Ci sono tre coccodrilli…

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Come ormai accade sempre più di frequente, l’elaborazione di nuove e più precise metodologie di indagine consente di valutare con una precisione maggiore quegli aspetti della biodiversità che sfuggirebbero in seguito alla semplice osservazione. E così, dopo il caso del leopardo nebuloso, dei lemuri volanti del sud-est asiatico, ecco che si scopre che la specie di coccodrillo nano africano (Osteolaemus […]

Come ormai accade sempre più di frequente, l’elaborazione di nuove e più precise metodologie di indagine consente di valutare con una precisione maggiore quegli aspetti della biodiversità che sfuggirebbero in seguito alla semplice osservazione. E così, dopo il caso del leopardo nebuloso, dei lemuri volanti del sud-est asiatico, ecco che si scopre che la specie di coccodrillo nano africano (Osteolaemus tetraspis) è in realtà un complesso di tre specie.

Sebbene morfologicamente queste siano molto simili, a livello di DNA la divergenza sembra tale da assegnare loro lo status di buone specie. La scoperta è stata condotta da un gruppo di ricercatori del Sackler Institute for Comparative Genomics dell’American Museum of Natural History che ha sequenziato e confrontato più di 4.000 coppie di basi di DNA mitocondriale e nucleare di 82 esemplari provenienti dalle foreste tropicali dell’Africa occidentale e centrale.

Dai risultati, pubblicati sulla rivista Molecular Phylogenetics and Evolution, emerge che il coccodrillo più piccolo del mondo è costituito da ben tre specie: Osteolaemus osborni, che abita nel bacino del fiume Congo, Osteolaemus tetraspis, il nome che prima era stato assegnato all’intero complesso di specie, che vive invece nel bacino del fiume Ogooué e una specie ancora senza nome tipica dell’Africa occidentale. Delle tre, la prima specie sembra essere la più antica, in quando presenta alcune caratteristiche che la pongono filogeneticamente vicino all’antenato comune condiviso con il coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus). Le altre due, al contrario, sembrano avere un’origine più recente e sono strettamente imparentate.

Questa nuova scoperta avrà importanti ripercussioni sulle strategie da adottare in termini di protezione e conservazione, in quanto, se prima la IUCN poneva il coccodrillo nano africano come specie vulnerabile all’interno della Red List, il suo status andrà ora aggiornato, probabilmente in negativo. Al giorno d’oggi, questi coccodrilli sono minacciati, oltre che dalla degradazione del proprio ambiente naturale, anche dall’intensa caccia operata dalle  popolazioni locali: circa un quarto della carne venduta e consumata in alcune aree dell’Africa Centrale proviene infatti da questi rettili.

Lo studio pone l’accento sulla difficoltà della tassonomia, soprattutto nella determinazione dello status delle popolazioni naturali: nel passato, infatti, si credeva che il coccodrillo nano africano fosse costituito da due specie di generi diversi, che poi sono state incluse nel medesimo genere ed infine, almeno fino ad oggi, in due sottospecie! Ora le specie sono tre, ma confidiamo che con l’ulteriore miglioramento delle tecniche di sequenziamento e confronto tra genomi possa porre la parola fine su questa vicenda.

La natura, però, è complessa e forse il nostro desiderio di inscatolare la biodiversità in cassetti sempre più piccoli non sarà mai esaudito…

Andrea Romano


Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons