Cronologia dell’estizione dell’orso delle caverne
L’orso delle caverne (Ursus spelaeus) è uno dei rappresentanti più autorevoli della cosiddetta megafauna boreale che vide la sua fine durante le glaciazioni pleistoceniche. Fu una delle specie della famiglia degli Ursidae di dimensioni maggiori, superando per mole tutte le specie attuali; il suo areale comprendeva la quasi totalità dell’Europa, dalla Penisola Iberica agli Urali con l’esclusione delle regioni centrali, […]
L’orso delle caverne (Ursus spelaeus) è uno dei rappresentanti più autorevoli della cosiddetta megafauna boreale che vide la sua fine durante le glaciazioni pleistoceniche. Fu una delle specie della famiglia degli Ursidae di dimensioni maggiori, superando per mole tutte le specie attuali; il suo areale comprendeva la quasi totalità dell’Europa, dalla Penisola Iberica agli Urali con l’esclusione delle regioni centrali, a segnalare una scarsa propensione ai climi troppo continentali. Nonostante esistano un grande numero di testimonianze fossili, un alone di mistero circonda ancora questa specie: quando si estinse? quale furono le cause del suo declino e della sua successiva scomparsa? quale era la sua dieta prevalente? Come parziale risposta arriva un interessante studio realizzato da ricercatori dell’Università di Vienna e pubblicato sulla rivista Boreas.
In primo luogo, lo studio si è concentrato sulla determinazione della dieta: le analisi sulla morfologia funzionale del cranio, quelle isotopiche e quelle sulla dentizione sono concordi con l’ipotesi precedentemente formulata di una predilezione dell’orso delle caverne per una dieta vegetariana piuttosto specializzata, ancor più marcata di quella che oggi è tipica di alcune specie del genere Ursus. Data la mole della specie, che superava i 1.000 kg di peso, e il conseguente fabbisogno di cibo, doveva vivere in ambienti piuttosto ricchi di vegetazione ad alto livello nutrizionale. Il problema della mancata disponibilità di piante durante la stagione invernali veniva risolta invece mediante l’ibernazione.
Una seconda analisi è stata invece finalizzata alla determinazione dell’età dei reperti fossili dislocati in svariate località europee: la datazione al radiocarbonio ha sancito che tutti i resti analizzati sono risalenti ad un periodo non posteriore a 24.000 anni or sono, suggerendo che l’estinzione dell’orso delle caverne sia avvenuta circa 13.000 prima di quanto ritenuto fino ad ora. Per questo tipo di analisi sono stati utilizzati solo i fossili sicuramente apparteneti a questa specie, che, durante il Pleistocene, condivideva l’areale con l’orso bruno (Ursus arctos), i cui esemplari di dimensioni maggiori potrebbero essere stati confusi con il più grande orso delle caverne durante precedenti ricerche.
Combinando le informazioni sull’areale ridotto, se paragonato a molte altre specie che si estinsero in quel periodo, alla specializzazione della dieta e alla datazione dei fossili, i ricercatori hanno ipotizzato le cause che hanno portato al declino e poi alla scomparsa questo grande mammifero europeo. Le calotte glaciali durante i periodi freddi del Pleistocene occuparono gran parte dell’Europa, con conseguenze importanti sulla diffusione della vegetazione; in questo modo, gli orsi delle caverne videro ridurre massicciamente le proprie risorse alimentari predilette, fattore che contribuì a contrarre ulteriormente il già ristretto areale di distribuzione e a rendere le popolazioni residue più vulnerabili. L’intensità delle glaciacioni e la competizione con altre specie fecero il resto, mentre sembra che non ci siano prove del diretto coinvolgimento dell’uomo nell’estinzione di questa specie.
Andrea Romano
Riferimenti:
Pacher, M. & Stuart, A. J. Extinction chronology and palaeobiology of the cave bear (Ursus spelaeus). Boreas, 2008 DOI: 10.1111/j.1502-3885.2007.00071.x
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.