Come l’uomo influenza l’evoluzione della vita sulla Terra
Quando si considera l’impatto degli umani sull’ambiente, si pone l’accento sul numero di specie estinte. Ma le attività degli uomini possono anche portare all’origine di nuove specie
È noto come l’uomo sia responsabile di molte delle estinzioni avvenute negli ultimi secoli. Il numero di alberi sulla superficie terrestre è dimezzato dalla rivoluzione industriale, a causa del disboscamento per l’uso del legname e per la conversione in terreno da agricoltura e pascolo. Questo, oltre alla caccia, ha influenzato negativamente le possibilità di sopravvivenza di quegli animali che nelle foreste hanno il proprio habitat. Per non parlare dell’introduzione di specie alloctone invasive e l’inquinamento degli ambienti naturali, anch’esse cause dell’attuale riduzione della biodiversità a livello mondiale.
Tuttavia, come hanno sottolineato i ricercatori J.W. Bull e M. Maron in un articolo recentemente pubblicato sui Proceedings of the Royal Society B, per mettere in campo delle efficaci azioni di conservazione della biodiversità non bisogna solo considerare gli effetti delle estinzioni causate dagli umani, ma anche quelli della creazione di nuove specie (speciazione) indotta dalle attività antropiche. Vi sono diversi meccanismi che possono indurre lo sviluppo di nuovi tratti nelle specie esistenti, fino alla possibile origine di una nuova specie.
La modifica degli ecosistemi ad opera delle attività umane può causare perdita di biodiversità, ma anche la creazione di nuove comunità biologiche. Alcune specie sono in grado di adattarsi o anche sfruttare lo sviluppo di ambienti modificati, esibendo nuovi tratti. Per esempio si è osservato che la diversità di piante di alta quota è aumentato in risposta all’aumento globale delle temperature di origine antropica. Un caso particolare è quello della zanzara comune (Culex pipiens) che si è adattata allo specifico ambiente della metropolitana londinese, formando una popolazione sotterranea che si è differenziata a tal punto da esibire comportamenti marcatamente diversi. Questa sottospecie, chiamata Culex pipiens molestus, non riesce più a riprodursi con la zanzara comune, ed è quindi sul punto di essere riconosciuta come specie a parte. In un altro caso, sembra che la frammentazione delle foreste dell’America centrale causata dal disboscamento abbia portato alla diversificazione della libellula Megaloprepus caerulatus nelle diverse porzioni di foresta rimaste inducendo l’origine di diverse specie nuove.
Un altro meccanismo alla base della comparsa di nuove specie è l’addomesticamento. Gli uomini hanno addomesticato quasi 500 specie di animali e 300 di piante negli ultimi 11000 anni, e queste specie sono sottoposte a continua pressione selettiva. Per esempio, almeno 6 piante agricole selezionate dall’uomo per scopi alimentari si possono considerare completamente nuove. Anche se non è stata ancora osservata, la speciazione può avvenire anche in modo incidentale, come conseguenza dello sviluppo di resistenza agli erbicidi da parte delle piante infestanti.
Il trasporto, intenzionale o meno, di organismi attraverso il mondo, legato sia alle migrazioni sia al commercio, è un’altra potenziale fonte di speciazione. Le specie invasive possono mettere a rischio la biodiversità dell’ecosistema in cui sono trasferite, ma per esempio è stato osservato che, ibridandosi con le specie autoctone, le piante trasferite in Europa hanno causato la comparsa di più specie vegetali di quante non si siano estinte negli ultimi tre secoli.
Anche la stessa caccia è ritenuta in grado di indurre dei cambiamenti evolutivi significativi negli animali, come conseguenza della loro necessità di adattarsi per sopravvivere, e in futuro, anche l’ingegneria genetica potrebbe essere un’ulteriore fonte di speciazione. Potrebbe quindi essere rilevante considerare il cambiamento netto di specie nelle strategie di conservazione.
Tuttavia, non è detto che uno scenario in cui il numero di estinzioni e speciazioni si equilibra sia accettabile. Bisogna considerare infatti non solo il numero netto di specie esistenti, ma anche altri fattori come la loro diversità genetica, l’abbondanza di individui di ogni determinata specie, i tempi scala su cui avvengono gli eventi di estinzione e speciazione e il valore percepito delle specie estinte, generalmente maggiore se confrontato con quello attribuito a quelle nuove.
