Dai lombrichi alle perle di vetro: le mille curiosità di Gustaf Eisen
Da poco disponibile in libreria l’ultimo libro di Fredrik Sjöberg. Pikaia lo ha letto per voi
Un libro unico nel suo genere che piacerà sicuramente a botanici di Gotland, coltivatori di fichi, classificatori di lombrichi, studiosi dei Maya, mistici del Graal, vinicoltori, storici dei parchi nazionali, collezionisti di sigilli a cilindro, alpinisti, teosofi, coltivatori di uva sultanina, appassionati di Strindberg e diversi tipi di fanatici (compresi i collezionisti di libri religiosi e qualche altro), ma non solo…
Poco più di un anno fa usciva la versione italiana dell’Arte di collezionare mosche, uno splendido libro che ha reso celebre anche in Italia Fredrik Sjöberg e le sue mosche (su Pikaia ne avevamo parlato qui). Il successo di questo volume dedicato (apparentemente!) al collezionismo di insetti è sembrato a molti insolito, ma le pagine di Sjöberg ti conquistavano con quella inusuale miscellanea di biografie, storia e entomologia che si contaminavano l’una con l’altra senza soluzione di continuità in ogni pagina. Cosa aspettarsi quindi dal successivo libro di Sjöberg?
Dopo un anno di attesa è da alcuni mesi finalmente disponibile, in italiano, l’ultimo libro di Sjöberg dal titolo Il re dell’uvetta (edito da Iperborea) e dedicato allo svedese Gustaf Eisen.
Eisen non è certamente un personaggio molto noto, tanto che, come ben scrive Sjöberg, “nessuna persona normale si ricorda oggi di Gustaf Eisen. Con l’auto di domande indirizzanti, qualche biologo è riuscito a citarne il nome, senza però andare oltre. Neppure i professori del gotha accademico degli esperti di lombrichi sono più in grado di dire qualche cosa di significativo su di lui”.
Perché quindi dedicare un libro a un ricercatore di cui solamente alcuni esperti di lombrichi si ricordano? Quella di Eisen è una storia indubbiamente singolare, che inizia come quella di un giovane, ancora liceale, i cui genitori muoiono lasciandogli una piccola fortuna in eredità. Tra le diverse carriere che poteva intraprendere, Eisen decide, o forse semplicemente si trova quasi per caso a decidere, di dedicarsi allo studio dei lombrichi. Sia come sia, i lombrichi furono la prima passione di questa eclettico personaggio che nel proprio lavoro era veramente competente, tanto da essere citato ben due volte da Charles Darwin in uno dei suoi ultimi libri “L’azione dei vermi”. Eisen condivideva infatti con Darwin l’interesse per la biologia dei lombrichi e sicuramente concordava con Darwin che a proposito di questi animali scriveva: “Quando contempliamo una grande distesa d’erba, dovremmo ricordarci che la sua regolarità, che tanta parte ha nella sua bellezza, è principalmente dovuta al fatto che tutti i dislivelli sono stati lentamente smussati dai vermi (…). C’è da dubitare che ci siano molti altri animali che hanno giocato un ruolo così importante nella storia del mondo”.
Negli anni passati all’università, Eisen coltiva anche numerose amicizie, tra cui quella con August Strindberg, divenuto successivamente (anche grazie al supporto economico di Eisen) un celebre poeta e drammaturgo svedese. Ad Eisen, suggerisce Sjöberg nel suo libro, è ispirata una breve novella di Strindberg in cui Eisen diviene l’eremita, la cui casa è un vero e proprio “gabinetto di scienze naturali, tra erbari, uccelli impagliati, teche di insetti e acquari. Si passava poi in uno studio che assomigliava ad un salotto con poltrone di velluto rosso, tappeti ricamati, logori cuscini con i bordi di merletto, quadri a olio alle pareti (…), una bella biblioteca, un prezioso microscopio e un cavalletto”. Al fascino del naturalista, l’eremita abbina però preoccupati abitudini perché “una sera buia un amico l’aveva visto introdursi nel cimitero con una lanterna in mano. Si sussurrano cose terribili!”. Terribili in realtà non sono perché come lo stesso Eisen confessa… più volte ha fatto passeggiate notturne nel cimitero alla luce della lanterna alla ricerca di un raro lombrico! E se questo vi sembra poco ortodosso, sappiate che il modo in cui Eisen palesa la stima (e forse qualche cosa di più) verso la cara amica Alice Eastwood, conservatrice presso la California Academy di San Francisco per le collezioni botaniche, è dedicarle una specie di lombrico: il Mesenchytraeus eastwoodi. Non ditemi che non era romantico!?!!?
Inviato in America a campionare invertebrati per il Museo Nazionale di Storia Naturale svedese, Eisen incontrò ad Harvard Louis Agassiz, una vera leggenda con cui pianificò una campagna di raccolta di campioni biologici, una storia che avrebbe potuto avere un finale ben diverso se non fosse che Agassiz morì improvvisamente poco dopo la partenza di Eisen. La morta di Agassiz non cambiò i piani di Eisen, il quale scoprì però, da solo in una nazione straniera, di avere perso tutto il proprio patrimonio, tanto che rimase in America per i 30 anni successivi, facendo di tutto, ma abbandonando la passione per i lombrichi.
