Biodiversità: che futuro attende il bacino del Congo?

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Il bacino del Congo ospita un’enorme biodiversità, sia animale che vegetale. Le minacce che ne minano il suo equilibrio sono però davvero innumerevoli: quale sarà il futuro di un ambiente così florido e rappresentativo del nostro pianeta Terra?

Quando pensiamo a un hotspot di biodiversità, ci viene subito in mente la foresta amazzonica, il polmone verde del mondo. L’importanza di questo ecosistema non è però molto diversa da quella che caratterizza il bacino del fiume Congo. Entrambi, infatti, contribuiscono alla regolazione del clima globale e sono sede di una complessa rete di relazione ecologiche.

Con una superficie di quasi 2,5 milioni di chilometri quadrati, il bacino del Congo è la seconda più grande foresta pluviale tropicale al mondo, proprio dopo la foresta amazzonica. È compreso nei confini di sei stati dell’Africa centrale, dalla Repubblica centro africana al Congo, dalla Guinea al Gabon. Questo enorme territorio ospita una grandissima biodiversità animale e vegetale.

È proprio l’unicità di questo bacino verde, non solo per le scienze della vita ma anche per la cultura e la storia dei popoli che lo abitano, che nel 2021 ha spinto i ministri dell’ambiente di questa regione a lanciare un appello per aumentare gli investimenti nella ricerca. Occorre accertare lo stato di salute di questo ambiente chiave e prepararsi al futuro. Ricco di ecotipi forestali differenti, che variano dalla foresta costiera atlantica sempreverde alla semi-decidua più centrale, il bacino necessita non solo di essere studiato, ma anche di essere protetto.

Va in questa direzione una review pubblicata su Biological Conservation da ricercatori dell’Università Sapienza e di Barcellona. Analizzando la letteratura, lo studio ha cercato di fare il punto della situazione rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità in questa regione. Come sta rispondendo questo hotspot alle modificazioni ambientali che ne stanno alterando l’equilibrio?

Congo Basin ecoregions
Le ecoregioni del bacino del Congo. Immagine: dalla pubblicazione.

Che cosa minaccia il bacino del Congo

Come la maggior parte degli ambienti naturali terrestri (inclusa la foresta amazzonica), anche il bacino del Congo è minacciato dagli impatti diretti e indiretti delle attività umane. La stabilità di questo ecosistema e la sua capacità di resistere agli stress sono fortemente modulati dai cambiamenti climatici. Allo stesso tempo, l’espansione dell’agricoltura, lo sviluppo delle industrie e dei centri urbani, oltre alla deforestazione e l’introduzione di specie aliene invasive, può portare a effetti a cascata imprevedibili, che spesso non rimangono confinati localmente, ma interessano l’intera catena trofica, anche di biomi molto differenti tra loro.

Per inquadrare la situazione, i ricercatori hanno eseguito una ricerca nella letteratura: circa 2000 articoli scientifici corrispondevano alle parole chiave usate (una ricerca analoga per la foresta amazzonica ha restituito risultati cinque volte più numerosi). Di questi, gli autori ne hanno poi selezionati 104 che rispondevano ai criteri per condurre la loro revisione sistematica, cioè si occupavano specificatamente degli impatti, attuali e futuri, sulla biodiversità causati dal cambiamento climatico nel bacino del Congo.

La biodiversità è già in pericolo

Gli studi hanno sottolineato che il cambiamento climatico sta già influenzando la biodiversità nel Bacino del Congo. Molte specie, tra cui primati e uccelli, stanno diventando più vulnerabili, mentre altre, come i grandi mammiferi, vedono il loro habitat ridursi e le loro popolazioni diminuire. Alcuni animali stanno riducendo le loro dimensioni a causa dell’aumento delle temperature e dei cambiamenti nelle precipitazioni. Si prevede inoltre che le future condizioni climatiche favoriranno le invasioni biologiche. In generale, si prevede che la grande variabilità tra i siti del Bacino del Congo porterà a impatti diversi sui vari tipi di foresta.

