Darwin Day: di scienza, evoluzione e sano scetticismo
In occasione del Darwin Day, interessante intervista a Federico Plazzi (Università degli Studi di Bologna). Da Orgoglio Nerd
Immaginatevi di essere un onesto borghesotto inglese della prima metà del Diciannovesimo Secolo. Vivete la vostra onesta vita da borghesotto, sapendo che le esigenze che avete oggi sono le stesse che avete avuto ieri, e le stesse che avrete domani. Soprattutto, quel che sapete è che tutto intorno a voi risponde ad un Ordine, ad una Volontà, che tutto è come è per un motivo valido, discreto, deciso dalla Creatività divina. Non vi fate domande sciocche: non vi chiedete a cosa serve un fiore, o perché la vista di un falco sia migliore di quella di un cane, ma l’olfatto di un cane sia migliore di quella di un falco. Siete felici di accontentarvi di sapere che un motivo, purché sia, c’è.
Ora immaginatevi di scoprire che, invece, c’è chi sostiene che la realtà sia totalmente differente. C’è chi sostiene che non la Mano divina, ma il caotico susseguirsi di eventi imprevedibili è il vero responsabile di tutto, che il mondo naturale è il risultato straordinario di una magnifica casualità, di un continuo trial and error cosmico in cui tutto è pratico e perfetto solo nella misura in cui non venga a costituirsi qualcosa di migliore, che inevitabilmente lo sostituirà. Nessun disegno, insomma, intelligente o meno. Immaginatevi di scoprire che c’è chi porta questo concetto alle estreme conseguenze, distruggendo la netta linea di demarcazione che esisteva fra l’Uomo, perfetto, divino, dotato di anima, e l’animale, rozzo, inferiore, sottomesso.
Oggi è il Darwin Day, oggi ricordiamo il giorno in cui è nato uno dei giganti della storia della scienza, le cui scoperte sono state così dirompenti e rivoluzionarie e hanno sfidato così platealmente le più intime credenze dell’epoca (e non solo) che continuano a creare non pochi problemi di assimilazione ancora oggi. Oggi a Comics&Science festeggiamo la scienza come vera e propria forza della natura, come irresistibile ed irreprensibile esercizio nella ricerca della verità, e festeggiamo il dubbio come suo principale e più fecondo strumento. Lo facciamo in compagnia di Federico Plazzi, dottore di ricerca in biodiversità ed evoluzione dell’Università di Bologna, che ringraziamo e con cui andiamo subito al sodo:
ON: Innanzitutto, raccontaci in cosa consiste l’evoluzione, e perchè è un tassello così importante per spiegare il mondo che ci circonda.
FP: Beh, innanzitutto è importante non confondere l’evoluzione con l’evoluzionismo. L’evoluzione è un fatto ed è il fatto delle modificazioni dei viventi nel corso del tempo. Nelle epoche passate gli esseri viventi non erano gli stessi che vediamo oggi e viceversa. Questo significa che le specie viventi si sono succedute nel tempo e nello spazio con continue modificazioni, più o meno importanti. L’evoluzionismo è un grosso insieme di meccanismi con i quali possiamo spiegare questo fatto, un insieme di meccanismi che ha sempre al suo centro l’idea della selezione naturale di Darwin, un’idea che è stata integrata, ampliata ed affiancata ad altre con le ricerche successive, mantenendo comunque il suo ruolo fondamentale ed imprescindibile per la spiegazione di ciò che ci circonda. Il bello della selezione naturale è che non è una causa, ma un fenomeno: il fenomeno per cui vi è in natura una riproduzione differenziale degli organismi, per cui solo chi si trova ad essere meglio adattato al proprio ambiente si riproduce e passa il proprio corredo genetico alla generazione successiva.
ON: Quanto era differente la visione del mondo diffusa precedentemente alla pubblicazione delle teorie di Darwin, e quanto è cambiata con esse?
FP: La visione del mondo diffusa prima di Darwin era radicalmente differente, anche se in realtà Darwin si pone al centro di una serie di idee, in qualche modo, “evoluzionistiche”, a partire da quelle di suo nonno. Nessuno però aveva colto il nocciolo della questione: il punto non è tanto che gli organismi viventi cambiano nel tempo; il punto è che lo fanno senza alcun bisogno di un direttore d’orchestra attivo. Il sistema si autoorganizza, perché è l’ambiente che filtra le varianti che compaiono tra i vari organismi e decreta quali riusciranno a riprodursi maggiormente e quali molto meno. Lo stesso Lamarck aveva una interessante spiegazione per l’evoluzione, ma essa comprendeva comunque una spinta intrinseca al miglioramento, spinta che è (purtroppo per Lamarck) del tutto assente. La vita si autoregola senza bisogno di direzioni: l’unica, parziale, direzione è data dalla direzione del cambiamento ambientale, che per sua natura è imprevedibile e contingente.
ON: Le teorie di Darwin hanno, in effetti, rotto in maniera forte con quello che era considerato quasi dogmaticamente il naturale ordine delle cose. Le sue teorie erano scandalose e mettevano in discussione le certezze più assolute dei suoi contemporanei, ed anche i suoi colleghi scienziati non gli hanno risparmiato critiche e derisioni. Quanto è grande, all’interno del mondo scientifico e al di fuori di esso, il pericolo del dogmatismo, dell’accettazione acritica?
FP: Il pericolo del dogmatismo è sempre in agguato. Per quanto si dica, nessuno scienziato riuscirà ad essere completamente alieno alle ideologie ed ai preconcetti del suo tempo. Darwin ci appare tanto più grande quanto più è riuscito nello sforzo di prescindere dagli schemi culturali dati per assodati al suo tempo, molti dei quali sono dati per assodati anche oggi (come l’idea di progresso, tanto forte da essere quasi considerata un sinonimo di evoluzione). La stessa teoria di Darwin passò alla storia come molto più rigida di quello che era in realtà: per molto tempo si ammise quasi solo la selezione naturale come unico motore dell’evoluzione ed ogni meccanismo di altro tipo venne condananto come scientificamente eretico. Solo le scoperte degli ultimi trent’anni sono riuscite a mettere in evidenza che nell’evoluzione la componente casuale è molto più importante del previsto, una conclusione che lo stesso Darwin aveva già colto ne “L’Origine delle Specie”.
ON: Oggi festeggiamo il Darwin Day: oltre ad essere un momento per celebrare il genio di Charles Darwin e le sue scoperte, è diventata un’occasione per difendere i valori della ragione, della scienza, del laicismo. A tuo parere, come vanno le cose? Per quanto ancora avremo bisogno di giornate come questa?
FP: Avremo sempre bisogno di giornate come questa: come dicevo, se anche un giorno la fiducia delle persone nella scienza dovesse aumentare fino al livello che la scienza merita (e già in questo ci sono ampi margini di miglioramento, almeno nel nostro paese), ciò non eliminerà del tutto il problema legato al fatto che la scienza stessa, alla lunga, tende a diventare un dogma, in certo qual modo. Il caso del panselezionismo a cui accennavo sopra, l’ammissione cioé della sola selezione naturale come unico motore del cambiamento, è un evidente esempio di questo fatto. Ci sarà perciò sempre bisogno di ricordarsi che bisogna invece coltivare un pensiero creativo, capace di mantenere sempre un margine di dubbio su ciò che consideriamo un punto fermo della nostra comprensione del mondo. Questo naturalmente non significa che la scienza non faccia progressi: la selezione naturale è e sarà sempre un pilastro della biologia. La domanda è: l’abbiamo capita fino in fondo?
Testi di Gabriele Bianchi (OrgoglioNerd)