Dalle branchie alle zampe

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L’evoluzione ricicla e riutilizza vecchie strutture per nuove funzioni, come magistralmente descritto da Francois Jacob nel suo capolavoro “Evoluzione e bricolage”: “Ma, se si vuole giocare con i paragoni, bisogna dire che la selezione naturale opera non come un ingegnere ma come un bricoleur, il quale non sa esattamente che cosa produrrà, ma che recupera tutto quello che trova in […]

L’evoluzione ricicla e riutilizza vecchie strutture per nuove funzioni, come magistralmente descritto da Francois Jacob nel suo capolavoro “Evoluzione e bricolage”: “Ma, se si vuole giocare con i paragoni, bisogna dire che la selezione naturale opera non come un ingegnere ma come un bricoleur, il quale non sa esattamente che cosa produrrà, ma che recupera tutto quello che trova in giro, le cose più strane e diverse, pezzi di spago o di legno, vecchi cartoni che potrebbero eventualmente fornirgli del materiale: insomma un bricoleur che utilizza tutto ciò che ha sotto mano per farne qualche oggetto utile (pag. 17, Edizione Einaudi, 1978)”.

La selezione naturale opera come un bricoleur non solo quando le strutture sono formate, ma anche sui geni che le determinano. In questo modo, i meccanismi genetici alla base di strutture tipiche ed esclusive di un gruppo animale possono ritrovarsi in cladi ad esso imparentati più o meno strettamente. Un recente studio pubblicato sulla rivista PNAS ha identificato nei pesci cartilaginei, come gli squali, le razze (Elasmobranchii) e le chimere (Holocephali), alcuni elememti genici fondamentali per lo sviluppo delle pinne carnose dei sarcopterigi e degli arti dei tetrapodi, che dalle prime si sono originate.

La ricerca si è concentrata sull’espressione di alcuni geni e fattori di regolazione fondamentali per la formazione delle zampe e delle pinne durante lo sviluppo embrionale. In particolare, due di essi, Shh (sonic hedgehog) e Fgf8 (fibroblast growth factore), agiscono in maniera cooperativa, favorendo la crescita  delle appendici scheletriche e determinando la progressiva specificazione degli elementi dello scheletro lungo l’asse prossimo distale dell’arto in formazione. La formazione delle ossa si concluderà sucessivamente con l’ossificazione degli abbozzi cartilaginei già formati.

Lo studio ha evidenziato come questo apparato molecolare si ritrovi anche negli embrioni dei pesci cartilaginei: l’espressione dei medesimi geni avviene infatti nei tessuti che porteranno allo sviluppo dei raggi branchiali, strutture di sostegno cartilaginee che reggono l’impalcatura delle branchie settate di questi animali. Inoltre, embrioni di razze e squali trattati con acido retinoico, un derivato della vitamina A che durante lo sviluppo dei vertebrati favorisce la formazione degli arti, si comportano in maniera molto simile a quelli di tetrapodi al momento dello sdoppiamento delle appendici durante l’embriogenesi.
 
I componenti che determinano la formazione degli arti e delle pinne hanno dunque un’origine profonda nel corso del tempo, che anticipa di molto il momento della comparsa delle appendici pari dei vertebrati. Questo indica che, quando si originarono queste strutture, il meccanismo genetico fu probabilmente cooptato da quello alla base dello sviluppo delle branchie dei pesci cartilaginei.

Riciclando pattern molecolari oltre che strutture già sviluppate, piuttosto che un ingegnere, la selezione naturale si dimostra ancora una volta un abile bricoleur.

Andrea Romano


Riferimenti:
Shared developmental mechanisms pattern the vertebrate gill arch and paired fin skeletons
J. Andrew Gillis, Randall D. Dahn and Neil H. Shubin.  doi: 10.1073/pnas.0810959106