Non è al momento possibile quantificare con precisione gli eventi di speciazione indotti dall’attività umana, né quanto siano significativi. Anche se il fenomeno è degno di nota nel contesto di una migliore comprensione del nostro impatto sulla biodiversità globale, è necessario un approccio interdisciplinare per determinare il suo valore dal punto di vista ecologico.
Immagine: David Barillet-Portal, Bordeaux, FRANCE – Licenza CC BY-SA 3.0
Tuttavia, come hanno sottolineato i ricercatori J.W. Bull e M. Maron in un articolo recentemente pubblicato sui Proceedings of the Royal Society B, per mettere in campo delle efficaci azioni di conservazione della biodiversità non bisogna solo considerare gli effetti delle estinzioni causate dagli umani, ma anche quelli della creazione di nuove specie (speciazione) indotta dalle attività antropiche. Vi sono diversi meccanismi che possono indurre lo sviluppo di nuovi tratti nelle specie esistenti, fino alla possibile origine di una nuova specie.
La modifica degli ecosistemi ad opera delle attività umane può causare perdita di biodiversità, ma anche la creazione di nuove comunità biologiche. Alcune specie sono in grado di adattarsi o anche sfruttare lo sviluppo di ambienti modificati, esibendo nuovi tratti. Per esempio si è osservato che la diversità di piante di alta quota è aumentato in risposta all’aumento globale delle temperature di origine antropica. Un caso particolare è quello della zanzara comune (Culex pipiens) che si è adattata allo specifico ambiente della metropolitana londinese, formando una popolazione sotterranea che si è differenziata a tal punto da esibire comportamenti marcatamente diversi. Questa sottospecie, chiamata Culex pipiens molestus, non riesce più a riprodursi con la zanzara comune, ed è quindi sul punto di essere riconosciuta come specie a parte. In un altro caso, sembra che la frammentazione delle foreste dell’America centrale causata dal disboscamento abbia portato alla diversificazione della libellula Megaloprepus caerulatus nelle diverse porzioni di foresta rimaste inducendo l’origine di diverse specie nuove.
Un altro meccanismo alla base della comparsa di nuove specie è l’addomesticamento. Gli uomini hanno addomesticato quasi 500 specie di animali e 300 di piante negli ultimi 11000 anni, e queste specie sono sottoposte a continua pressione selettiva. Per esempio, almeno 6 piante agricole selezionate dall’uomo per scopi alimentari si possono considerare completamente nuove. Anche se non è stata ancora osservata, la speciazione può avvenire anche in modo incidentale, come conseguenza dello sviluppo di resistenza agli erbicidi da parte delle piante infestanti.
Il trasporto, intenzionale o meno, di organismi attraverso il mondo, legato sia alle migrazioni sia al commercio, è un’altra potenziale fonte di speciazione. Le specie invasive possono mettere a rischio la biodiversità dell’ecosistema in cui sono trasferite, ma per esempio è stato osservato che, ibridandosi con le specie autoctone, le piante trasferite in Europa hanno causato la comparsa di più specie vegetali di quante non si siano estinte negli ultimi tre secoli.
Anche la stessa caccia è ritenuta in grado di indurre dei cambiamenti evolutivi significativi negli animali, come conseguenza della loro necessità di adattarsi per sopravvivere, e in futuro, anche l’ingegneria genetica potrebbe essere un’ulteriore fonte di speciazione. Potrebbe quindi essere rilevante considerare il cambiamento netto di specie nelle strategie di conservazione.
Tuttavia, non è detto che uno scenario in cui il numero di estinzioni e speciazioni si equilibra sia accettabile. Bisogna considerare infatti non solo il numero netto di specie esistenti, ma anche altri fattori come la loro diversità genetica, l’abbondanza di individui di ogni determinata specie, i tempi scala su cui avvengono gli eventi di estinzione e speciazione e il valore percepito delle specie estinte, generalmente maggiore se confrontato con quello attribuito a quelle nuove.
Non è al momento possibile quantificare con precisione gli eventi di speciazione indotti dall’attività umana, né quanto siano significativi. Anche se il fenomeno è degno di nota nel contesto di una migliore comprensione del nostro impatto sulla biodiversità globale, è necessario un approccio interdisciplinare per determinare il suo valore dal punto di vista ecologico.
Riferimenti:
Bull J.W., Maron M., How humans drive speciation as well as extinction. Proc. R. Soc. B 283. DOI:10.1098/rspb.2016.0600Immagine: David Barillet-Portal, Bordeaux, FRANCE – Licenza CC BY-SA 3.0