Editing genetico sull’uomo: “Serve una pausa di riflessione”
Sono ancora molti i dubbi e le perplessità che gravano sul lavoro del ricercatore cinese He Jiankui, che qualche giorno fa ha annunciato la nascita di due gemelline il cui Dna è stato modificato per renderle immuni all’Hiv, e che ha parlato al Summit sullo human genome editing di Hong Kong
Sono ancora molti i dubbi e le perplessità che gravano sul lavoro del ricercatore cinese He Jiankui, che qualche giorno fa ha annunciato la nascita di due gemelline il cui Dna è stato modificato per renderle immuni all’Hiv, e che nella notte (italiana) tra il 27 e il 28 novembre ha parlato al Summit sullo human genome editing di Hong Kong (qui le slide della sua presentazione).
Il primo dubbio è di natura medica: l’utilizzo del genome editing per prevenire l’infezione da Hiv non sembra infatti necessario a fronte di altre metodologie già disponibili.
In secondo luogo ad oggi non ci sono certezze riguardo a quanto l’utilizzo di Crispr sull’uomo sia effettivamente sicuro. È possibile infatti che questa biotecnologia vada a modificare porzioni non desiderate di genoma, sparando fuori dal bersaglio preselezionato.
“He Jiankui ha parlato al Second International Summit on Human Genome Editing che si è tenuto a Hong Kong e ha rivelato qualcosa in più”, spiega Anna Meldolesi giornalista scientifica esperta di genome editing in questa intervista a Il Bo Live. “Lui dice che il suo lavoro è stato sottoposto a una rivista scientifica, la peer review è in corso, quindi speriamo di vederlo presto. Anzi sarebbe augurabile a questo punto, visto che la questione è ormai esplosa, che optasse per una prepubblicazione rapida su un archivio come biorXiv, in modo che si possano vedere questi dati. He Jiankui avrebbe riportato che in effetti ci sarebbe un taglio fuori bersaglio, quindi off target, ma secondo lui non sarebbe problematico. Vedremo dall’analisi dei genomi quando i dati saranno pubblicati”.
Inoltre dall’intervento di He Jiankui a Hong Kong si apprende che un’altra donna sta portando avanti una gravidanza in cui è stato impiegato l’editing genetico.
Intervista a Anna Meldolesi, giornalista scientifica esperta di genome editing, in cui vengono analizzati i punti critici del lavoro di He Jiankui
E naturalmente c’è anche il fantasma dell’eugenetica che aleggia sul lavoro di He Jianqui: “Su questo è lecito avere anche opinioni differenti secondo me” spiega Anna Meldolesi. “Io personalmente non credo che il genoma umano sia intoccabile o patrimonio dell’umanità, che ci sia chissà quale valore intrinseco ontologico da rispettare; però credo anche che abbiano ragione quelle associazioni di malati che dicono che a forza di cercare la perfezione assoluta iniziamo ad avere un’idea troppo restrittiva di cosa sia l’umanità. Invece dovremmo essere un po’ più accoglienti nei confronti dell’idea di diversità umana, perché in fin dei conti l’idea di ammalarsi e non essere perfetti è un destino che spetta a tutti noi andando avanti con gli anni, anche a chi ha la fortuna di nascere sano. Quindi questo tendere a un’ideale assoluto di perfezione ha dei problemi anche per chi ha un approccio favorevole all’uso di queste biotecnologie per migliorare la vita delle persone”.
Altre problematiche di natura etica sono presenti nel lavoro del ricercatore cinese: ai partecipanti alla procedura sperimentale (7 coppie di genitori) è stato fatto firmare un modulo di consenso informato in cui si parlava di “sviluppo di un vaccino per l’Hiv” e non di una procedura di editing genetico sugli embrioni. “La questione del consenso informato è molto spinosa in questo lavoro ed è stata oggetto di molte domande nel summit di sta notte. Lui dice il consenso informato è già disponibile sul sito dei trial clinici cinese e tutti i bioeticisti del mondo adesso se lo staranno studiando”.
He Jianqui ha inoltre paragonato la sua “chirurgia genetica” alla fecondazione in vitro della prima ora: inizialmente fu accolta con molto scetticismo, poi nel 2010 fu premiata con il premio Nobel per la medicina. “C’è chi dice che tra trent’anni sarà considerato normale che gli embrioni vengano controllati per un certo numero di patologie. Le previsioni sul futuro sono fatte per essere smentite poi dai fatti. Penso invece che questo primo passo nel mondo scivoloso, controverso, ma anche promettente dell’editing genomico non sia stato all’altezza delle aspettative (è stato anche considerato un passo falso, incerto); ma ciò non deve spingere a chiudere direttamente la porta e interrompere il viaggio. Credo sia necessario un ripensamento generale e magari una pausa di riflessione per cercare di reimpostare un po’ di regole di base”.
Uno dei capostipiti della bioteconologia Crispr, Feng Zhang, ricercatore del Broad Institute di Boston (Mit e Harvard), ha lanciato un appello per una moratoria nei confronti dell’utilizzo di tecniche di editing per creare bambini geneticamente modificati. “Vedremo come si schiererà la gran parte dei ricorcatori rispetto a quest’appello di Feng Zhang. Abbiamo già tantissime posizioni bioetiche e documenti firmati da tantissime istituzioni e organismi internazionali. Non mancano le prese di posizione, non siamo nel Far West, in molti Paesi questi esperimenti sono già banditi, ma credo si dovrebbe arrivare a stabilire una lista di criteri chiari e precisi: che lista di malattie riteniamo abbastanza seria da giustificare un simile intervento? Una road map per indirizzare chi vuole seguirla. Non è chiaro al momento se in Cina siano state violate delle regole o no, restiamo in attesa”.
Infine quello presentato dal ricercatore cinese, può considerarsi un esperimento non solo biotecnologico, ma anche sociale e politico: “dobbiamo trovare nuovi modi per governare questa innovazione. Le grandi dichiarazioni e normative rischiano spesso di restare lettera morta. Ma ci sono già diverse proposte in campo: su Nature è stata proposta da alcuni studiosi la formazione di un osservatorio globale sull’editing del genoma umano, che dovrebbe un po’ ricalcare l’esempio dell’Ipcc (International Panel on Climate Change). Ovviamente un’idea del genere è facile da dire e difficile da fare”.
Da Il Bo Live, magazine dell’Università di Padova