Anche i dinosauri corazzati si mimetizzavano per sfuggire ai predatori
Resti straordinariamente conservati di un anchilosauro fanno luce sulla colorazione e sulla strategia di mimetizzazione di questi grandi erbivori
Negli ultimi anni, nuovi ritrovamenti fossili di dinosauri squisitamente conservati stanno contribuendo a fare chiarezza sul loro aspetto esteriore, oltre che sulle loro strategie di mimetismo. In uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology, paleontologi di Regno Unito, Stati Uniti e Canada descrivono il ritrovamento di uno dei dinosauri meglio conservati mai rinvenuti. Questo nuovo dinosauro, Borealopelta markmitchelli, appartiene al gruppo degli ankylosauri, i famosi dinosauri “corazzati”. I fossili, rinvenuti in Alberta (Canada), risalgono a circa 110 milioni di anni fa, e includono non solo ossa, ma anche tessuti, come le scaglie epidermiche che ricoprivano il dorso di questi animali, formando lo strato superiore della corazza.
Analizzando i resti, i ricercatori hanno concluso che anche questi dinosauri erbivori presentavano il countershading, una forma di mimetizzazione molto diffusa in natura (Pikaia ne ha parlato anche qui). Gli animali che utilizzano questa strategia presentano tipicamente un ventre di colori più chiari rispetto a quelli sul dorso. In questo modo viene contrastata la naturale distribuzione delle ombre sul loro corpo illuminato dall’alto, creando una sorta di effetto ottico che li rende meno 3D, e quindi meno facili da individuare per i predatori.
La presenza di questa strategia di mimetismo dimostra indirettamente quanto fossero temibili i predatori del Cretaceo. Infatti, la pressione dei predatori era tale da spingere persino dinosauri corazzati e dalle notevoli dimensioni (5 metri e mezzo per 1300 kg) come B. markmitchelli, ad evolvere colorazioni del corporee mimetiche. Lo studio riporta inoltre che il dinosauro aveva un’epidermide color bruno-rossiccio, nella quale i ricercatori sono riusciti ad identificare la melanina, lo stesso pigmento prodotto da alcune cellule della nostra pelle.
Tra tutte, forse la caratteristica più straordinaria di questo reperto consiste nel grado di conservazione della struttura tridimensionale, che ha spinto uno dei paleontologi, Caleb Brown, a confessare, riferendosi al dinosauro: “sembra quasi dormire”.
Riferimenti:
Brown et al. An Exceptionally Preserved Three-Dimensional Armored Dinosaur Reveals Insights into Coloration and Cretaceous Predator-Prey Dynamics. Current Biology, 2017 DOI: 10.1016/j.cub.2017.06.071
Immagine: By Machairo (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons
Analizzando i resti, i ricercatori hanno concluso che anche questi dinosauri erbivori presentavano il countershading, una forma di mimetizzazione molto diffusa in natura (Pikaia ne ha parlato anche qui). Gli animali che utilizzano questa strategia presentano tipicamente un ventre di colori più chiari rispetto a quelli sul dorso. In questo modo viene contrastata la naturale distribuzione delle ombre sul loro corpo illuminato dall’alto, creando una sorta di effetto ottico che li rende meno 3D, e quindi meno facili da individuare per i predatori.
La presenza di questa strategia di mimetismo dimostra indirettamente quanto fossero temibili i predatori del Cretaceo. Infatti, la pressione dei predatori era tale da spingere persino dinosauri corazzati e dalle notevoli dimensioni (5 metri e mezzo per 1300 kg) come B. markmitchelli, ad evolvere colorazioni del corporee mimetiche. Lo studio riporta inoltre che il dinosauro aveva un’epidermide color bruno-rossiccio, nella quale i ricercatori sono riusciti ad identificare la melanina, lo stesso pigmento prodotto da alcune cellule della nostra pelle.
Tra tutte, forse la caratteristica più straordinaria di questo reperto consiste nel grado di conservazione della struttura tridimensionale, che ha spinto uno dei paleontologi, Caleb Brown, a confessare, riferendosi al dinosauro: “sembra quasi dormire”.
Riferimenti:
Brown et al. An Exceptionally Preserved Three-Dimensional Armored Dinosaur Reveals Insights into Coloration and Cretaceous Predator-Prey Dynamics. Current Biology, 2017 DOI: 10.1016/j.cub.2017.06.071
Immagine: By Machairo (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons