Le locuste del deserto: come funzionano i loro enormi sciami?

Le locuste del deserto non sono solo una piaga per le colture agricole ma anche una specie utilissima nello studio dei movimenti collettivi di specie animali gregarie.
Probabilmente abbiamo visto o sentito tutti parlare degli immensi sciami di locuste migratorie che devastano le colture agricole lungo il loro passaggio. Ogni insetto adulto può mangiare circa il proprio peso in vegetazione al giorno (~2 g), perciò un intero sciame può consumare quantità di cibo paragonabili ai raccolti di interi paesi. Oltre all’aspetto pratico (ovvero il rischio per l’agricoltura), questo fenomeno è interessante anche dal punto di vista scientifico: gli animali paiono coordinarsi senza un capo, dando vita a un movimento collettivo spontaneo.
È infatti proprio la locusta del deserto (Schistocerca gregaria), una specie di grosso ortottero presente in Africa e in Asia, a essere la protagonista di uno studio pubblicato su Science, alla fine del mese di febbraio di quest’anno. Sercan Sayin, primo autore dello studio, e il suo team di ricercatori del Cluster of Excellence “Collective Behaviour” dell’Università di Costanza, hanno indagato i meccanismi comportamentali che sono alla base del movimento collettivo degli sciami di queste locuste. Gli scienziati si sono chiesti: come è possibile che i nugoli di locuste si muovano in modo ordinato e coordinato come un’unica singola massa?
I modelli teorici della fisica
Per spiegare come interazioni semplici tra vicini diano luogo a ordine di gruppo, i ricercatori hanno sviluppato nel tempo diversi modelli teorici di moto collettivo. Tra i più influenti ci sono il modello di Vicsek e quello di Couzin, secondo cui le interazioni locali (ovvero tra individui vicini) all’interno dello sciame possono generare movimenti coordinati nell’intero gruppo di locuste. Questa coordinazione del nugolo si instaurerebbe spontaneamente facendo sì che i movimenti erratici delle singole unità si trasformino, con l’aumentare della densità dello sciame, in un movimento ordinato e coordinato in cui ogni individuo copia quello vicino a sé. Nonostante ci siano delle evidenze che corroborino la bontà di questi modelli, lo studio di S. Sayin e colleghi, invece, non concorda con la “teoria classica” appena descritta.
Il team ha sfruttato esperimenti di campo e software di Immersive Virtual Reality (VR) per arrivare alla conclusione che le locuste non “allineano” spontaneamente i loro movimenti con i vicini e che la coordinazione degli sciami si basa, piuttosto, su modelli cognitivi di processi decisionali spazio – temporali. Questo significherebbe che le locuste non sono semplici “entità probabilistiche” ma che piuttosto basino il loro movimento sulla integrazione di segnali sensoriali interni ed esterni.
Gli esperimenti dello studio
Come accennato, il disegno sperimentale dello studio ha previsto, prima di tutto, esperimenti sul campo. Nel 2020, quando il progetto è cominciato in Kenya, gli scienziati hanno provato a stabilire quali fossero le principali modalità sensoriali coinvolte nel movimento coordinato delle locuste. Manipolando l’olfatto (tramite la recisione delle antenne) e la visione (oscurando gli ocelli e gli occhi) di alcuni individui si è subito notato che le locuste di controllo, quelle senza olfatto e quelle a cui era stata eliminata la visione polarizzata tendevano a “marciare” insieme ai propri conspecifici in modo coordinato, mentre le locuste “accecate” si muovevano in direzioni casuali. Gli scienziati hanno concluso che la coordinazione è basata sulla vista.
A questo punto, tramite la realtà aumentata (vedi video), gli scienziati hanno fatto interagire le locuste con conspecifici olografici virtuali 3D. Le locuste olografiche, mostrate negli esperimenti con singoli individui, potevano essere più o meno numerose e più o meno coordinate tra loro nei movimenti. In questo modo gli scienziati hanno cercato di capire come rispondevano gli animali in diverse condizioni.
Ne è emerso che il comportamento delle vere locuste, innescato dalla vista delle gemelle olografiche, dipendeva non tanto dalla densità dello sciame virtuale (come risultava da altri esperimenti), ma piuttosto dalla “qualità” delle informazioni presentate, cioè dal grado di ordine dello sciame. In pratica, quando gli sciami virtuali mostravano individui tra loro ben allineati, che marciavano tutti nella stessa direzione, allora le locuste cercavano di unirsi a loro. Questo non avveniva se le locuste proiettate erano “disordinate”, indipendentemente dal loro numero.
Ciò significa che anche se ci fossero pochi individui coordinati tra loro, anche gli altri tenderebbero a seguirli, allineandosi nei movimenti. È quindi la qualità delle informazioni a guidare le locuste, non la quantità degli individui!
Ma c’è di più. La risposta optomotoria, ovvero l’impulso a muoversi nella direzione in cui un secondo soggetto si sta muovendo, si pensa essere alla base dei movimenti collettivi di alcuni animali, comprese le locuste. Ma le locuste sono animali dal comportamento gregario solamente quando crescono insieme ai propri conspecifici e, di conseguenza, è stato ipotizzato che le locuste “solitarie” dovrebbero rispondere meno agli stimoli di flusso ottico. Lo studio, invece, ha dimostrato che sia le locuste solitarie che quelle gregarie rispondono al “wide – field moving – dot stimulus“, un tipo di stimolo molto usato in questi studi e che consiste nel mostrare una serie di puntini in movimento.

Rappresentazione schematica della tecnica del “wide – field moving – dot stimulus“. Immagine: dalla pubblicazione.
Risultati opposti sono stati invece raggiunti posizionando locuste cresciute solitarie e cresciute gregarie nella simulazione olografica dello sciame: le locuste solitarie non seguono le loro conspecifiche. È quindi poco probabile che la semplice risposta optomotoria possa spiegare il comportamento collettivo dello sciame.
Infine, se vengono poste delle locuste olografiche che si muovono in direzione opposta rispetto alla direzione di marcia dello sciame, che cosa faranno le vere locuste? Seguono gli individui più vicini che marciano in direzione opposta a quella generale dello sciame! Questo modello viene definito pull mechanism: le locuste seguono quindi “attentamente” le proprie vicine e non seguono semplicemente il “flusso”.
Ma quindi, gli sciami di locuste cosa fanno?
Sembrerebbe che le locuste non seguano delle semplici regole fisse per muoversi all’interno dello sciame ma bensì che il movimento collettivo si basi piuttosto su un modello neuro – spazio – decisionale, sfruttato a livello dei singoli individui sia a corto che a lungo raggio. Le locuste inducono picchi di attività neurali negli individui vicini formando una sorta di modello mentale vettoriale dei conspecifici. Individui differenti che si muovono in direzioni e velocità differenti apparirebbero come “picchi neurali contrastanti” nel sistema nervoso della locusta che, a un certo punto, dovrebbe decidere quali individui seguire a scapito degli altri.
I meccanismi comportamentali che governano il movimento collettivo degli sciami di locuste non possono, in conclusione, quindi più essere spiegati dai modelli classici di “allineamento spontaneo delle particelle” o, in questo caso, dei singoli individui di uno sciame. A supporto di questo nuovo modello neurale, lo studio del team dell’Università di Costanza ha dimostrato che una locusta, posta al centro di due sciami virtuali, non segue semplicemente “il flusso” ma decide attivamente quale dei due sciami seguire.
Al termine della ricerca, S. Sayin ha affermato che:
“Le locuste non si comportano come semplici particelle che si allineano tra loro. Ci siamo resi conto che dobbiamo modellarle come agenti cognitivi, che elaborano l’ambiente circostante e prendono decisioni su dove muoversi successivamente.”
La ricerca apre quindi le porte a nuove frontiere nello studio del comportamento delle locuste e, di conseguenza, sulle possibili strategie utili per controllare gli sciami che distruggono colture e raccolti degli agricoltori. Sarebbe anche inoltre possibile che questo modello neurale non si applichi solamente alle locuste del deserto ma che possa essere alla base di altri meccanismi di movimento collettivo di altre specie animali.
Riferimenti: Sercan Sayin, Einat Couzin-Fuchs, Inga Petelski, Yannick Günzel, Mohammad Salahshour, Chi-Yu Lee, Jacob M. Graving, Liang Li, Oliver Deussen, Gregory A. Sword & Iain D. Couzin, The behavioral mechanisms governing collective motion in swarming locusts, Science387,995-1000(2025).
Immagine in apertura: Christiaan Kooyman via WikipediaCommons.

Laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli studi di Pavia, si iscrive al corso di laurea magistrale in Biodiversità ed Evoluzione Biologica alla Statale di Milano. Amante del mare e della fotografia è da sempre appassionata di letteratura e divulgazione scientifica.