Dossier della rivista Le Nouvel Observateur sull’evoluzione

Nel loro insieme, le prises de vue dei molti importanti evoluzionisti contenute nel dossier offrono una vasta gamma di argomenti, alcuni ben noti, contro le tesi antievoluzioniste. Christian De Duve, premio Nobel per la medicina, sottolinea come in questi ultimi anni il finalismo sia stato reintrodotto in biologia in una forma sottile: “senza far appello esplicito a un principio vitale,

Nel loro insieme, le prises de vue dei molti importanti evoluzionisti contenute nel dossier offrono una vasta gamma di argomenti, alcuni ben noti, contro le tesi antievoluzioniste. Christian De Duve, premio Nobel per la medicina, sottolinea come in questi ultimi anni il finalismo sia stato reintrodotto in biologia in una forma sottile: “senza far appello esplicito a un principio vitale, si crede di provare con degli argomenti scientifici che la vita non solo non sarebbe mai potuta nascere ma neanche avrebbe potuto imboccare alcune vie evolutive, senza l’intervento di qualcosa di altro”. Coloro i quali sostengono questa posizione sottolineano che la scienza non spiega tutto. Difficile negare quest’ultima affermazione, sostiene De Duve, “ ma chi se ne fa scudo deve prima fare tutti i tentativi per spiegare quello che non si comprende”. Fino a quel momento possiamo solo dire di non sapere ancora. De Duve passa poi a criticare un altro argomento, quello fondato sull’estrema improbabilità dei processi da cui è nata la vita, come formulati dal matematico William Dembski. Un unico messaggio sembra emergere dal suo articolo: non è necessario mettere in campo “un ‘entità superiore” per spiegare la manifestazione della vita e dell’evoluzione. Queste ultime “sono già scritte nelle proprietà della materia “.

Daniel Dennett, professore di filosofia alla Tufts University (Usa), in un articolo apparso già nel New York Times del 28 Agosto 2005, si chiede se la tesi del disegno intelligente costituisca una scuola di pensiero legittima. La sua risposta è no, e nell’articolo, con logica stringente, ne argomenta le ragioni. Queste ruotano intorno a un punto cardine: per essere credibili, i sostenitori del disegno intelligente dovrebbero proporre un’altra teoria che spiega fatti che sfuggono alla teoria di Darwin e indicare risultati che mettano in questione l’intero quadro biologico accettato. Ma, dice Dennett, finora gli avversari di Darwin non hanno presentato osservazioni in paleontologia, genetica, biogeografia e anatomia comparata capaci di scuotere il pensiero evoluzionista. Dennett passa poi a dimostrare che il fatto che i sostenitori del disegno intelligente abbiano dichiarato di non sapere niente di preciso su chi potesse essere l’ “autore” non è una lacuna da poco.

Su un altro tenore l’intervento di Patrick Tort, direttore dell’Istituto Charles Darwin International, che inquadra in una prospettiva filosofica le tesi del disegno intelligente, mostrando come condannino la natura all’incapacità di produrre ciò che la caratterizza. Dominique Lecourt, professore di filosofia all’Université Denis Diderot, spiega che il creazionismo americano merita attenzione solo perché pone il problema dei rapporti tra religione, scienza e politica all’interno delle società moderne. Il giornalista scientifico francese Philippe Boulette Gercourt esamina a fondo la situazione delle università americane. Molti articoli sono scritti da intellettuali francesi, firmatari di un documento che compare nelle pagine iniziali e che invita a vigilare sul neocreazionismo e le intrusioni spiritualiste nella scienza. La fobia antidarwininiana, ammettono, non è un reale pericolo in Francia. Almeno per ora.

Luca Sciortino