DNA esogeno? Sì, grazie
Il genoma di specie di rotiferi e di un tardigrado contiene un importante percentuale di geni trasferiti orizzontalmente da organismi di altri gruppi: potrebbe trattarsi di un effetto della disidratazione ciclica
Non succede spesso nella biologia evoluzionistica che due gruppi di ricercatori diversi, lavorando su organismi diversi, ottengano risultati analoghi e li interpretino allo stesso modo. E’ ciò che è accaduto recentemente, quando due gruppi di ricerca, lavorando su animali così lontani fra loro come tardigradi e rotiferi, non solo hanno confermato l’esistenza di geni acquisiti orizzontalmente da altri esseri viventi (nel caso dei rotiferi) ma hanno messo in luce lo stesso fenomeno nei tardigradi. Il trasferimento orizzontale di geni (HGT) è un fenomeno relativamente frequente nei procarioti, ma abbastanza sporadico nei metazoi, sebbene quasi quotidianamente vengano riportati nuovi casi (Pikaia ne ha parlato, ad esempio, qui e qui e qui).
Rotiferi e tardigradi sono animali piccolissimi (al di sotto del millimetro) e, pur non essendo strettamente imparentati, hanno in comune la straordinaria caratteristica di poter “sospendere la vita”, eliminando l’acqua con un processo di disseccamento (fino al 97% dell’acqua viene persa dai tardigradi), e riprendere la vita dove l’avevano sospesa ridando loro l’acqua, anche dopo molti anni. Nello stato di criptobiosi i rotiferi e i tardigradi sono straordinariamente resistenti alle radiazioni ionizzanti, e alle temperature più estreme. I tardigradi sono stati esposti per alcuni minuti a temperature vicine a – 272 °C e al vuoto in un satellite che girava attorno alla terra per 10 giorni, tornando a vivere una volta reidratati. Anche la riproduzione in questi gruppi non è banale: mentre i tardigradi manifestano, a seconda dei gruppi, forme di riproduzione che vanno dall’incrocio di sessi separati, alla partenogenesi, all’ermafroditismo, un importante gruppo di rotiferi, gli bdelloidei, con qualche centinaio di specie, pratica da decine di milioni di anni esclusivamente la partenogenesi.
Un gruppo di ricercatori americani, capitanato da T. C. Boothby dell’Università di Chapel Hill ha sequenziato il genoma del tardigrado Hypsibius dujardini, e ha scoperto che circa un sesto dei suoi geni proviene da batteri, piante, funghi e Archaea. Usando un metodo specifico, gli autori hanno trovato che 6.663 geni di H. dujardini (il 17.5% di tutti i geni, ma questo valore è stato contestato da una ricerca concorrente) potevano essere originati da non-metazoi. Questo valore è quasi il doppio del record precedente di trasferimento orizzontale di geni documentato in un metazoo. Quel record era, finora, detenuto da un rotifero, Adineta ricciae, nel quale il 9,6% dei geni è di origine estranea. Un gruppo di ricercatori anglo-italiani, capitanato da Isobel Eyres dell’Imperial College di Londra ha invece studiato il trascrittoma (l’insieme di tutti i trascritti di RNA messaggeri) di quattro specie diverse di rotiferi bdelloidei appartenenti al genere Rotaria, due da habitat acquatici permanenti, e due da habitat soggetti a essicazioni temporanee. I ricercatori hanno scoperto che i trascrittomi delle 4 specie contengono molti geni di origine non-metazoa. Circa metà dei geni estranei sono presenti in tutte le quattro specie, e pure in una di un’altra famiglia, suggerendo che siano stati acquisiti prima della suddivisione delle famiglie circa 60 milioni di anni fa, ma alcune centinaia sono caratteristici di singole specie, indicando che l’HGT sia ancora in corso. Il ritmo è di 12, 8 acquisizioni e 2, 0 perdite per milione di anni.
Dunque, rotiferi e tardigradi, due gruppi filogeneticamente distanti fra loro, sono caratterizzati da un certo tasso di HGT. Entrambi i gruppi di ricerca interpretano ciò come prodotto delle dessicazioni cicliche. Infatti, durante la perdita d’acqua e la successiva reidratazione si ha un danneggiamento delle membrane cellulari, e del DNA, con conseguente necessità di riparazione. Durante quel processo, l’assunzione di DNA estraneo diventa più probabile.
Abbiamo dunque a che fare, nei due casi riportati, con cambiamenti genetici drammatici, che probabilmente si sono svolti in un modo piuttosto rapido, contrariamente alle vedute più tradizionali sull’evoluzione. Tuttavia, fino a prova contraria, gli eventi di HGT non sono così frequenti negli eucarioti da rivoluzionare ciò che sappiamo della storia della vita sulla Terra: è semplicemente un meccanismo di cambiamento che si affianca a quelli noti e che, indubbiamente, potrebbe accelerare il processo di cambiamento.
Riferimenti:
Boothby, T. C., J. R. Tenlen, F. W. Smith, J. R. Wang, K. A. Patanella, E. Osborne Nishimura, S. C. Tintori, Q. Li, C. D. Jones, M. Yandell, D. N. Messina, J. Glasscock, and B. Goldstein. 2015. Evidence for extensive horizontal gene transfer from the draft genome of a tardigrade. Proceedings of the National Academy of Sciences. Published online before print November 23, 2015, doi:10.1073/pnas.1510461112
Eyres, I., Boschetti, C., Crisp, A., Smith, T.P., Fontaneto, D., Tunnacliffe, A. and T. G. Barraclough. Horizontal gene transfer in bdelloid rotifers is ancient, ongoing and more frequent in species from desiccating habitats. BMC Biology (2015) 13:90
Immagine: By Bob Goldstein and Vicky Madden, UNC Chapel Hill [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons
È stato Professore Ordinario di Evoluzione Biologica presso l’Università degli Studi di Milano. Ha svolto ricerche nel campo della riproduzione e filogenesi in diversi gruppi di invertebrati. È stato presidente della Società Italiana di Biologia Evoluzionistica e si è occupato attivamente della divulgazione di temi evoluzionisti e di traduzioni di testi di autori importanti. Ha curato il testo “Evoluzione, modelli e processi” per Pearson Italia. Ha diretto per 20 anni la Biblioteca Biologica dell’Università