Nascita e morte di una passione? Per rispondere a questo quesito Sjöberg intreccia la propria vita con quella di Eisen per cui scopriamo che talvolta sono gli incontri più strani a cambiare la vita di una persona. Per alcuni è stato un docente, una amica, in incidente… per altri un lombrico o una mosca. “Sarebbe esagerato <ricorda Sjoberg> affermare che la mia vita prese allora una nuova direzione, ma tutto mi apparve improvvisamente più semplice all’incontro con il primo esemplare di un raro sirfide appartenente al genere Callicera”… capita a tutti di aspettare un segnale per decidere come procedere nella propria vita e… per alcuni questo segnale ha la forme insolite come la mosca di Sjöberg e i lombrichi di Eisen!
Se Callicera fu il colpo di fulmine in età matura, molto più difficile fu per Sjöberg decidere quali studi intraprendere da giovane, tanto che all’Università di Lund Sjöberg si trovò a valutare come orientare la sua carriera biologica… verso i coleotteri? verso un altro gruppo tassonomico? “Andò a finire che una mattina di maggio mi comprai una bottiglia del vino rosso più a buon mercato e andai in bici alla riserva naturale Fagelsangsdalen (…). Che cosa volevo davvero? Fu allora che capii che la mia disciplina era la storia naturale della notte d’estate, Che non esisteva, così smisi”.
Ci sono quindi già in questa prima fase tante similarità che uniscono Eisen a Sjöberg e questo elemento non può non affascinare il lettore anche se, confesso, ogni tanto mi è venuto il dubbio che tutto sia andato così come è raccontato, ma in questo è l’autore stesso a venirci in soccorso: “Ormai mi fido totalmente solo dei ricordi che non sono stati mai documentati. Non perché le fotografie mentano, anzi, ma perché impediscono quelle mezze bugie che sono la parte autentica di ogni vero ricordo”. Quindi tutto sommato, il fascino è tale che possiamo continuare a goderci il racconto senza farci troppe domande.
Abbandonati i lombrichi, Eisen fu il primo a coltivare l’uva sultanina in California importando vitigni dall’Australia e diventando ben presto uno degli agricoltori più noti… il vero re dell’uvetta. All’uva sultanina Eisen dedicò un intero volume The Raisin Industry che alla fine dell’800 divenne un vero e proprio best seller e che trattava dalla storia culturale dell’uva passa sino alle testimonianze letterarie e alle ricette. La stessa cosa fece poi con la coltivazione dei fichi, per poi… passare per l’ennesima volta ad altro!
Eisen scrisse un volume (rimasto però inedito) dedicato alle perle di vetro e accompagnato da 40.000 acquerelli realizzati da lui stesso per arrivare poi ad identificare un presunto Santo Graal, cui ha dedicato un enorme volume… che alcuni autori hanno definito una vera truffa religiosa in confezione di lusso. Tenne conferenze contro il disboscamento e a lui si deve la stesura del progetto da cui è nato il Sequoia National Park verso la fine del 1890. Per Eisen “cominciare sempre da capo e imparare qualcosa di nuovo era, in un certo senso, una passione. E’ come un bambino, nel significato migliore di questa espressione: incostante e curioso”.
Una persona incostante? Come riporta Sjöberg, nel 1875 (a 27 anni) Eisen scriveva all’amico Stuxberg: “Godere della vita quanto più possibile e con generosità, con questo intendo fare quel che mi piace, viaggiare dove desidero e studiare quello che voglio”. A quanto pare ci è decisamente riuscito divenendo un erudito universale più tipico del Rinascimento che della storia moderna, un vero e proprio ricercatore di altri tempi.
Perché ricordarsi quindi di Eisen? Perché a lui sono state dedicate quasi cinquanta specie, cinque generi e una sottofamiglia e godendovi la sua storia non sarete certo soli, ma vi troverete in compagnia di botanici di Gotland, coltivatori di fichi, classificatori di lombrichi, studiosi dei Maya, mistici del Graal, vinicoltori, storici dei parchi nazionali, collezionisti di sigilli a cilindro, alpinisti, teosofi, coltivatori si uva sultanina, appassionati di Strindberg e diversi tipi di fanatici, compresi i collezionisti di libri religiosi e qualche altro.
Non vi resta quindi che farvi guidare da Sjöberg tra la Svezia e gli Stati Uniti, tra sirfidi e lombrichi, tra perle di vetro e calici antichi… in un viaggio che nessuno meglio di Sjöberg poteva raccontare.
Biologo e genetista all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove studia le basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento alla citogenetica e alla simbiosi. Insegna genetica generale, molecolare e microbica nei corsi di laurea in biologia e biotecnologie. Ha pubblicato più di centosessanta articoli su riviste nazionali internazionali e tenuto numerose conferenze nelle scuole. Nel 2020 ha pubblicato per Zanichelli il libro Nove miliardi a tavola- Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0. Coordina il progetto More Books dedicato alla pubblicazione di articoli e libri relativi alla teoria dell’evoluzione tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia.