Come sopravvivere ad una estinzione di massa
Perché alcuni gruppi di organismi sono riusciti a sopravvivere alla caduta del meteorite 66 milioni di anni fa e altri no? Un team di ricerca ha ricostruito l’ecosistema del Nord America prima e dopo l’estinzione di massa cercando una risposta
Circa 66 milioni di anni fa una roccia di circa 10 km di diametro proveniente dallo spazio impattava con il nostro pianeta causando, con altissima probabilità, la quinta estinzione di massa. Alcuni taxa (raggruppamenti tassonomici di individui appartenenti tutti allo stesso gruppo) si sono estinti del tutto, altri parzialmente mentre per altri ancora è risultato relativamente semplice superare questa crisi planetaria.
Perché, per esempio, molte specie di dinosauri, compresi gruppi di “uccelli primitivi” come gli Enantiorniti (uccelli dotati ancora di denti), si sono estinti mentre altri dinosauri come i Neorniti (uccelli senza denti) e i mammiferi no?
Viaggiare nel tempo con i dati
Un articolo pubblicato alla fine dello scorso anno sulla rivista scientifica Science Advances, ha cercato di ricostruire la vita prima e dopo l’impatto, nell’ecosistema del Nord America. Grazie a simulazioni al computer gli scienziati hanno ricreato l’orografia e il paleoclima del continente Nord Americano durante il Campaniano (83,6 – 72,1 milioni di anni fa), il Maastrictiano (72,1 – 66 milioni di anni fa) e il Daniano (66 – 61,6 milioni di anni fa). Successivamente, in base alle conoscenze sulla nicchia ecologica date dai fossili di ogni animale, hanno ricostruito l’ecosistema di questi tre intervalli, e realizzato le reti trofiche che collegavano tra di loro le specie prese in esame.
Gli scienziati non nascondono che il bias associato al ritrovamento di alcuni fossili rispetto ad altri e la simulazione del paleoclima, rappresentino un severo rischio per l’accuratezza dei risultati. Rischio che però hanno provveduto a quantificare con dei campionamenti randomizzati che hanno dato un esito rassicurante sui risultati di questo articolo.
Un ecosistema in evoluzione
I dati prodotti mostrano che durante il Campaniano, la rete trofica dell’ecosistema Nord Americano era molto fitta, con molte specie in relazione tra di loro. A dominare la scena sono i medi e grandi dinosauri teropodi carnivori così come le loro prede, cioè specie di grossa taglia di Ceratopsidi e Adrosauridi.
Quello che ha stupito gli scienziati è che nel successivo Maastrictiano, anche se non si osservano cambiamenti paleoclimatici tali da far pensare alla scomparsa della nicchia ecologica dei grandi erbivori, questi progressivamente spariscono lasciando il posto a specie di taglia inferiore. Diminuisce quindi l’impatto sulla rete trofica dei medi e grandi dinosauri teropodi carnivori e proliferano le specie di piccola e media taglia. Gli scienziati non si sbilanciano sulle ragioni di questo cambiamento nella composizione biotica.
Se sembra poi che la nicchia ecologica dei grandi erbivori venga spartita da specie più piccole, al contrario taxa di piccola taglia come gli Squamati (per esempio lucertole e serpenti), uccelli basali e mammiferi sembrano occupare sempre più nicchie ecologiche e aumentare il loro impatto sulla rete trofica.
In sintesi, anche se non sappiamo le ragioni, si passa da un ecosistema nella quale abbiamo una grande differenza di taglia tra le specie a uno in cui questo gap diminuisce notevolmente e, contemporaneamente, si passa da un ecosistema dominato da grandi animali e con una fitta rete trofica a uno più orientato verso animali di media e piccola taglia e con una rete trofica meno complessa.
Gli effetti dell’impatto
Dopo l’impatto meteorico si può notare un ritorno a una rete trofica più fitta di connessioni nella quale le specie dei taxa sopravvissuti di piccola e media taglia erbivori e onnivori dominano la scena.
Ma perché tra gli animali di piccola taglia scampati all’estinzione non troviamo anche i dinosauri non aviani? Dopotutto, innumerevoli specie appartenenti a questo taxon avevano le dimensioni di mammiferi e uccelli loro contemporanei che ce l’hanno fatta.
