. Come molti sanno, la Tanzania, per ragioni essenzialmente elettorali, si appresta a tagliare in due il parco del Serengeti (qui […]


Certo, per ora è solo un modello, con tutti i pericoli che questo approccio implica. Magari non si sono tenuti in considerazione tutti i fattori e le variabili che possono modificare la situazione. Ma la situazione non sembra particolarmente allegra.

Come molti sanno, la Tanzania, per ragioni essenzialmente elettorali, si appresta a tagliare in due il parco del Serengeti (qui ci sono tutte le informazioni) con un’autostrada. Chi non c’è stato, e vedendolo alla televisione è rimasto colpito dallo spettacolo, può immaginare lontanamente cosa sia vedere dal vivo la migrazione di gnu (Connochaetes taurinus) e zebre (Equus quagga burchelli) nell’ultimo frammento di savana africana aperta. Ci si sente un po’ più piccoli e meno importanti, se tra le due orecchie ancora funzionano alcune cellule cerebrali. Alcuni cacciatori, e li ho sentiti con le mie orecchie, sbavano per poter entrare e “sparare a tutto quello che si muove”. Sembra che il governo li voglia far felici, con la strada. Che in apparenza non serve proprio a nulla, se non ad accontentare alcune tribù vicine ai vertici del Paese. Per farla breve, la strada taglierebbe in due il tragitto di migrazione degli gnu (qui: in rosso il tragitto), che non potrebbero più completare il percorso.

Conseguenze? Un modello costruito e condotto da alcuni ricercatori americani ha stabilito che date le condizioni e il metodo di sfruttamento delle risorse ambientali da parte degli gnu, è estremamente probabile che nel giro di alcuni anni la popolazione migratoria della specie si riduca almeno del 35%; questo anche in assenza di altri problemi, come il probabilissimo aumento di caccia, il disturbo da parte degli autoveicoli e la generale perdita di territorio durante e dopo la costruzione della strada. Il modello ovviamente ha tenuto ben presente tutte le centinaia di studi che hanno esaminato come e perché è iniziata la migrazione degli ungulati africani. Il fatto è che la strategia migratoria insegue “transient areas of high productivity across the landscape” e questo si trasforma “into a demographic advantage for migratory animals over sedentary ones”. Nella stagione umida, il Serengeti è ricco di biomassa sotto forma ovviamente di erba; questa biomassa è anche altamente proteica – alto contenuto di N – ma non riuscirebbe a sostentare tutta la popolazione tutto l’anno. Nella stagione secca gli gnu si nutrono di erba che trovano nei boschi del nord; è evidente che l’equilibrio tra le risorse distribuite nello spazio, ma non del tutto  prevedibili, è essenziale per questa specie. E l’autostrada distruggerà quasi del tutto le possibilità di inseguire le risorse stesse, come accade ora.

Secondo gli autori, il modello non è perfetto perché, per esempio, assume la costanza delle nascite, mentre alcuni studi hanno determinato che le nascite sono densità-dipendenti. Inoltre si assume che gli gnu non tenteranno di attraversare la strada (che secondo molti sarà affiancata da barriere appena possibile), e quindi useranno forse in maniera eccessiva ambienti che finora erano solo marginali. Lo studio giustamente si chiede anche se il comportamento migratorio sia totalmente fissato da variabili ecologiche oppure possa essere più “elastico”.
 
Ovviamente l’articolo non poteva affrontare tutti i problemi che la strada potrebbe causare, come le conseguenze per le popolazioni collaterali – i predatori per esempio, come coccodrilli o leoni potrebbero risentire della mancanza di prede in alcuni periodi dell’anno. Oltre a ciò, è quasi certo che la diminuzione del fenomeno farà diminuire anche l’apporto del turismo, che si presente nel Serengeti per vedere migrare gli gnu, non per ammirare su un’autostrada gli stessi Suv che si è lasciato dietro nelle città occidentali.

Tratto da Leucophaea, il blog di Marco Ferrari
 

Riferimenti:
Holdo, R., Fryxell, J., Sinclair, A., Dobson, A., & Holt, R. (2011). Predicted Impact of Barriers to Migration on the Serengeti Wildebeest Population PLoS ONE, 6 (1) DOI: 10.1371/journal.pone.0016370

La foto è di Andrea Romano