C’era una volta in America

Gli argomenti meno conosciuti nell’ambito della storia evolutiva della nostra specie sono anche quelli più studiati e trattati e quelli su cui viene prodotto un maggior numero di pubblicazioni. Uno di questi argomenti controversi è il caso dell’uomo di Flores, o hobbit, ampiamente descrtitto e documentato su Pikaia (qui l’ultimo recente articolo). Un altro caso, forse meno eclatante ma non

Gli argomenti meno conosciuti nell’ambito della storia evolutiva della nostra specie sono anche quelli più studiati e trattati e quelli su cui viene prodotto un maggior numero di pubblicazioni. Uno di questi argomenti controversi è il caso dell’uomo di Flores, o hobbit, ampiamente descrtitto e documentato su Pikaia (qui l’ultimo recente articolo).

Un altro caso, forse meno eclatante ma non certo meno interessante, è quello relativo alla colonizzazione umana del continente americano. Riguardo questo aspetto del passato delle popolazioni umane esistono poche certezze e molti dubbi, con alcune diverse teorie che si contrappongono. Alcuni antropologi sostengono l’ipotesi di un unico evento migratorio massiccio; altri ritengono, invece, che il popolamento delle Americhe sia avvenuto in seguito a svariate ondate, con un minimo di due; infine ci sono coloro che propendono per il cosiddetto “three stages model“.

In questo contesto si inserisce un ultimo studio, pubblicato Molecular Biology and Evolution, che sembra essere concorde con la prima ipotesi. Ma vediamo di che si tratta…

Il nuovo studio prende spunto da uno precedente che aveva individuato una breve sequenza altamente ripetuta comune a tutte le popolazioni di nativi americani e di abitanti della Beringia e assente altrove nel mondo (l’allele D9S1120). Un tale risultato aveva fatto immaginare un’origine comune di questo tratto di DNA, conclusione che presupponeva che tutte le sequenze fossero identiche per discendenza (e non dunque identiche per il frutto di mutazioni nelle medesime posizioni avvenute indipendentemente in individui diversi) e che la distribuzione geografica di questo allele non sia stata influenzata nel passato dalla selezione naturale (dunque che i portatori di quel determinato allele non siano stati avvantaggiati in quel determinato contesto ambientale). Sono proprio questi due punti che sono stati valutati da un gruppo di ricercatori della University of California, Davis.

La nuova analisi ha preso in considerazione 34 single nucleotide polymorphisms (SNPs) presenti nelle vicinanze della sequenza in questione di 21 popolazioni di nativi americani e abitanti della Beringia e 54 di altre provenienti dal resto del mondo. Dai risultati emerge che tutti i cromosomi che portano la sequenza considerata presentano il medesimo background genetico, suggerendo che tutte le copie dell’allele D9S1120 possano essere effettivamente identiche per discesa. Inoltre, utilizzando diversi modelli di genetica di popolazione, i ricercatori hanno anche potuto escludere un’azione diretta della selezione naturale sulla propagazione di questo allele.

I risultati sembrano dunque rafforzare l’ipotesi dell’unico antenato comune, giunto in un unico e imponente evento migratorio, per le popolazioni di antichi americani.

Andrea Romano

Riferimenti:
Schroeder et al. Haplotypic Background of a Private Allele at High Frequency in the Americas. Molecular Biology and Evolution, 2009; 26 (5): 995 DOI: 10.1093/molbev/msp024

Altre notizie di Pikaia sull’argomento:

Genetisti dell’Università di Pavia ricostruiscono la storia del primo popolamento umano del Nuovo Mondo, notizia del 13/01/2009

Aggiornare il diario di viaggio, notizia del 22/09/2008

Nuove ipotesi sulle migrazioni umane, notizia del 26/05/2008

La prima conquista delle Americhe, notizia del 18/03/2008