Cosa hanno in comune l’uomo e i rotiferi?
Gli ormoni steroidei giocano un ruolo importante nell’uomo ma anche in altri vertebrati, perché regolano gli importanti processi di sviluppo e di riproduzione. Nell’uomo, (inteso come maschio della nostra specie, Homo sapiens) in particolare, l’ormone steroideo che esercita un’influenza maggiore è il testosterone che controlla lo sviluppo degli organi sessuali e dei caratteri sessuali secondari oltre ad essere il diretto […]
Gli ormoni steroidei giocano un ruolo importante nell’uomo ma anche in altri vertebrati, perché regolano gli importanti processi di sviluppo e di riproduzione. Nell’uomo, (inteso come maschio della nostra specie, Homo sapiens) in particolare, l’ormone steroideo che esercita un’influenza maggiore è il testosterone che controlla lo sviluppo degli organi sessuali e dei caratteri sessuali secondari oltre ad essere il diretto responsabile della fertilità maschile e, nell’età puberale, interviene anche sullo sviluppo scheletrico.
Nella donna, invece, gli ormoni steroidei che si trovano a più alta concentrazione sono l’estradiolo, prodotto soprattutto dall’ovaio e durante la gravidanza dalla placenta, e il progesterone secreto dal corpo luteo e dalla placenta. Il progesterone nella donna ha lo scopo di preparare l’organismo alla gravidanza, mentre, in assenza di fecondazione la riduzione dei livelli di progesterone porta allo sfaldamento della mucosa uterina e quindi alla mestruazione.
Tali considerazioni sono importanti per sottolineare che gli ormoni hanno un’importante funzione di regolazione dei complessi meccanismi riproduttivi nei vertebrati. Ma come reagireste se un bel giorno vi dicessero che un ormone steroideo come il progesterone eserciti un ruolo rilevante anche nei meccanismi riproduttivi di organismi molto meno complessi dei vertebrati, come i rotiferi monogononti? Sicuramente sareste stupiti, come lo sono stati i ricercatori che hanno condotto lo studio, pubblicato su PNAS, sulla specie di rotifero Brachionus manjavacas.
Le popolazioni naturali di questa specie sono costituite esclusivamente da femmine che si riproducono per via asessuata, mediante la partenogenesi, cioè producendo cloni di se stesse. Tale comportamento sessuale muta al variare delle condizioni ambientali e in particolare al passaggio da situazioni si stabilità ambientale a condizioni instabili. In questi casi, le femmine producono uova che daranno origine ai maschi che a loro volta feconderanno ulteriori uova, dando vita alla riproduzione sessuale. Gli scienziati hanno scoperto che la causa del cambiamento della strategia di riproduzione è proprio l’ormone steroideo presente anche nelle donne, il progesterone.
Attraverso tecniche di biologia molecolare gli autori della ricerca hanno identificato nelle femmine i recettori per il progesterone e successivamente hanno verificato se effettivamente fosse questo ormone a determinare il cambiamento nel modo di riprodursi; a tale scopo, hanno “disattivato” il gene necessario alla formazione del recettore del progesterone e hanno osservato il comportamento riproduttivo delle femmine. Dai risultati emerge che in concomitanza della disattivazione del gene che codifica per il recettore del progesterone si assiste alla riduzione del numero di individui che passavano alla riproduzione sessuale, anche in risposta al segnale ormonale. Secondo i ricercatori il progesterone è sicuramente coinvolto nel processo anche se potrebbe essere possibile l’esistenza di una cascata di segnali attivata, comunque, dall’ormone stesso.
La contemporanea presenza del medesimo ormone steroideo facente funzioni simili in organismi animali così differenti ha, in ogni caso, stupito i biologi. Questa scoperta può essere considerata un’ulteriore prova dell’origine comune degli esseri viventi: la stessa molecola esplica funzioni simili e complesse in organismi filogeneticamente (e morofologicamente) molto differenti, evidenziando l’antica origine comune dei meccanismi riproduttivi.
Rifletta chi dubita ancora dell’evoluzione…
Daniel Patelli
Riferimenti:
E. Paige Stout, James J. La Clair, Terry W. Snell, Tonya L. Shearer, Julia Kubanek. Conservation of progesterone hormone function in invertebrate reproduction. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2010; DOI: 10.1073/pnas.1006074107.
Nella donna, invece, gli ormoni steroidei che si trovano a più alta concentrazione sono l’estradiolo, prodotto soprattutto dall’ovaio e durante la gravidanza dalla placenta, e il progesterone secreto dal corpo luteo e dalla placenta. Il progesterone nella donna ha lo scopo di preparare l’organismo alla gravidanza, mentre, in assenza di fecondazione la riduzione dei livelli di progesterone porta allo sfaldamento della mucosa uterina e quindi alla mestruazione.
Tali considerazioni sono importanti per sottolineare che gli ormoni hanno un’importante funzione di regolazione dei complessi meccanismi riproduttivi nei vertebrati. Ma come reagireste se un bel giorno vi dicessero che un ormone steroideo come il progesterone eserciti un ruolo rilevante anche nei meccanismi riproduttivi di organismi molto meno complessi dei vertebrati, come i rotiferi monogononti? Sicuramente sareste stupiti, come lo sono stati i ricercatori che hanno condotto lo studio, pubblicato su PNAS, sulla specie di rotifero Brachionus manjavacas.
Le popolazioni naturali di questa specie sono costituite esclusivamente da femmine che si riproducono per via asessuata, mediante la partenogenesi, cioè producendo cloni di se stesse. Tale comportamento sessuale muta al variare delle condizioni ambientali e in particolare al passaggio da situazioni si stabilità ambientale a condizioni instabili. In questi casi, le femmine producono uova che daranno origine ai maschi che a loro volta feconderanno ulteriori uova, dando vita alla riproduzione sessuale. Gli scienziati hanno scoperto che la causa del cambiamento della strategia di riproduzione è proprio l’ormone steroideo presente anche nelle donne, il progesterone.
Attraverso tecniche di biologia molecolare gli autori della ricerca hanno identificato nelle femmine i recettori per il progesterone e successivamente hanno verificato se effettivamente fosse questo ormone a determinare il cambiamento nel modo di riprodursi; a tale scopo, hanno “disattivato” il gene necessario alla formazione del recettore del progesterone e hanno osservato il comportamento riproduttivo delle femmine. Dai risultati emerge che in concomitanza della disattivazione del gene che codifica per il recettore del progesterone si assiste alla riduzione del numero di individui che passavano alla riproduzione sessuale, anche in risposta al segnale ormonale. Secondo i ricercatori il progesterone è sicuramente coinvolto nel processo anche se potrebbe essere possibile l’esistenza di una cascata di segnali attivata, comunque, dall’ormone stesso.
La contemporanea presenza del medesimo ormone steroideo facente funzioni simili in organismi animali così differenti ha, in ogni caso, stupito i biologi. Questa scoperta può essere considerata un’ulteriore prova dell’origine comune degli esseri viventi: la stessa molecola esplica funzioni simili e complesse in organismi filogeneticamente (e morofologicamente) molto differenti, evidenziando l’antica origine comune dei meccanismi riproduttivi.
Rifletta chi dubita ancora dell’evoluzione…
Daniel Patelli
Riferimenti:
E. Paige Stout, James J. La Clair, Terry W. Snell, Tonya L. Shearer, Julia Kubanek. Conservation of progesterone hormone function in invertebrate reproduction. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2010; DOI: 10.1073/pnas.1006074107.