Affari di famiglia delle tartarughe
Senza considerare alcuni noti strafalcioni nel giornalismo scientifico italiano, che Pikaia ha prontamente segnalato, la classificazione sistematica delle tartarughe rimane un problema ancora non completamente risolto. Le analisi filogenetiche tradizionali considerano le tartarughe anapsidi, cioè rettili caratterizzati dall’assenza di una o due finestre temporali nel cranio. Tuttavia alcune indagini morfologiche hanno ottenuto risultati differenti: le inseriscono, infatti, nel gruppo dei […]
Senza considerare alcuni noti strafalcioni nel giornalismo scientifico italiano, che Pikaia ha prontamente segnalato, la classificazione sistematica delle tartarughe rimane un problema ancora non completamente risolto.
Le analisi filogenetiche tradizionali considerano le tartarughe anapsidi, cioè rettili caratterizzati dall’assenza di una o due finestre temporali nel cranio. Tuttavia alcune indagini morfologiche hanno ottenuto risultati differenti: le inseriscono, infatti, nel gruppo dei diapsidi, avvicinandole filogeneticamente ai lepidosauri, rettili il cui corpo è ricoperto da squame sovrapposte, di cui fanno parte le lucertole, le anfisbene, i tuatara. Gli studi molecolari sono concordi, ma solo in parte: ritengono che le tartarughe siano maggiormente imparentate con gli arcosauri, diapsidi come i coccodrilli e gli uccelli.
Appurato, quindi, che le tartarughe sono rettili, il dilemma resta: le tartarughe sono “sorelle” dei diapsidi, dei lepidosauri, o degli arcosauri?
Ebbene, oggi, alcuni segreti sull’evoluzione delle tartarughe potrebbero essere stati svelati. Ricercatori del Mount Desert Island Biological Laboratory nel Maine, del Dartmouth College e delle Università di Harvard e Yale hanno fatto un po’ di chiarezza: grazie ad una nuova tecnica che utilizza i microRNA per la classificazione degli organismi, affermano che le tartarughe condividono un antenato comune più recente con le lucertole, e non con i coccodrilli.
I risultati, pubblicati su Biology Letters, sono stati raggiunti attraverso l’identificazione di ben 77 nuove famiglie di microRNA, piccole molecole che svolgono diverse funzioni all’interno dell’organismo, come, ad esempio, spegnere e accendere i geni e regolare la produzione delle proteine. Cosa hanno scovato i ricercatori? Le tartarughe e le lucertole condividono quattro di queste famiglie di microRNA, che, invece, non sono state trovate nel genoma degli altri organismi.
L’affinità dei risultati con alcune analisi morfologiche portano a pensare che i rettili abbiano assistito a numerosi episodi di convergenza morfologica e cambi di rotta durante la loro evoluzione, incluso la perdita delle finestre temporali nel cranio, tipica delle tartarughe.
Stefania Stivanin
Riferimenti:
doi: 10.1098/rsbl.2011.0477 Biol. Lett.
Immagine: Credit: defun/Fotolia
Appurato, quindi, che le tartarughe sono rettili, il dilemma resta: le tartarughe sono “sorelle” dei diapsidi, dei lepidosauri, o degli arcosauri?
Ebbene, oggi, alcuni segreti sull’evoluzione delle tartarughe potrebbero essere stati svelati. Ricercatori del Mount Desert Island Biological Laboratory nel Maine, del Dartmouth College e delle Università di Harvard e Yale hanno fatto un po’ di chiarezza: grazie ad una nuova tecnica che utilizza i microRNA per la classificazione degli organismi, affermano che le tartarughe condividono un antenato comune più recente con le lucertole, e non con i coccodrilli.
I risultati, pubblicati su Biology Letters, sono stati raggiunti attraverso l’identificazione di ben 77 nuove famiglie di microRNA, piccole molecole che svolgono diverse funzioni all’interno dell’organismo, come, ad esempio, spegnere e accendere i geni e regolare la produzione delle proteine. Cosa hanno scovato i ricercatori? Le tartarughe e le lucertole condividono quattro di queste famiglie di microRNA, che, invece, non sono state trovate nel genoma degli altri organismi.
L’affinità dei risultati con alcune analisi morfologiche portano a pensare che i rettili abbiano assistito a numerosi episodi di convergenza morfologica e cambi di rotta durante la loro evoluzione, incluso la perdita delle finestre temporali nel cranio, tipica delle tartarughe.
Stefania Stivanin
Riferimenti:
doi: 10.1098/rsbl.2011.0477 Biol. Lett.
Immagine: Credit: defun/Fotolia