Una risposta potrebbe essere proprio la loro posizione nella rete trofica durante il Maastrictiano. Mentre altri piccoli animali aumentano i contatti all’interno della rete trofica e guadagnano plausibilmente sempre più nicchie ecologiche, i dinosauri non aviani presentano pochi punti di connessione con le altre specie all’interno della rete trofica.
Questo potrebbe significare una pericolosa staticità e rigidità della propria nicchia realizzata (la nicchia ecologica che un animale realmente occupa) che espone animali specializzati a un improvviso quanto imprevedibile cambiamento del proprio habitat. Al contrario altri piccoli animali, come i mammiferi, gli squamati e gli uccelli, sembrano proiettati già ben prima dell’impatto meteorico verso uno stile di vita più da generalisti e con nicchie ecologiche dinamiche e plastiche, caratteristiche utilissime quando vengono a crearsi perturbazioni nel proprio ecosistema.
Favoriti dalla catastrofe
Ma non è solo questione di taglia. Infatti anche tra gli uccelli, i Neorniti sono sopravvissuti mentre altri uccelli più “primitivi” no. Per non parlare di molte specie di rettili volanti appartenenti agli Pterosauri che, seppur di dimensioni paragonabili a quelle degli uccelli, si sono estinte.
Gli scienziati ritengono che la spiegazione vada cercata in altre caratteristiche dei singoli taxa come, per esempio, l’abbondanza di individui al momento delle catastrofe, lo stile di vita generalista, una dieta a base di semi, uno sviluppo somatico e sessuale più rapido, plasticità comportamentale e persino la catemeralità (stile di vita nel quale l’animale alterna periodi di attività a periodi di inattività durante l’arco delle 24 ore).
Insomma, quando si verifica un evento catastrofico come quello che ha prodotto il cratere di Chicxulub è difficile pronosticare quali taxa si estingueranno e quali no. Le caratteristiche peculiari di ciascuna specie possono fare la differenza ma, come mostra questo studio, bisogna considerare anche la posizione all’interno della rete trofica del proprio ecosistema. E forse, più di tutto, è stato questo a determinare la scomparsa dei dinosauri non aviani.
Riferimenti:
García-Girón, Jorge, et al. “Shifts in food webs and niche stability shaped survivorship and extinction at the end-Cretaceous.” Science Advances, vol. 8, no. 49, Dec. 2022, p. eadd5040, doi:10.1126/sciadv.add5040.
Immagine: Bern Oberbeck e Dr. Kevin Azhnle, NASA’s Ames Research Center. Pubblico dominio via Picryl
Perché, per esempio, molte specie di dinosauri, compresi gruppi di “uccelli primitivi” come gli Enantiorniti (uccelli dotati ancora di denti), si sono estinti mentre altri dinosauri come i Neorniti (uccelli senza denti) e i mammiferi no?
Viaggiare nel tempo con i dati
Un articolo pubblicato alla fine dello scorso anno sulla rivista scientifica Science Advances, ha cercato di ricostruire la vita prima e dopo l’impatto, nell’ecosistema del Nord America. Grazie a simulazioni al computer gli scienziati hanno ricreato l’orografia e il paleoclima del continente Nord Americano durante il Campaniano (83,6 – 72,1 milioni di anni fa), il Maastrictiano (72,1 – 66 milioni di anni fa) e il Daniano (66 – 61,6 milioni di anni fa). Successivamente, in base alle conoscenze sulla nicchia ecologica date dai fossili di ogni animale, hanno ricostruito l’ecosistema di questi tre intervalli, e realizzato le reti trofiche che collegavano tra di loro le specie prese in esame.
Gli scienziati non nascondono che il bias associato al ritrovamento di alcuni fossili rispetto ad altri e la simulazione del paleoclima, rappresentino un severo rischio per l’accuratezza dei risultati. Rischio che però hanno provveduto a quantificare con dei campionamenti randomizzati che hanno dato un esito rassicurante sui risultati di questo articolo.
Un ecosistema in evoluzione
I dati prodotti mostrano che durante il Campaniano, la rete trofica dell’ecosistema Nord Americano era molto fitta, con molte specie in relazione tra di loro. A dominare la scena sono i medi e grandi dinosauri teropodi carnivori così come le loro prede, cioè specie di grossa taglia di Ceratopsidi e Adrosauridi.
