Competizione tra spermatozoi e sindrome di Apert
La sindrome di Apert, una malattia che colpisce un bambino ogni 70.000, è una rara deformazione dello sviluppo consistente in una craniosinostosi (prematura fusione delle suture craniche) e sindattilia (fusione delle dita delle mani o dei piedi). Inoltre, può causare malformazioni della mascella e del viso, come l’esoftalmo (protrusione patologica del bulbo oculare) di varia gravità. Essa può comportare infine […]
La sindrome di Apert, una malattia che colpisce un bambino ogni 70.000, è una rara deformazione dello sviluppo consistente in una craniosinostosi (prematura fusione delle suture craniche) e sindattilia (fusione delle dita delle mani o dei piedi). Inoltre, può causare malformazioni della mascella e del viso, come l’esoftalmo (protrusione patologica del bulbo oculare) di varia gravità. Essa può comportare infine un ritardo mentale molto frequente e grave, spesso associato a malformazioni cerebrali.
Tutti i pazienti affetti dalla sindrome di Apert presentano in alternativa una delle due mutazioni adiacenti (Ser252Trp e Pro253Arg) del gene FGFR2, situato sul cromosoma 10, che codifica per i fattori di crescita dei fibroblasti. Queste sono le cellule tipiche del tessuto connettivo, in grado di produrre la componente fibrillare, mentre il termine fattore di crescita si riferisce a proteine capaci di stimolare la proliferazione e il differenziamento cellulare.
L’incidenza di queste mutazioni risulta dalle 100 alle 1.000 volte maggiore rispetto al tasso medio di mutazione, tanto da aver fatto ipotizzare ai ricercatori la presenza di un “hotspot” per le mutazioni, una regione del DNA più suscettibile ad errori di duplicazione rispetto alle altre. Inoltre, la mutazione dannosa compare nel testicolo paterno e la frequenza sembra essere correlata all’età del padre.
Un gruppo di ricercatori della University of Southern California (USC) di Los Angeles ha cercato di spiegare l’insorgenza di tali mutazioni tramite un modello matematico. Sulla rivista open access PLoS Biology, i biologi affermano che, se fosse vera l’ipotesi dell'”hotspot”, le cellule mutate dovrebbero essere distribuite uniformemente all’interno dei testicoli.
In contrasto, essi propongono un’alternativa: la mutazione potrebbe insorgere in una o poche cellule, con un tasso di mutazione simile alle altre porzioni di DNA, ma risultare vantaggiosa per le cellule della linea germinale (i precursori degli spermatozoi) che la possiedono. In altre parole, il gene mutato conferirebbe un vantaggio al possessore, aumentando la velocità di divisione cellulare. In questo caso, la selezione naturale agirebbe sulle singole cellule in competizione, favorendo quelle che si riproducono più in fretta rispetto a quelle “wild tipe”. In questo modo, le cellule mutate si diffonderebbero, risultando però distribuite in piccole aree del testicolo.
Per valutare le due ipotesi, i ricercatori hanno sezionato alcuni testicoli portatori, appartenenti a donatori deceduti, ed hanno osservato la distribuzione delle cellule mutate. I risultati sembrano essere in accordo con la seconda ipotesi, poichè il 95% delle cellule portatrici di questa mutazione dannosa risultano raggruppate in zone circoscritte. L’accumulo delle cellule mutate può spiegare anche la relazione tra la patologia della prole e l’età del padre. Infatti, se la selezione naturale favorisse le cellule mutate perchè si riproducono più velocemente, con il passare del tempo esse avranno colonizzato una porzione maggiore del testicolo, con una maggiore probabilità di produrre spermatozoi mutati. Non è un caso, che i testicoli dissezionati di uomini cinquantenni e sessantenni contengano circa dieci volte il contenuto di cellule mutate rispetto a quelli di maschi trentenni anch’essi portatori.
Un vantaggio dal punto di vista cellulare si trasforma dunque in uno svantaggio per la prole.
Questa scoperta potrà essere utile per la prevenzione e la cura di malattie ereditarie legate all’età del padre, come il nanismo causato da acondroplasia.
Andrea Romano
La foto è tratta da Wikimedia Commons
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.