Elisir di lunga vita
Come le balene artiche nella loro storia evolutiva sono riuscite a “vincere” le malattie per vivere fino a 200 anni
La balena artica (Balaena mysticetus), è considerata il mammifero più longevo esistente, in quanto la sua vita media è di gran lunga maggiore di quella degli esseri umani. È notevole pensare che una specie a sangue caldo come questa possa vivere più di 200 anni, presentando al tempo stesso un’incidenza molto bassa delle malattie. Come negli esseri umani, l’evoluzione della longevità in questi organismi è stata accompagnata da una bassa fecondità e da uno sviluppo sessuale tardivo. I meccanismi cellulari, molecolari e genetici alla base longevità e resistenza alle malattie sono sconosciute, ma è chiaro che, al fine di vivere così a lungo, questi animali devono possedere meccanismi di prevenzione contro cancro, immunosenescenza, malattie neurodegenerative, cardiovascolari e metaboliche. Nel caso del cancro, in particolare, devono possedere efficaci meccanismi antitumorali poiché data la loro grande dimensione (in casi estremi gli adulti possono pesare fino a 100 tonnellate) e l’eccezionale longevità, le cellule della balena artica devono possedere una probabilità significativamente bassa di trasformazioni neoplastiche, anche paragonata agli esseri umani.
Un team di ricercatori internazionale ha pubblicato, su Cell Reports, uno studio che ha identificato i geni sottoposti a selezione positiva e le mutazioni specifiche in geni legati a cancro ed invecchiamento in questa specie. Nel dettaglio sono state svolte analisi molecolari per individuare le mutazioni che coinvolgono i geni associati con la riparazione del DNA, la regolazione del ciclo cellulare, il cancro e l’invecchiamento. I risultati ottenuti a partire da campioni di tessuto del cervelletto, del rene, dei muscoli, del cuore, della retina, del fegato e dei testicoli di sette adulti di balene artiche della Groenlandia e dell’Alaska, hanno permesso di espandere le conoscenze sull’evoluzione e la longevità dei mammiferi e suggeriscono quali sono i possibili giocatori coinvolti in cambiamenti genetici che favoriscono la resistenza al cancro. Sono stati anche identificati cambiamenti nei geni potenzialmente rilevanti altri processi, compresi quello di termoregolazione, di percezione sensoriale, per adattamenti alimentari e nella risposta immunitaria.
Un’ulteriore analisi a livello di aminoacidi, che ha visto il confronto con diverse altre specie di mammiferi, ha rivelato la presenza di diverse proteine associabili a meccanismi di difesa contro l’invecchiamento e il cancro, tra cui ERCC1, che fa parte dei processi di riparazione per excisione dei nucleotidi e la cui rottura porta a una riduzione della vita e a un’accelerazione dell’invecchiamento nei mammiferi. Altre proteine rivelatesi importanti sono le istone deacetilasi HDAC1 e HDAC2, che svolgono un ruolo importante nella regolamentazione della struttura della cromatina e nella trascrizione e sono stati associati con la longevità in Drosophila. Alla luce di questi presupposti, le proteine nominate rivestono il ruolo di ottimi candidati responsabili dei cambiamenti genetici adattivi che conferiscono resistenza alle malattie nella balena artica.
Oltre ai geni legati alla longevità, sono stati rilevati geni potenzialmente legati all’evoluzione di diversi tratti di cetacei, tra cui adattamenti che interessano il sistema immunitario, l’omeostasi del sangue, del sistema digestivo e della dentatura. In questo caso l’analisi del set completo dei geni delle proteasi (enzimi in grado di catalizzare la rottura del legame tra il gruppo amminico e il gruppo carbossilico delle proteine) ha evidenziato come la perdita di geni, ricorsa più volte nella storia evolutiva delle balene, abbia probabilmente contribuito all’insorgenza di mutazioni favorevoli alle attuali condizioni di longevità di questo animale. Questi risultati suggeriscono scenari specifici per il ruolo della proteolisi nell’evoluzione dei misticeti. In particolare, dato il rapporto tra immunità e l’invecchiamento, alcuni di questi risultati potrebbero aprire nuovi approcci per lo studio di questi straordinari cetacei.
Riferimento bibliografico:
Keane M. et al. Insights into the evolution of longevity from the bowhead whale genome. Cell Reports 10, 112-122.
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Source: http://ria.ru/earth/20140219/995484804.html, via Wikimedia Commons; Author: Olga Shpak