Quello che ha stupito gli scienziati è che nel successivo Maastrictiano, anche se non si osservano cambiamenti paleoclimatici tali da far pensare alla scomparsa della nicchia ecologica dei grandi erbivori, questi progressivamente spariscono lasciando il posto a specie di taglia inferiore. Diminuisce quindi l’impatto sulla rete trofica dei medi e grandi dinosauri teropodi carnivori e proliferano le specie di piccola e media taglia. Gli scienziati non si sbilanciano sulle ragioni di questo cambiamento nella composizione biotica.
Se sembra poi che la nicchia ecologica dei grandi erbivori venga spartita da specie più piccole, al contrario taxa di piccola taglia come gli Squamati (per esempio lucertole e serpenti), uccelli basali e mammiferi sembrano occupare sempre più nicchie ecologiche e aumentare il loro impatto sulla rete trofica.
In sintesi, anche se non sappiamo le ragioni, si passa da un ecosistema nella quale abbiamo una grande differenza di taglia tra le specie a uno in cui questo gap diminuisce notevolmente e, contemporaneamente, si passa da un ecosistema dominato da grandi animali e con una fitta rete trofica a uno più orientato verso animali di media e piccola taglia e con una rete trofica meno complessa.
Gli effetti dell’impatto
Dopo l’impatto meteorico si può notare un ritorno a una rete trofica più fitta di connessioni nella quale le specie dei taxa sopravvissuti di piccola e media taglia erbivori e onnivori dominano la scena.
Ma perché tra gli animali di piccola taglia scampati all’estinzione non troviamo anche i dinosauri non aviani? Dopotutto, innumerevoli specie appartenenti a questo taxon avevano le dimensioni di mammiferi e uccelli loro contemporanei che ce l’hanno fatta.
Una risposta potrebbe essere proprio la loro posizione nella rete trofica durante il Maastrictiano. Mentre altri piccoli animali aumentano i contatti all’interno della rete trofica e guadagnano plausibilmente sempre più nicchie ecologiche, i dinosauri non aviani presentano pochi punti di connessione con le altre specie all’interno della rete trofica.
Questo potrebbe significare una pericolosa staticità e rigidità della propria nicchia realizzata (la nicchia ecologica che un animale realmente occupa) che espone animali specializzati a un improvviso quanto imprevedibile cambiamento del proprio habitat. Al contrario altri piccoli animali, come i mammiferi, gli squamati e gli uccelli, sembrano proiettati già ben prima dell’impatto meteorico verso uno stile di vita più da generalisti e con nicchie ecologiche dinamiche e plastiche, caratteristiche utilissime quando vengono a crearsi perturbazioni nel proprio ecosistema.
Favoriti dalla catastrofe
Ma non è solo questione di taglia. Infatti anche tra gli uccelli, i Neorniti sono sopravvissuti mentre altri uccelli più “primitivi” no. Per non parlare di molte specie di rettili volanti appartenenti agli Pterosauri che, seppur di dimensioni paragonabili a quelle degli uccelli, si sono estinte.
Gli scienziati ritengono che la spiegazione vada cercata in altre caratteristiche dei singoli taxa come, per esempio, l’abbondanza di individui al momento delle catastrofe, lo stile di vita generalista, una dieta a base di semi, uno sviluppo somatico e sessuale più rapido, plasticità comportamentale e persino la catemeralità (stile di vita nel quale l’animale alterna periodi di attività a periodi di inattività durante l’arco delle 24 ore).
Insomma, quando si verifica un evento catastrofico come quello che ha prodotto il cratere di Chicxulub è difficile pronosticare quali taxa si estingueranno e quali no. Le caratteristiche peculiari di ciascuna specie possono fare la differenza ma, come mostra questo studio, bisogna considerare anche la posizione all’interno della rete trofica del proprio ecosistema. E forse, più di tutto, è stato questo a determinare la scomparsa dei dinosauri non aviani.
Riferimenti:
García-Girón, Jorge, et al. “Shifts in food webs and niche stability shaped survivorship and extinction at the end-Cretaceous.” Science Advances, vol. 8, no. 49, Dec. 2022, p. eadd5040, doi:10.1126/sciadv.add5040.
Immagine: Bern Oberbeck e Dr. Kevin Azhnle, NASA’s Ames Research Center. Pubblico dominio via Picryl
Mi sono laureato in Biologia Evoluzionistica all’Università degli Studi di Padova. Ho scritto per OggiScienza e sono attivo nel campo della divulgazione scientifica. Ho creato e dirigo il progetto di divulgazione scientifica multipiattaforma “Just a Story”