Attenti al lupo!
In questo periodo mi trovo in Costa Rica a seguire una ricerca sul comportamento dei cebi cappuccini (Cebus capucinus): a volte capita che un individuo “tossisca” e tutti gli altri, al solo sentire questo suono, si fiondano, impauriti, sulle cime degli alberi, lasciando sul terreno tutto ciò che avevano in mano. Non sono preoccupati di essere contagiati da una malattia […]
In questo periodo mi trovo in Costa Rica a seguire una ricerca sul comportamento dei cebi cappuccini (Cebus capucinus): a volte capita che un individuo “tossisca” e tutti gli altri, al solo sentire questo suono, si fiondano, impauriti, sulle cime degli alberi, lasciando sul terreno tutto ciò che avevano in mano. Non sono preoccupati di essere contagiati da una malattia virale, bensì hanno udito un richiamo d’allarme, che segnala la presenza di un serpente nelle vicinanze. A volte, però, succede che non vi sia alcun serpente…che cosa è accaduto? Ebbene, me lo sono chiesto a lungo senza giungere ad una conclusione, ma ora la risposta potrebbe arrivarmi da un recente studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B.
La ricerca è stata condotta in una situazione è leggermente diversa: innanzitutto, non si tratta dei cebi capuccini, bensì di una specie strettamente affine che vive in Sud America, il cebo dai cornetti (Cebus apella nigritus). In secondo luogo, il predatore più temuto da queste scimmie non è un serpente, ma l’ocelot (Leopardus pardalis), un piccolo felino. Il comportamento, tuttavia, è simile con un individuo che emette il tipico richiamo d’allarme per segnalare la presenza del predatore, seguito dalla fuga di massa dei compagni di branco. Anche in questa specie, talvolta, dopo il richiamo non emerge alcun predatore. Diversamente dal sottoscritto, Brandon C. Wheeler della Stony Brook University ha testato l’ipotesi che a volte i richiami d’allarme possano essere falsi, in modo tale da consentire all’esecutore di approfittare del cibo lasciato sul terreno dalle altre scimmie.
Essendo i gruppi di cebi dai cornetti strettamente gerarchici, gli individui dominanti si conquistano la precedenza nell’accesso al cibo e ai luoghi migliori per foraggiare e non sono costretti a ricorrere all’inganno per potersi nutrire. Ci si attende, dunque, che siano gli individui subordinati ad emettere i falsi richiami d’allarme (chiamati nell’articolo resource-related deceptive alarm o RRDA). Ed è proprio quello che accade: nel corso della ricerca, ibfatti, ben 24 su 25 RRDA documentati provenivano dagli esemplari di basso rango. Oltre a questo, lo studio mette in luce come i falsi richiami d’allarme venissero prodotti con frequenza significativamente più alta quando il cibo fornito al gruppo (in questo caso banane) era concentrato nel medesimo luogo, quindi facilmente controllabile per il proprio esclusivo beneficio dagli individui dominanti. Infine, come prevedibile, gli RRDA sono più frequenti quando l’ingannatore si trova in prossimità della fonte di cibo (nello studio ad una distanza inferiore ai 2 metri), avendo dunque maggiori probabilità di portarselo via dopo aver emesso il richiamo.
Sebbene a volte questo comportamento scateni reazioni violente da parte degli ingannati, coloro che lo attuano sembrano beneficiarne. Ma perchè gli individui che subiscono questo astuto trucco non elaborano strategie che consentano loro di minimizzare i costi? Nel complesso, i dominanti sembrano adottare la strategia “better safe than sorry“, in cui si vedono costretti a pagare un minimo costo, consistente nella perdita di una limitata quantità di cibo, se comparato a quello enorme derivante dalla mancata risposta ad un reale richiamo d’allarme. Insomma, meglio agire cautamente in anticipo e non rischiare, piuttosto che pentirsene in seguito.
Questa ricerca è importante, conclude Wheeler, perchè manifesta l’intenzionalità di un tale comportamento ingannevole da parte di coloro che lo mettono in atto e la capacità degli stessi di pianificare le proprie azioni conoscendo in antipico quale sarà il comportamento altrui.
