Api contadine
L’abitudine di coltivare funghi all’interno dei nidi era già stata individuata in vari insetti sociali, come formiche e termiti. Ora un fenomeno di simbiosi di questo tipo è stato osservato anche in una specie di api brasiliana
Un piccolo insetto vive in un’immensa foresta: un tesoro di calorie in forma di cellulosa e lignina; purtroppo l’insetto non ha gli enzimi necessari per digerirle, né ha trovato il modo di ospitare dentro di sé batteri che lo facciano al posto suo. Potrebbe essere una grossa occasione persa. Ma il piccolo insetto è una specie sociale e possiede molte risorse per sopravvivere: se non c’è nessuno disponibile a digerirgli il cibo nella pancia, si può trovare qualcuno che lo faccia fuori. Così varie specie di formiche e termiti hanno creato una collaborazione con varie specie di fungo: gli insetti creano nei loro nidi camere umide e buie, raccolgono foglie fresche e succulente, le depositano, fatte a pezzetti, nelle loro fungaie e per finire portano sopra il tutto le spore dei funghi. Ai funghi non resta altro da fare che approfittare del banchetto. Certo, il destino per qualcuno è di finire mangiato, ma gli stessi insetti che li mangiano li tengono al riparo da tutti gli altri mangiatori ghiotti di funghi. Una collaborazione ottima per entrambi.
E le api?
L’unico gruppo di insetti sociali che non erano stati osservati, fino a questo momento, coltivare funghi erano le api; ma ora la situazione pare cambiata: Cristiano Menezes, e altri ecologi attivi presso le principali università del Brasile, hanno osservato la crescita copiosa di ife fungine all’interno degli alveari delle api della specie Scaptotrigona depilis; le loro scoperte sono state pubblicate in forma di articolo sulla rivista Current Biology. Esemplari di un fungo, risultato appartenere al genere Monascus, sono stati trovati in tutti e trenta gli alveari esaminati dai ricercatori in vari punti dell’areale della specie. Le spore del fungo sono contenute in quantità nella cera da cui sono composti gli alveari e, data la peculiare abitudine delle api della specie di costruire i nuovi alveari riciclando materiali provenienti dal vecchio nido, si trasmettono efficacemente di generazione in generazione. Gli autori della ricerca hanno tuttavia potuto osservare come il fungo si sviluppi in ife, e completi il suo ciclo vitale, solo entro le cellette sigillate entro cui la regina depone le uova e entro cui le larve restano confinate fino a svilupparsi in operaie adulte. In particolare, gli autori hanno osservato che le spore del fungo si sviluppano solo a contatto con la riserva di cibo predigerito e semiliquido lasciato nella celletta dalle operaie adulte per provvedere al sostentamento delle larve.
In una fase successiva dei loro esperimenti i ricercatori hanno provato a far crescere alcune larve in cellette artificiali rifornite di una completa riserva del loro peculiare cibo, il tutto sterilizzato per mezzo di raggi UV. Quando i ricercatori inoculavano nuove spore del Monascus nella celletta prima di sigillarla, il 76% delle larve completava correttamente il suo sviluppo; ma solo l’8% sopravviveva in celle prive delle spore del fungo.
Cibo o medicina?
Tenuto conto dell’odore sgradevole emanato dalle larve cresciute in assenza di spore, vive o morte che fossero, Menezes e colleghi hanno immediatamente pensato che il ruolo di Monascus nella sua simbiosi con le api fosse quello di fornire una qualche forma di protezione da microrganismi patogeni; ma, testato su colture di Escherichia coli e Staphylococcus aureus, l’alimento semiliquido delle larve ha mostrato proprietà antibatteriche più spiccate se fresco che dopo essere stato usato come terreno di coltura per il fungo. Forse la presenza delle ife contrasta qualche patogeno specifico differente dai due batteri testati, oppure il loro ruolo è fornire alle larve qualche specifico nutriente necessario alla loro crescita. Indipendentemente dal suo ruolo, la simbiosi stabilita tra api e funghi sembra molto più primitiva di quelle messe in atto da formiche e termiti, dato che il contributo delle api alla collaborazione appare in larga parte passivo. Tuttavia è probabile che anche le altre forme di mutualismo con gli insetti sociali si siano sviluppate in questo modo, e che i comportamenti volti a favorire in modo “volontario” la crescita dei funghi si siano originati da mutazioni successive. Il peculiare rapporto di Monascus con le api Scaptotrigona depilis potrebbe rappresentare una sorta di fotogramma intermedio nella storia di come l’evoluzione rende un insetto sociale un provetto contadino.
Riferimenti:
Menezes and Vollet-Neto et al. A Brazilian Social Bee Must Cultivate Fungus to Survive. Current Biology, 2015 DOI: 10.1016/j.cub.2015.09.028
Credit: Cristiano Menezes