Per esempio, nella regione di M’Baïki nella Repubblica Centrafricana, il cambiamento climatico accelera la crescita, la mortalità e il reclutamento degli alberi, con impatti differenti a seconda delle specie. Questo dovrebbe portare a cambiamenti nella composizione della flora, favorendo le specie pioniere a lunga vita a scapito di quelle tolleranti all’ombra e maggiore mortalità (di parte) della vegetazione. Cambiamenti di questo tipo si possono ripercuotere sulle reti trofiche, come nel caso della pianta Sarcophrynium prionogonium, che è sfruttata come fonte di cibo dai gorilla (Gorilla gorilla gorilla), ma il cui sviluppo e produzione di frutti risente dell’aridità che sta interessando alcune regioni.

In termini generali, si registrano grandi cambiamenti nella composizione e distribuzione delle specie forestali. Uno studio ipotizza addirittura che se le precipitazioni dovessero collassare a causa dei cambiamenti climatici potrebbe verificarsi uno shift vegetazionale che porterebbe a un ecosistema savanico.

Mutamenti di questo genere porterebbero a problemi nel procacciamento del cibo da parte degli organismi che sfruttano primariamente la copertura vegetale per sopravvivere, come i frugiferi e i nettariferi. Anche se un cambio di dieta fosse possibile (come nel caso di alcuni primati del Lopé National Park, che cambiano dieta durante la stagione arida) non tutte le specie ne sarebbero in grado, come gli scimpanzé. Alcuni animali potrebbero migrare in regioni più floride, oppure iniziare a migrare in anticipo per mantenere il proprio stile di vita intatto: anche in questo caso, non tutti avrebbero questa fortuna.

Per quanto riguarda i mammiferi, gli elefanti (Loxondato cyclotis) del Lopé National Park hanno mostrato un declino dell’11% della propria massa corporea a partire dal 2008, periodo corrispondente alla diminuzione delle precipitazioni e quindi nella copertura vegetale. Il cane selvatico africano (Lycaon pictus) perderà una parte significativa del proprio habitat a causa degli imminenti spostamenti del leone (Panthera leo). Il pangolino (Phataginus tetradactyla) scomparirà, forse del tutto, dal suo habitat orientale per spostarsi nelle regioni più centrali del bacino.

In generale, tra le regioni africane, si prevede che il bacino del Congo andrà incontro ad un tasso di perdita delle specie dei mammiferi dal 50% al 60% entro il 2050.

Infine, gli abitanti il bacino del Congo dovranno fronteggiare l’arrivo di nuove specie aliene invasive. Un esempio è quello di Aedes albopictus, il moscerino tigre asiatico, attirato dalle floride terre del bacino del Congo, insieme ad Anoplolepis gracilipes, la formica gialla pazza e la formica argentina (Linepithema humile). Entrambe destano problemi ecologici poiché predano le uova degli uccelli, dei rettili e piccoli mammiferi.

Quindi cosa fare?

La combinazione degli impatti negativi creati dai cambiamenti climatici e dagli interventi diretti umani si presume porterà ad interessare negativamente dal 35% al 74% della biodiversità del bacino del Congo. La revisione sistematica degli ancora poco numerosi studi esistenti, portata avanti dal team di ricercatori del Dipartimento di biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, ha quindi ben sottolineato il futuro incerto della biodiversità africana.

Tra gli autori, Carlo Rondinini ci ricorda però che:

“Permangono alti livelli di incertezza, legati ad allarmanti lacune nelle conoscenze, a processi ecologici non documentati e a una mancanza di informazioni”

Nonostante le evidenze in nostro possesso, ci sono ancora poche ricerche che seguono l’andamento della natura del Congo. Molti studi portano a risultati poco certi, altri utilizzano metodi poco accurati e, spesso, la concomitanza di più fattori è difficile da studiare ad ampie scale naturali. L’unica cosa da fare, quindi, è cercare di mantenere alti i livelli di protezione di un ambiente a rischio e trovare nuovi fondi per la ricerca scientifica.

Riferimenti:

Milena Beekmann, Sandrine Gallois, Carlo Rondinini, “Uncertain future for Congo Basin biodiversity: A systematic review of climate change impacts”, Biological Conservation, Volume 297, 2024, 110730, ISSN 0006-3207, https://doi.org/10.1016/j.biocon.2024.110730.

Immagine in apertura: Cethuyghe, CC BY-SA 4.0, via Wikipedia Commons.