Analgesiche evoluzioni

La rivista Science “svela” il segreto di un insolito roditore in grado di nutrirsi di scorpioni velenosi.

La capacità di percepire dolore è comune negli animali e rappresenta un modo per rilevare la presenza di potenziali fonti di danni ai tessuti, quali ad esempio le alte temperature e l’esposizione a sostanze chimiche pericolose. Per questo motivo, solo pochi viventi, tra cui la talpa nuda Heterocephalus glaber, sono divenuti “immuni” al dolore, nel senso di non percepire stimoli dolorosi. 

Data la necessità di avere un processo sensoriale che rilevi attivamente le sensazioni di dolore, alcuni viventi hanno acquisito nel corso dell’evoluzione la capacità di produrre veleni, in grado di indurre dolore nei predatori così da utilizzare il veleno come deterrente. Un esempio è dato dagli scorpioni della specie Centruroides sculpturatus il cui veleno provoca una immediate e intensa sensazione di dolore.

Sulla base di questi presupposti potremmo quindi pensare che questi scorpioni non vengano cacciati, ma commetteremmo uno sbaglio poiché è noto che il topo delle cavallette Onychomys torridus si nutre abitualmente di questi scorpioni anche se durante la cattura viene ripetutamente punto. Qual è il suo segreto?

Una risposta a questo quesito è stata pubblicata sulla rivista Science dal gruppo di ricerca coordinato da Ashlee H. Rowe presso l’Università del Texas. Secondo quanto dimostrato da Rowe, il veleno di Centruroides induce uno stimolo doloroso attivando i canali sodio voltaggio dipendenti di tipo Nav1.7, mentre non sia ha alcun legame ai canali Nav1.8. Nel topo delle cavallette, alcune mutazioni hanno reso i canali Nav1.8 in grado di legare la tossina, senza che però venga attivata alcuna sensazione di dolore. In questo caso quindi una mutazione ha fatto sì che un canale sodio che non sarebbe il naturale target della tossina venga invece legato dalla tossina senza che sia attivata la risposta tipica per la tossina. Questo significa che il predatore, sebbene punto, non avverte alcun azione deterrente operata dalla tossina e continua a cacciare una preda che a questo punto è incapace di usare quella che per molto tempo è stata la sua arma migliore per difendersi.

Sebbene alcuni sostengano che lo studio dell’evoluzione sia meno utile di altri ambiti di ricerca, è interessante notare come da questa ricerca possano derivare nuovi strumenti per migliorare le terapie del dolore. A tale proposito, il topo delle cavallette rappresenta una vera e propria novità anche rispetto alla più studiata talpa nuda, in cui lo stimolo doloroso (ad esempio indotto da acidi) è inibito grazie a mutazioni su canali sodio di tipo Nav1.7.
Sebbene fondamentale per la maggior parte degli animali, anche la percezione del dolore è stata quindi più volte modificata in alcune specie per favorirne la sopravvivenza, tanto che il fattore limitante fosse dato da un ambiente sotterraneo ostile (come nel caso della talpa nuda) o da una preda poco desiderosa di essere cacciata. L’evoluzione sembra quindi aver percorso anche vie decisamente inaspettate e forse è anche per questo che mi piace! 
Fonte immagine: The art of 12