Chi trova un amico… vive più a lungo!
Quotidiani e riviste sono piene di articoli che descrivono l’importanza di mantenere una vita sociale attiva ed avere contatti e relazioni con persone differenti, poiché tale condizione giova in maniera significativa sulle nostre qualità mentali e fisiche e può influeire positivamente sulla nostra longevità. Pare, quindi, che nell’uomo le amicizie giochino un ruolo importante.Ma le relazioni sociali e i benefici […]
Quotidiani e riviste sono piene di articoli che descrivono l’importanza di mantenere una vita sociale attiva ed avere contatti e relazioni con persone differenti, poiché tale condizione giova in maniera significativa sulle nostre qualità mentali e fisiche e può influeire positivamente sulla nostra longevità. Pare, quindi, che nell’uomo le amicizie giochino un ruolo importante.
Ma le relazioni sociali e i benefici che da esse derivano sono prerogativa della nostra specie oppure hanno una lunga storia evoluiva? La risposta, a quanto pare, sembra essere più vicina alla seconda ipotesi visto che sulla rivista Current Biology alcuni ricercatori dell’University of California descrivono in un articolo i benefici derivanti dalle relazioni sociali nei babbuini (Papio hamadryas ursinus).
In particolare, è stato osservato che nelle femmine non solo il rango sociale occupato è in grado di influenzare la longevità, ma il fattore ben più significativo nel determinare la maggior durata della vita riguarda il numero e la qualità dei legami sociali instaurati con altre femmine. Infatti, è stato osservato che femmine “socialmente attive” hanno maggiore probabilità di vivere più a lungo rispetto a quelle che non eccellono nelle relazioni sociali. In questo modo le femmine subordinate possono essere in grado di compensare lo svantaggio derivato dall’apparteneza ad un basso rango sociale, attraverso le loro interazioni sociali. Nei gruppi di babbuini i legami con gli altri conspecifici si instaurano, ad esempio, attraverso lo scambio reciproco di favori come accade nell’attività definita “grooming” (che si riferisce al comportamento osservato nei primati, per cui un animale provvede a ripulire un suo simile dai parassiti).
Rimangono, tuttavia, da spiegare i motivi per cui una più “spinta socialità” abbia effetti benefici sulla durata della vita. Secondo gli autori dello studio le ipotesi possono essere diverse e riguardare, per esempio, la minor probabilità di essere predati se si vive a stretto contatto con altri individui conspecifici. O ancora, c’è la possibilità che in gruppi sociali “rilassati”, in cui le interazioni competitive sono molto limitate, i livelli di stress dei singoli individui siano presumibilmente inferiori.
Alla luce di questo studio pare che, quindi, avere degli “amici” sia fondamentale non solo per l’uomo ma anche per i babbuini, o almeno per le femmine di questa specie.
All’uomo giovano le interazioni sociali: c’è forse un retaggio filogenetico che ha favorito la capacità umana a socializzare e i conseguenti benefici? Molto probabilmente, si.
Daniel Patelli
Riferimenti: Joan B. Silk, Jacinta C. Beehner, Thore J. Bergman, Catherine Crockford, Anne L. Engh, Liza R. Moscovice, Roman M. Wittig, Robert M. Seyfarth, and Dorothy L. Cheney. Strong and Consistent Social Bonds Enhance the Longevity of Female Baboons. Current Biology, July 1, 2010 DOI: 10.1016/j.cub.2010.05.067
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons
Ma le relazioni sociali e i benefici che da esse derivano sono prerogativa della nostra specie oppure hanno una lunga storia evoluiva? La risposta, a quanto pare, sembra essere più vicina alla seconda ipotesi visto che sulla rivista Current Biology alcuni ricercatori dell’University of California descrivono in un articolo i benefici derivanti dalle relazioni sociali nei babbuini (Papio hamadryas ursinus).
In particolare, è stato osservato che nelle femmine non solo il rango sociale occupato è in grado di influenzare la longevità, ma il fattore ben più significativo nel determinare la maggior durata della vita riguarda il numero e la qualità dei legami sociali instaurati con altre femmine. Infatti, è stato osservato che femmine “socialmente attive” hanno maggiore probabilità di vivere più a lungo rispetto a quelle che non eccellono nelle relazioni sociali. In questo modo le femmine subordinate possono essere in grado di compensare lo svantaggio derivato dall’apparteneza ad un basso rango sociale, attraverso le loro interazioni sociali. Nei gruppi di babbuini i legami con gli altri conspecifici si instaurano, ad esempio, attraverso lo scambio reciproco di favori come accade nell’attività definita “grooming” (che si riferisce al comportamento osservato nei primati, per cui un animale provvede a ripulire un suo simile dai parassiti).
Rimangono, tuttavia, da spiegare i motivi per cui una più “spinta socialità” abbia effetti benefici sulla durata della vita. Secondo gli autori dello studio le ipotesi possono essere diverse e riguardare, per esempio, la minor probabilità di essere predati se si vive a stretto contatto con altri individui conspecifici. O ancora, c’è la possibilità che in gruppi sociali “rilassati”, in cui le interazioni competitive sono molto limitate, i livelli di stress dei singoli individui siano presumibilmente inferiori.
Alla luce di questo studio pare che, quindi, avere degli “amici” sia fondamentale non solo per l’uomo ma anche per i babbuini, o almeno per le femmine di questa specie.
All’uomo giovano le interazioni sociali: c’è forse un retaggio filogenetico che ha favorito la capacità umana a socializzare e i conseguenti benefici? Molto probabilmente, si.
Daniel Patelli
Riferimenti: Joan B. Silk, Jacinta C. Beehner, Thore J. Bergman, Catherine Crockford, Anne L. Engh, Liza R. Moscovice, Roman M. Wittig, Robert M. Seyfarth, and Dorothy L. Cheney. Strong and Consistent Social Bonds Enhance the Longevity of Female Baboons. Current Biology, July 1, 2010 DOI: 10.1016/j.cub.2010.05.067
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons