All’origine delle differenze tra l’uomo e gli altri primati

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Capire quali sono le basi molecolari che distinguono l’uomo dagli altri primati è da sempre un argomento di grande interesse non solo da un punto di vista evoluzionistico, ma anche medico. Inizialmente, le differenze tra uomo e scimpanzè erano ricercate a livello delle sequenze codificanti ed i risultati ottenuti avevano, in realtà, reso più complesso il problema a fronte di una […]

Capire quali sono le basi molecolari che distinguono l’uomo dagli altri primati è da sempre un argomento di grande interesse non solo da un punto di vista evoluzionistico, ma anche medico.

 

Inizialmente, le differenze tra uomo e scimpanzè erano ricercate a livello delle sequenze codificanti ed i risultati ottenuti avevano, in realtà, reso più complesso il problema a fronte di una similarità spesso superiore al 99% tra le sequenze dei geni dell’uomo e quelle degli scimpanzè.

 

La rivista Nature Genetics presenta, sul fascicolo appena pubblicato, un interessante articolo di Ralph Haygood, Olivier Fedrigo, Brian Hanson, Ken-Daigoro Yokoyama  e Gregory A Wray dal titolo “Promoter regions of many neural- and nutrition-related genes have experienced positive selection during human evolution“. In particolare, Haygood e colleghi hanno analizzato la velocità con cui alcuni geni si sono evoluti nell’uomo rispetto allo scimpanzè comune (Pan troglodytes) ed al macaco (Macaca mulatta).

 

La ricerca di Haygood si è, in particolare, concentrata sulla velocità con cui si sono evolute le regioni promotrici di numerosi geni, dove per regioni promotrici si intende quella parte di un gene che definisce dove, quando e quanto un gene sarà attivo.

 

Dal confronto della velocità con cui le regioni promotrici si sono evolute, rispetto ad introni presenti negli stessi geni, si è potuto notare che i promotori di alcuni geni avevano subito mutazioni con una velocità significativamente superiore rispetto agli introni, ad indicare che vi era stata una selezione positiva per queste mutazioni.

 

In modo molto interessante, molti dei geni identificati, perché caratterizzati da promotori che si sono evoluti con maggiore velocità nell’uomo rispetto agli altri primati, sono implicati nello sviluppo e nel funzionamento del sistema nervoso centrale, mentre altri sono noti per essere, se mutati, implicati nell’insorgenza di patologie neuro-degenerative e ritardi mentali.

 

Una seconda categoria di geni identificati è implicata nella digestione e metabolizzazione di alcuni alimenti ed in particolare risultano avere promotori molto diversificati tra uomo e primati alcuni geni implicati nel metabolismo del glucosio. A questo proposito è, tuttavia, molto difficile stabilire se questi geni abbiamo costituito la base per un’alimentazione differenziale tra uomo e primati o se (cosa forse più probabile) questi geni si siano differenziati in seguito ad un processo di selezione ed adattamento promosso dal cambiamento delle abitudini alimentari dell’uomo rispetto agli altri primati.

 

Nel complesso, quindi, si può ipotizzare che numerose delle peculiarità comportamentali, cognitive ed alimentari umane siano dovute a variazioni nel modo in cui alcuni geni sono stati usati, piuttosto che essere dovute a nuovi geni originatisi nel nostro genoma.

 

Meccanismi evolutivi simili sono stati descritti anche in altri animali ad indicare che molto spesso l’evoluzione ha operato “riutilizzando” in modo nuovo geni già esistenti, piuttosto che creandone dei nuovi. A quasi 30 anni dalla sua formulazione, quindi, l’ipotesi di François Jacob che l’evoluzione operi più ricorrendo al bricolage che alla progettazione di nuovi “attrezzi” e più che mai attuale.

Mauro Mandrioli

 

Ralph Haygood, Olivier Fedrigo, Brian Hanson, Ken-Daigoro Yokoyama, Gregory A Wray. Promoter regions of many neural- and nutrition-related genes have experienced positive selection during human evolution. Nature Genetics 39: 1140-1144. 2007.