Personalmente, non posso fare altro che ringraziare l’autore che mi ha liberato la mente dalle continue ipotesi (sbagliate…) che stavo formulando, rendendomi sempre più nervoso, e spero veramente di tornare a dormire sonni tranquilli…
Andrea Romano
Riferimenti:
Brandon C. Wheeler. Monkeys crying wolf? Tufted capuchin monkeys use anti-predator calls to usurp resources from conspecifics. Proc. R. Soc. B published online 3 June 2009. doi: 10.1098/rspb.2009.0544
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons
La ricerca è stata condotta in una situazione è leggermente diversa: innanzitutto, non si tratta dei cebi capuccini, bensì di una specie strettamente affine che vive in Sud America, il cebo dai cornetti (Cebus apella nigritus). In secondo luogo, il predatore più temuto da queste scimmie non è un serpente, ma l’ocelot (Leopardus pardalis), un piccolo felino. Il comportamento, tuttavia, è simile con un individuo che emette il tipico richiamo d’allarme per segnalare la presenza del predatore, seguito dalla fuga di massa dei compagni di branco. Anche in questa specie, talvolta, dopo il richiamo non emerge alcun predatore. Diversamente dal sottoscritto, Brandon C. Wheeler della Stony Brook University ha testato l’ipotesi che a volte i richiami d’allarme possano essere falsi, in modo tale da consentire all’esecutore di approfittare del cibo lasciato sul terreno dalle altre scimmie.
Essendo i gruppi di cebi dai cornetti strettamente gerarchici, gli individui dominanti si conquistano la precedenza nell’accesso al cibo e ai luoghi migliori per foraggiare e non sono costretti a ricorrere all’inganno per potersi nutrire. Ci si attende, dunque, che siano gli individui subordinati ad emettere i falsi richiami d’allarme (chiamati nell’articolo resource-related deceptive alarm o RRDA). Ed è proprio quello che accade: nel corso della ricerca, ibfatti, ben 24 su 25 RRDA documentati provenivano dagli esemplari di basso rango. Oltre a questo, lo studio mette in luce come i falsi richiami d’allarme venissero prodotti con frequenza significativamente più alta quando il cibo fornito al gruppo (in questo caso banane) era concentrato nel medesimo luogo, quindi facilmente controllabile per il proprio esclusivo beneficio dagli individui dominanti. Infine, come prevedibile, gli RRDA sono più frequenti quando l’ingannatore si trova in prossimità della fonte di cibo (nello studio ad una distanza inferiore ai 2 metri), avendo dunque maggiori probabilità di portarselo via dopo aver emesso il richiamo.
Sebbene a volte questo comportamento scateni reazioni violente da parte degli ingannati, coloro che lo attuano sembrano beneficiarne. Ma perchè gli individui che subiscono questo astuto trucco non elaborano strategie che consentano loro di minimizzare i costi? Nel complesso, i dominanti sembrano adottare la strategia “better safe than sorry“, in cui si vedono costretti a pagare un minimo costo, consistente nella perdita di una limitata quantità di cibo, se comparato a quello enorme derivante dalla mancata risposta ad un reale richiamo d’allarme. Insomma, meglio agire cautamente in anticipo e non rischiare, piuttosto che pentirsene in seguito.
Questa ricerca è importante, conclude Wheeler, perchè manifesta l’intenzionalità di un tale comportamento ingannevole da parte di coloro che lo mettono in atto e la capacità degli stessi di pianificare le proprie azioni conoscendo in antipico quale sarà il comportamento altrui.
Personalmente, non posso fare altro che ringraziare l’autore che mi ha liberato la mente dalle continue ipotesi (sbagliate…) che stavo formulando, rendendomi sempre più nervoso, e spero veramente di tornare a dormire sonni tranquilli…
Andrea Romano
Riferimenti:
Brandon C. Wheeler. Monkeys crying wolf? Tufted capuchin monkeys use anti-predator calls to usurp resources from conspecifics. Proc. R. Soc. B published online 3 June 2009. doi: 10.1098/rspb.2009.0544
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.