Cosa ci spinge a proteggere gli insetti impollinatori: una questione morale
Gli insetti impollinatori sono sempre più studiati, ma questo non è sufficiente a tradurre la conoscenza in azioni per la loro protezione. Una ricerca suggerisce che, a livello individuale, i cittadini europei che aiutano la conservazione degli impollinatori sono mossi dal senso responsabilità e convinzione morale
Non fanno rumore come i vertebrati a rischio estinzione, ma anche loro rischiano la scomparsa e, con loro, le funzioni ecologiche che sostengono. Secondo le stime riportate dal WWF Italia:
“Oggi il 40% degli insetti impollinatori nel mondo è a rischio estinzione ed entro il 2100 lo saranno i due terzi. In Europa, negli ultimi 30 anni, abbiamo perso il 70% della biomassa degli insetti volatori, molti dei quali garantiscono il servizio ecosistemico dell’impollinazione”.
Circa il 75% delle principali colture agrarie e circa il 90% delle piante selvatiche da fiore dipendono dagli insetti. Si stima che in Europa il valore dei servizi offerti degli impollinatori si aggiri intorno ai 22 miliardi di euro l’anno per le sole colture agricole.
Le api, in particolare l’ape mellifera, hanno sempre attirato più attenzione, ma tra gli insetti non sono gli unici impollinatori. Esistono molte altre specie di api (in Italia se ne stimano circa più di 1000; nel mondo più di 20000), senza contare le migliaia di altre specie, dalle farfalle ai sirfidi.
Secondo la dottoressa Costanza Geppert, ricercatrice al Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente (DAFNE) dell’Università di Padova:
“Esiste una forma d’amore verso questa specie, comprensibile data la millenaria interazione umana e la produzione di miele, ma rischia di marginalizzare l’importanza di altre specie di api e di altri insetti impollinatori altrettanto fondamentali”
Dagli studi scientifici emerge infatti, spiega Geppert, che in genere gli altri insetti suscitano nelle persone sentimenti di paura e disgusto e, a differenza dell’ape del miele, il loro ruolo ecologico è meno enfatizzato.
È molto importante capire che cosa, anche a livello individuale, possa spingerci ad agire in favore degli impollinatori (e possibilmente non solo l’ape comune). Gli studi sulla loro importanza infatti oggi non mancano, ma è ancora difficile tradurli in politiche efficaci, come dimostra il loro declino. Va appunto in questa direzione lo studio di Geppert e colleghi pubblicato in primavera sulla rivista People and Nature.
Una questione morale
Lo studio analizza le risposte di 4541 interviste in Germania, Paesi Bassi e Italia. Secondo i dati raccolti le persone le persone sono più inclini ad agire per proteggere gli impollinatori quando praticano attività a contatto con la natura, ricevono sostegno dal loro ambiente sociale (amici, famigliari) e credono che il loro comportamento abbia un impatto. Inoltre, chi attribuisce un valore positivo agli impollinatori tende a essere più consapevole del loro ruolo essenziale.
Ma la condizione principale è ancora più profonda, e riguarda la dimensione valoriale.
“I nostri risultati mostrano che le persone intendono proteggere gli impollinatori quando emerge in loro una convinzione morale, una norma personale, ciò che guida il mio agire in base a ciò che credo sia giusto”– spiega la Geppert – “sentirsi corresponsabili del loro declino e preoccuparsi per l’ambiente ha portato a un senso di convinzione morale di protezione degli impollinatori”
Secondo lo studio influirebbe positivamente, ma debolmente, anche un reddito maggiore. Praticamente ininfluenti risultano il grado di istruzione (ma per l’Italia, curiosamente si registra, un effetto negativo dell’educazione terziaria), il genere, l’abitare in zone urbane o in zone rurali.
In concreto questi fattori psico-sociali portano, come pratiche preferite, a piantare e coltivare fiori adatti agli impollinatori e a costruire hotel per impollinatori, i “bee hotel”. Seguono firmare petizioni, partecipare a donazioni, acquistare prodotti da agricoltura con uso limitato di fitofarmaci, informarsi sul tema attraverso riviste. Più difficile risulta, nonostante la motivazione, la partecipazione a iniziative di citizen science per il monitoraggio degli impollinatori, che richiedono nuove competenze da acquisire.
Come applicare queste conoscenze?
Trascorrere tempo all’aperto, nella natura, sembra un fattore determinante per sviluppare una responsabilizzazione rispetto al declino degli impollinatori. Gli autori suggeriscono che eventuali azioni di sensibilizzazione potrebbero percorrere questo sentiero, cioè promuovere progetti legati alle attività all’aperto, come l’escursionismo, l’osservazione della fauna selvatica, il giardinaggio. E probabilmente è meglio cominciare dai più giovani.
“Abbiamo usato come parametro la frequenza di contatto con la natura, ma molti studi evidenziano come questa abitudine assuma maggiore valore se praticata durante l’infanzia. Utilizzare esperienze all’interno dei programmi educativi può essere un modo efficace di sviluppare sensibilità verso la natura” conclude Geppert.
Per proteggere gli impollinatori, ma anche ogni specie a rischio, sembra auspicabile la formazione di individui moralmente coinvolti attraverso “brevi lezioni di meraviglia”….
Riferimenti:
Geppert, C., Franceschinis, C., Fijen, T. P. M., Kleijn, D., Scheper, J., Steffan-Dewenter, I., …Marini, L. (2024). Willingness of rural and urban citizens to undertake pollinator conservation actions across three contrasting European countries. People and Nature, 6(4), 1502–1511. doi: 10.1002/pan3.10656
Immagine: comunicato stampa Università di Padova
Biologo molecolare, ha svolto attività di ricerca per un breve periodo pubblicando su importanti riviste di settore. Attirato dalla comunicazione ha lavorato per aziende farmaceutiche e infine ha trovato la sua consona espressione nell’insegnamento e nella divulgazione scientifica. Per certificare le competenze di divulgazione ho svolto un corso con Feltrinelli con docenti S.I.S.S.A. Scrive di scienza in diversi ambiti.