Anche i pulcini fanno jazz: alla radice biologica della preferenza di suoni consonanti in animali e umani
Ricercatori dell’Università Sapienza e di Trieste confermano le profonde radici biologiche della musicalità
I suoni ambientali, come il rombo di un tuono o il soffio del vento, non sono sempre armoniosi e gradevoli. In natura però, gli uccelli si esibiscono in melodie molto orecchiabili, eleganti e piacevoli, l’ululato del lupo suscita da sempre fascino alle nostre orecchie, del canto delle balene abbiamo fatto addirittura dei cd. Molti animali producono suoni che risultano gradevoli all’ascolto, perché composti da note e accordi detti consonanti, caratteristica tipica anche della musica apprezzata da Homo sapiens. Da dove arriva questa affinità tra gli esseri viventi, considerato che i suoni ambientali generalmente sono discordanti? È una preferenza innata o imparata? Potrebbe avere una valenza emotiva? Per rispondere a queste domande è nata una collaborazione tra il team di ricerca dell’Università di Trieste e quello dell’Università Sapienza di Roma, che hanno realizzato uno studio, pubblicato sulla rivista Biology letters.
I piccoli pulcini si fanno sentire!
La ricerca è stata condotta su 130 pulcini domestici (Gallus gallus), che non necessitano di alcuna cura parentale, né per sviluppare il repertorio vocale né per deambulare. I piccoli, infatti, reagiscono alle differenti situazioni producendo vocalizzazioni specifiche: quando l’animale viene separato dalla chioccia emette richiami detti “di contatto” caratterizzati da frequenze discendenti, mentre “di covata” sono chiamati quelli emessi durante situazioni piacevoli e “di cibo” quelli emessi quando il pulcino identifica una fonte per alimentarsi, entrambi con frequenze ascendenti.
I piccoli in esame sono stati divisi in coppie e posizionati per quattro giorni in gabbie rettangolari a temperatura controllata e sottoposti alla presenza di un oggetto d’imprinting. Questo termine si riferisce al tipo di apprendimento per esposizione alla presenza del genitore appena i piccoli aprono gli occhi e lo vedono, ma, in sua assenza, i pulcini possono presentare attaccamento verso altri surrogati, tra cui anche oggetti inanimati, che sono proprio stati utilizzati in questo esperimento. I piccoli nelle gabbie sono stati stimolati a emettere le diverse tipologie di richiamo, sottoponendoli alle tre situazioni sopraelencate. In particolare, i ricercatori hanno registrato i richiami di contatto dei pulcini lasciati da soli nell’arena vuota dopo essere stati separati dal compagno di allevamento e dall’oggetto di imprinting, mentre i richiami di covata sono stati stimolati dalla presenza di quest’ultimo sospeso dall’alto al centro della gabbia dopo essere stato inizialmente rimosso. I richiami legati all’alimentazione sono stati indotti posizionando un piatto di cibo al centro (sempre dopo aver portato via l’oggetto per l’imprinting).
Le profonde radici biologiche della musicalità
Analizzati i picchi minimi e massimi delle frequenze fondamentali e calcolatone il rapporto, lo studio ha rivelato una prevalenza di consonanza perfetta in tutti i tipi di richiamo, a conferma dell’idea che i suoni consonanti siano intrinsecamente presenti nella comunicazione animale. Sono state anche registrate dissonanze in situazioni di particolare stress, nei richiami di contatto. I risultati rivelano quindi l’abbondanza di suoni consonanti nei richiami associati a valenze “positive”, come i richiami per il cibo e per la covata, emessi quando i pulcini interagiscono con i compagni o si foraggiano in sicurezza mentre, al contrario, la presenza di dissonanze enfatizzerebbe la condizione peculiare di un individuo angosciato che lotta per localizzare i conspecifici. La produzione di intervalli musicali consonanti e dissonanti da parte dei pulcini può quindi rispondere a specifici scopi sociali e comunicativi, legati, ad esempio, al contesto emotivo dell’emissione. Più nel dettaglio l’analisi acustica ha mostrato come nei richiami di cibo e di covata gli intervalli di frequenze più utilizzati siano di quarta e quinta perfetti, mentre in quelli di contatto l’intervallo musicale è di settima dissonante. Quest’ultimo intervallo viene sfruttato nella musica jazz, per trasmettere un senso di tensione irrisolta, che poi, spostandosi verso la consonanza, evoca un senso di maggiore suspense nell’ascoltatore a causa della risoluzione ritardata.
Questo studio fornisce dati a supporto della teoria secondo cui gli elementi costitutivi della musicalità sono presenti in diverse specie, anche negli uccelli non canori, le cui vocalizzazioni sono innate e spontanee, poiché non imparano melodie e canzoni dal genitore. Questi richiami fanno parte di un complesso codice vocale che i pulcini sviluppano dalla schiusa all’età adulta per comunicare i loro bisogni agli altri conspecifici e per esprimere la natura positiva o negativa di una situazione che stanno vivendo. La radice biologica della preferenza di suoni consonanti di animali e umani risiede quindi probabilmente nelle esigenze comunicative.
Riferimenti:
Maldarelli, G., Dissegna, A., Ravignani, A., & Chiandetti, C. (2024). Chicks produce consonant, sometimes jazzy, sounds. Biology Letters, 20(9). Retrieved from https://royalsocietypublishing.org/doi/10.1098/rsbl.2024.0374
Immagine: generata con intelligenza artificiale
Sono laureata in Scienze biologiche presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Ho iniziato raccontando la natura ai ragazzi in un parco vicino casa e ho frequentato il Master Fauna e HD, per specializzarmi nella comunicazione ambientale.