Dall’ultima estinzione di massa l’origine della grande diversità dei pesci marini

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I dati molecolari su sequenze geniche altamente conservate indicano che l’origine della maggior parte dei pesci acantomorfi sia da collocarsi 66 milioni di anni fa circa, in corrispondenza dell’ultima estinzione di massa nota

La storia della vita sulla terra può, in estrema sintesi, essere presentata come una storia di estinzioni di massa e successive “esplosioni” di biodiversità. Così, andando a ritroso, si possono individuare cinque eventi catastrofici su scala globale, cui sono seguite altrettante fasi di crescita ed espansione della diversità delle forme di vita sulla nostro pianeta. La rivista Nature Ecology and Evolution ha appena pubblicato un nuovo studio sui pesci acantomorfi, che fa risalire l’origine di buona parte della loro diversità attuale all’ultima grande estinzione di massa: al confine tra Cretaceo e Paleocene, intorno ai 65 milioni di  anni fa.

I pesci acantomorfi (Pikaia ne ha già parlato qui, e qui) sono quei pesci ossei che portano robusti raggi spinosi nella parte anteriore delle pinne dorsali e pelviche, tra questi troviamo ad esempio cernie, tonni e cavallucci marini; sono un gruppo estremamente diversificato, arrivando a contare più di 15 mila specie, rappresentano addirittura un terzo di tutte le specie di vertebrati presenti sulla terra. Ed è su questi pesci che il gruppo di ricerca guidato da Michel Alfaro (UCLA, Los Angeles, USA) ha concentrato le proprie attenzioni.

In questo lavoro i ricercatori hanno ottenuto campioni tissutali di 118 specie di pesci acantomorfi, rappresentanti 76 famiglie, e da questi i campioni di DNA per le analisi molecolari e filogenetiche. A livello molecolare il team ha dedicato le attenzioni a 1000 marker genetici, concentrandosi particolarmente sulle sequenze di DNA maggiormente conservate, ovvero sequenze meno suscettibili a variazioni, come ad esempio le sequenze regolatrici dell’espressione genica.

Ricostruendo quindi la storia delle mutazioni rilevabili nei gruppi studiati, per i ricercatori è stato possibile definire la tempistica alla base della differenziazione di questi pesci. Dai risultati ottenuti, l’origine dell’incredibile diversità del gruppo è da collocarsi proprio in prossimità del limite tra il Cretaceo e del Paleocene, ovvero a ridosso dell’ultima estinzione di massa nota; ma non solo, la ricostruzione filogenetica è risultata anche in stravolgimenti notevoli riguardo i legami di parentela tra i diversi taxa, particolarmente per quanto riguarda il raggruppamento dei percomorfi (Percomorphaceae), il più numeroso tra gli acantomorfi. Per fare un esempio, le famiglie Syngnathidae e Mullidae a cui fanno capo rispettivamente cavallucci marini e triglie, sembrerebbero avere pochi punti di contatto, invece, stando a questi dati, sarebbero strettamente imparentati. Un altro aspetto affascinante dei risultati ottenuti è che, nonostante le prime divergenze tra i diversi gruppi siano avvenute in un intervallo compreso tra gli 85 e i 100 milioni di anni fa, 66 milioni di anni fa si sarebbero differenziati cinque dei sei principali raggruppamenti di percomorfi: Syngnatharia tra cui appunto i cavallucci marini (genere Hippocampus), Pelagiaria come gli sgombri (famiglia Scombridae), Eupercaria con ad esempio i pesci pappagallo (famiglia Scaridae), Ovalentaria che comprendono i pesci pagliaccio (sottofamiglia Amphiprioninae), Carangaria tra cui il pesce vela (Istiophorus platypterus); mentre per il sesto di questi (Gobiaria come i perioftalmi, o saltinfango, della sottofamiglia Oxudercinae), il nodo a cui fanno capo più del 99% delle sue specie attuali e estinte, troverebbe anch’esso origine proprio intorno al limite tra Cretaceo e Paleocene, allineandolo con gli altri “cugini”.

La ricerca quindi getta una luce interessante sull’evoluzione, e sulle sue tempistiche, dei pesci acantomorfi, fino ad oggi ancora poco note. Alla stessa maniera sembra stravolgere la filogenesi classica derivante da osservazioni morfologiche.

Intanto, guardando a questi pesci e alla loro incredibile varietà, si potrà scorgere in essi un segno tangibile della complessità della capacità della natura di riprendersi ad eventi drammatici come un’estinzione di massa.


Riferimento:
Michael E. Alfaro, Brant C. Faircloth, Richard C. Harrington, Laurie Sorenson, Matt Friedman, Christine E. Thacker, Carl H. Oliveros, David Černý, Thomas J. Near. Explosive diversification of marine fishes at the Cretaceous–Palaeogene boundary. Nature Ecology & Evolution, 2018; 2 (4): 688 DOI: 10.1038/s41559-018-0494-6

Credit: Michael Alfaro/UCLA Ecology and Evolutionary Biology